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Ospedalizzazione del cane e del gatto: il punto di vista della medicina comportamentale

  • Disciplina: Comportamento
  • Specie: Cane e Gatto

Il Dizionario della Lingua Italiana definisce Ospedalizzazione o Spedalizzazione sia il ricoverare in ospedale che l’ospedalismo (Sindrome individuata da R. Spitz presente nei bambini ricoverati in brefotrofio e caratterizzata da ritardo di sviluppo e disturbi dell’affettività/ insieme dei disturbi psicologici o delle malattie che possono insorgere durante un lungo ricovero in ospedale). Il termine Ricovero significa trasferimento in un luogo di cura e assistenza dove si può trovare rifugio, salvezza e protezione. L’Ospedalizzazione rappresenta un punto critico all’interno del processo di guarigione del paziente. Per realizzare le terapie previste dalla patologia in atto ed effettuare un prelievo di sangue o altro materiale organico, è necessario che il cane ed il gatto siano facilmente manipolabili per tutta la durata del ricovero. La Medicina del Comportamento, prendendo in considerazione le caratteristiche etologiche della specie in esame a partire dal momento dell’arrivo del paziente in sala d’attesa, favorisce non solo il benessere del corpo ma anche il benessere della psiche del cane e del gatto.

IL DOLORE, UN'ESPERIENZA EMOZIONALE
Dolore e sofferenza sono stati mentali sgradevoli, spiacevoli  e avversivi. L’International Association For the Study Of  Pain (IASP) definisce il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole, associata ad un attuale o potenziale danno tissutale, o descritta in termini di tale danno; l’incapacità di esprimere tale stato da parte di un paziente non nega l’esistenza dello stato stesso, ne deve precludere la possibilità di un adeguato intervento analgesico”. Il Dizionario di Psicologia definisce sia il dolore fisico che il dolore psichico. Dal punto di vista fisiologico il dolore origina dall’eccessiva stimolazione dei diversi recettori situati sia sulla superficie esterna sia a livello dei tessuti interni dell’organismo e da qui trasmessa per via nervosa ai centri superiori della corteccia cerebrale. Analogamente al dolore fisico il dolore psichico provoca un restringimento del campo di coscienza su temi penosi e depressivi. Per Freud il dolore psichico, in termini di vissuto soggettivo, è del tutto paragonabile al dolore corporeo. Il modo in cui l’esperienza dolorosa è vissuta risulta differente in ogni persona perché strettamente dipendente dalle precedenti esperienze dolorose attraverso le quali l’individuo si è creato una rappresentazione mentale e un vissuto emotivo del dolore. Nella riflessione sul dolore di Wittgenstein (1967) sostiene che l’uomo contiene e confina il dolore attraverso il linguaggio. Esprimendolo collochiamo l’evento doloroso in un luogo e gli assegniamo un significato.

Le emozioni, come indicatori dello stato interno dell’animale e della dimensione favorevole o sfavorevole di una situazione, fanno parte integrante del cognitivo. È sufficiente per persuadersene ricordare come le affezioni frontali della corteccia perturbano l’organizzazione prospettica dei comportamenti e, inversamente, come le patologie emozionali sono suscettibili di rimettere in causa le nostre rappresentazioni del mondo. Ogni esperienza vissuta dal cane e dal gatto è marcata da una emozione che mette il corpo nelle migliori condizioni per affrontarla. Esiste un legame tra rappresentazione ed emozione: l’una può evocare l’altra e viceversa. Inoltre, esiste un ricordo della paura: l’incancellabilità della paura appresa è un’arma a doppio taglio. È utile che il nostro cervello conservi le registrazioni degli stimoli e delle situazioni associate in passato con un pericolo. Questi potenti ricordi formatisi in circostanze tipicamente traumatiche possono farsi strada nella vita quotidiana ed interferire con situazioni che possono travolgere le normali funzioni mentali. Si mette in atto un apprendimento S – S, meccanismo di bio feed back negativo.

Da tutto ciò si evince che la malattia (malessere, dolore) pone il cane ed il gatto in condizione di  difficoltà marcata da una ipo – o ipereattività emozionale. Inoltre, la presenza di patologie del comportamento già in atto al momento del ricovero contribuisce alla degradazione della  stato emozionale del paziente.

IL DISTRESS INFICIA LA GUARIGIONE FISICA
Con il termine stress si intende uno stato di alterata omeostasi, che può essere provocata da fattori di natura fisica o psichica, definiti stressori. L’organismo reagisce mettendo in atto meccanismi che innescano una serie di funzioni fisiologiche, immunitarie e comportamentali al fine di adattarsi alla nuova situazione e ripristinare l’omeostasi iniziale. Si tratta di un meccanismo fisiologico altamente adattativo che consente all’animale di reagire rapidamente nei confronti di un evento che può minacciare la sua sopravvivenza. In questa situazione, l’organismo attiva le risorse per rispondere al cambiamento con un’ottimizzazione dello stato di vigilanza e di reattività e con l’attivazione del sistema immunitario allo scopo di difendersi da possibili agenti patogeni e stressori. La risposta allo stress è la conseguenza della stretta comunicazione tra il Sistema Nervoso Centrale, il Sistema dello Stress ed il Sistema Immunitario. Tale risposta può diventare problematica quando un animale è incapace di controllare la situazione o sottrarsi allo stressore tramite una corretta risposta comportamentale. In questi casi, si evidenziano effetti negativi sulla salute fisica ed emotiva dell’individuo caratterizzati sia da alterazione della funzionalità immunitaria e conseguente maggiore suscettibilità dell’organismo alle patologie, sia da risposte comportamentali inappropriate o anomale che hanno lo scopo di ridurre gli effetti nocivi di una prolungata risposta allo stress.

In numerosi studi è stata sottolineata (Hennessy et al., 1997; Beerda et al, 1999; Marston e Bennett, 2003; Coppola et al., 2006) la presenza di diversi elementi fonte di stress nell’ambiente del canile quali:

  • un alto livello di rumore;
  • la continua esposizione ad elementi nuovi;
  • l’isolamento/ separazione dalle figure di attaccamento;
  • il confinamento prolungato (in spazi ristretti e mancanza di esercizio);
  • la ridotta interazione con cospecifici e persone;
  • l’alterazione della routine giornaliera (nessuno studio ha mai trattato approfonditamente gli effetti dell’alterata routine, ma si suppone sia fonte di stress per l’animale).  

L’ospedalizzazione comporta la presenza di tutti gli elementi citati e, di conseguenza, è possibile identificare questi ultimi come stressori. Inoltre, poiché lo stress può essere indotto anche dal dolore, la malattia contribuisce ad aumentare il di stress del paziente trasformandosi in uno stressore.Da tutto ciò si evince che ospitare animali sani nelle gabbie destinate al ricovero, come se la struttura veterinaria fosse una pensione, costituisce una importante fonte di maltrattamento etologico.

IL PUNTO DI VISTA DELLA MEDICINA DEL COMPORTAMENTO
La Medicina del Comportamento, prendendo in considerazione le caratteristiche etologiche della specie in esame a partire dal momento dell’arrivo del paziente in sala d’attesa, favorisce non solo il benessere del corpo ma anche il benessere della psiche del cane e del gatto. Al momento del ricovero, per aumentare la tolleranza alla manipolazione e la disponibilità del paziente durante tutto il periodo di permanenza nella struttura veterinaria, è possibile agire su alcuni fattori:

  • la permanenza in sala d’attesa;
  • l’accesso alla sala visita;
  • la conduzione della visita clinica;
  • il Medico Veterinario;
  • alcuni elementi che fanno parte della struttura (le stanze, il microclima, le gabbie, il tavolo da visita);
  • il cane ed il gatto (i cuccioli, il paziente aggressivo).

Infatti, favorendo per quanto possibile la percezione di emozioni positive da parte del cane e del gatto, la relazione Medico-Paziente partirà con il piede giusto! È opportuno evidenziare che nel caso in cui il cane/ gatto giungessero in condizioni critiche, le procedure di Medicina d’Urgenza volte alla salvaguardia della vita dell’animale potranno tenere conto delle considerazioni precedenti una volta stabilizzate le condizioni cliniche del paziente.

LA PERMANENZA IN SALA D’ATTESA

La percezione di rumori improvvisi e movimenti bruschi può intimorire sia il cane che il gatto (animale a doppio statuto di preda e predatore). Inoltre, la presenza di altri animali (conspecifici e non) e di esseri umani sconosciuti può concorrere alla dilatazione del campo di aggressione del paziente. I feromoni di allarme deposti da altri animali transitati in sala d’attesa nelle ore precedenti, possono concorrere a modificare lo stato emozionale del cane e del gatto.

Al fine di associare alla visita clinica pre- icovero un “buon ricordo” è opportuno perfezionare la permanenza in sala d’attesa:

  • Detergere più volte al giorno il pavimento con acqua tiepida e sapone neutro, per eliminare i feromoni di allarme;
  • Cercare di limitare l’emissione di rumori, come porte che si chiudono violentemente, e movimenti bruschi del personale (ad esempio correre o gesticolare);
  • Riservare alcuni posti a sedere (segnalandoli con un cartello) ai proprietari di gatti, in modo da evitare la presenza in quella zona di feromoni appartenenti a specie diverse;
  • Lasciare a disposizione strutture (ad esempio sgabelli) dove appoggiare il trasportino;
  • È consigliabile, quando possibile, destinare una stanza (anche all’interno della Clinica) riservata all’attesa dei soli proprietari di gatti, dove applicare un diffusore a base di ormoni facciali felini sintetici;
  • È opportuno avvertire il proprietario della possibilità di realizzare una visita previo appuntamento per il gatto/ cane in modo da limitare il più possibile la permanenza in sala d’attesa.

LA SALA VISITA
La sala visita deve essere accogliente “dal punto di vista” del cane e del gatto. Le stanze dotate di illuminazione naturale saranno da preferire, così come quelle in cui è possibile lasciare il paziente libero (quando le condizioni cliniche lo permettono) durante il colloquio con i proprietari. Il gatto ed il cane sono “curiosi” ed esplorano con piacere i luoghi sconosciuti. È opportuno ricordare che rumori improvvisi e movimenti bruschi intimoriscono il gatto, animale a doppio statuto di preda e predatore. La superficie del tavolo da visita dovrà essere confortevole, morbida ed antiscivolo. Inoltre, i feromoni di allarme deposti da altri animali durante le precedenti visite, possono modificare lo stato emozionale del paziente inducendo un comportamento di evitamento e di fuga.

Al fine di accogliere il paziente in modo corretto è opportuno perfezionare l’ingresso in sala visita.

  • Detergere il tavolo con acqua tiepida e sapone neutro, al fine di eliminare i feromoni di allarme;
  • È possibile applicare detergenti e disinfettanti dopo aver lavato il tavolo ma è necessario pulirlo nuovamente con acqua e sapone neutro poco prima di accogliere il paziente (altrimenti la composizione chimica dei feromoni potrebbe modificarsi);
  • Vaporizzare un vaporizzatore di analoghi sintetici dei feromoni facciali felini o di feromone appagante maternocanino sul tavolo (2 – 3 nebulizzazioni);
  • Attendere qualche minuto e deporre il trasportino sul tavolo;
  • È necessario lasciare al gatto il tempo necessario per osservare l’ambiente, senza forzarlo ad uscire;
  • È consigliabile consentire al cane ed al gatto di esplorare la stanza (dopo aver occluso eventuali passaggi ciechi che potrebbero servire da nascondiglio) prima di iniziare la visita clinica;
  • È opportuno lasciare a disposizione del paziente un dispenser (o fontanella) con acqua fresca.

LA VISITA CLINICA
L’Esame Obiettivo Particolare impone al Medico Veterinario l’esecuzione delle manovre cliniche secondo un ordine ben preciso: ispezione, palpazione, percussione, auscultazione e misurazione della temperatura.

È bene ricordare che la misurazione della temperatura è indubbiamente la manovra “più fastidiosa”. Per ridurre il più possibile il disagio del cane/ gatto durante la visita, è opportuno iniziare con ispezione e auscultazione, proseguendo con la misurazione della temperatura e concludendo con la palpazione. Così facendo è possibile terminare l’incontro lasciando un ricordo “positivo”. Realizzare manipolazioni forzate effettuando un “rodeo” con il cane ed il gatto induce una situazione emozionale negativa che si ripercuoterà per tutta la durata del ricovero. Inoltre, svolgere gli esami strumentali sul paziente in presenza di una sintomatologia dolorifica peggiorerà la situazione.

Conoscere la comunicazione del paziente è fondamentale per condurre una corretta visita clinica. La dilatazione delle pupille, i tremori, l’essudazione dei cuscinetti plantari, il leccamento del naso, la polipnea, lo sbadiglio, le minzioni/ defecazioni emozionali sono segnali di stress che indicano al Clinico il termine della “disponibilità” del paziente.

Al fine di manipolare il paziente in modo corretto è opportuno perfezionare la visita clinica.

  • La manipolazione dovrebbe iniziare quando il paziente ha terminato l’esplorazione della sala visita (il cane si siede vicino al proprietario, il gatto si accoccola vicino al trasportino - lasciato aperto, sul pavimento - o, più frequentemente, sulla scrivania);
  • Prima di iniziare la manipolazione è necessario attendere che il cane/ gatto prenda l’iniziativa del contatto, poiché il paziente deve osservare ed esplorare il Clinico prima di accettare il contatto fisico;
  • È opportuno lavare mani ed avambracci con acqua e sapone neutro poco prima di iniziare la manipolazione del paziente per rimuovere i feromoni di allarme;
  • È consigliabile utilizzare un camice pulito dopo aver visitato un paziente (gatto o cane) particolarmente timoroso poiché sul tessuto potrebbero essere rimasti feromoni di allarme;
  • La manipolazione deve essere dolce, realizzata con movimenti brevi (limitati alla testa ed al collo) e, soprattutto nel gatto, ripetuta (quasi ritmicamente, come un massaggio);
  • Durante la visita è bene premiare il cane con uno snack appetitoso (quando le condizioni cliniche del paziente lo consentono) o con una ricompensa verbale (“Bravo!”) soprattutto prima, durante e dopo una manipolazione dolorosa;
  • È necessario evitare di sollevare il gatto afferrandolo alla collottola! Questa manualità può essere utilizzata per effettuare un test di valutazione comportamentale fino ai 7 mesi di età del piccolo;
  • È bene ricordare che, una volta iniziato, il contatto fisico deve essere mantenuto fine al termine della visita poiché il campo di aggressione del gatto potrebbe dilatarsi impedendo la successiva manipolazione;
  • In occasione dell’emissione dei segnali di stress (ansimare, biascicare, sbadigliare e così via) da parte del paziente è opportuno sospendere la manualità in atto passando ad esempio alla palpazione di una zona più lontana;
  • Al termine della visita il paziente sarà invitato ad entrare nel trasportino ricompensandolo con uno snack appetitoso (quando le condizioni cliniche del paziente lo consentono) o con una ricompensa verbale (“Bravo!”);
  • È consigliabile chiudere il trasportino solo pochi secondi prima di accompagnare il proprietario all’uscita in modo che il gatto non si agiti vocalizzando e cercando di accedere all’ambiente esterno;
  • Ogni manualità dovrebbe essere preceduta da un avviso verbale “Ora ti …”.

IL MEDICO VETERINARIO
Il personale (il Medico Veterinario e gli Infermieri con cui collabora) che si occupa dei pazienti ricoverati, secondo l’Autore, dovrebbe essere formato/ specializzato nello specifico settore dell’Ospedalizzazione poiché la routine clinica è profondamente differente dalla pratica del ricovero. È fondamentale ricordare che la nostra professione rientra in quelle definite di Aiuto: il Medico Veterinario instaura con il cliente ed il paziente una relazione basata sull’alleanza, la comprensione ed il sostegno. Il lavoro emozionale è molto faticoso in quanto comporta il farsi carico della sofferenza. Poiché il ricovero è il luogo in cui il dolore più si manifesta, è necessario prestare attenzione alla sindrome da burnout (l'esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano helping profession poiché devono sopportare il proprio stress e quello della persona aiutata).

Il personale dovrebbe essere formato anche in Medicina del Comportamento al fine di:

  • utilizzare correttamente il paraverbale (la postura, la prossemica, la cinetica), il coverbale (il tono ed il volume della voce, il ritmo), il verbale (le parole) nell’interazione con il cane ed il gatto;
  • conoscere i fabbisogni fisiologici ed etologici della specie ospedalizzata (l’arricchimento ambientale).

Inoltre, è necessario ben gestire anche ritorno a casa, per evitare l’instaurarsi di un conflitto nel caso in cui il cane o il gatto convivano  con altri cospecifici. Le nozioni di Medicina del Comportamento permetteranno non solo di conoscere in modo più approfondito il paziente ma contribuiranno anche a creare una relazione tra l’Animale ed il Personale.

IL PARAVERBALE, IL COVERBALE E IL VERBALE
Gli elementi che possono contribuire a modificare lo stato emozionale del cane/gatto, sono la postura, la prossemica, la cinetica, la gestualità ed il tono/ ritmo della voce. Assumere una posizione frontale rispetto all’animale (soprattutto per quanto riguarda il cane), muoversi con rapidità, gesticolare e parlare ad alta voce intimidiscono il paziente favorendo la dilatazione del campo di aggressione.

È necessario assumere una postura neutra (Fig. 1) (evitando che il nostro corpo si collochi frontalmente al paziente) e dirigere lo sguardo lontano dal viso del cane e del gatto. Per far uscire il cane o il gatto dalla gabbia è opportuno avvicinarsi compiendo una traiettoria curvilinea (non rettilinea) ed arrestarsi vicino alla struttura di ricovero posizionandosi lateralmente ad essa (le nostre spalle devono essere perpendicolari alla gabbia). Nel caso in cui il paziente fosse un cane, il Medico dovrà assumere una postura bassa abbassandosi piegando le ginocchia. Inoltre, è necessario muoversi lentamente cercando di gesticolare il meno possibile ed assumere un tono di voce basso, parlando con ritmo cantilenante e continuo in modo da tranquillizzare il paziente.

Anche la mimica facciale entra a far parte della comunicazione: un sopracciglio sollevato trasmette un messaggio di irritazione!  Nella maggior parte dei casi, una volta aperta la gabbia, il cane uscirà spontaneamente. Altrimenti è possibile mostrargli il guinzaglio ed in questo caso è consigliabile coinvolgere il cane in una breve passeggiata (quando le condizioni cliniche del paziente lo consentono) in modo che l’uscita sia associata ad un evento positivo. Per applicare il collare e la pettorina, è necessario chinarsi lateralmente al cane per evitare di sovrastarlo (ad esempio piegando il busto sopra la testa o il dorso dell’animale). Nel caso in cui il paziente fosse recalcitrante, è possibile collocare all’esterno della gabbia la ciotola con il cibo ed attendere l’uscita dell’animale.

Per quanto riguarda il gatto è opportuno iniziare l’interazione dapprima con un contatto visivo e verbale attendendo che il paziente comunichi la propria disponibilità. Una volta aperta la gabbia, è necessario continuare tale l’interazione fino a quando il gatto non si avvicinerà alla soglia della struttura iniziando a sfregare le guance sulle sbarre.

I FABBISOGNI FISIOLOGICI ED ETOLOGICI DEL CANE E DEL GATTO
La consapevolezza di appartenere a specie diverse comporta la conoscenza delle necessità del cane e del gatto. Il cibo, l’acqua ed un riparo sono considerati fabbisogni fisiologici primari per tutti gli esseri viventi. Il cane ed il gatto possiedono anche fabbisogni di sicurezza e comportamentali poiché sono soggetti dotati di una mente, con attitudini ed emozioni capaci di costruire la propria esperienza nel mondo.

Il cane ed il gatto suddividono l’ambiente in cui vivono in zone in cui svolgono differenti attività: zona di alimentazione, di riposo, di eliminazione, di gioco e così via. Inoltre, il gatto depone feromoni facciali di tipo F3 sfregando le guance sugli oggetti posti lungo che i tragitti (sentieri) che collegano tra loro i differenti campi territoriali ed F4 sugli esseri viventi (animali o esseri umani) con cui convive.

Il cane è un animale sociale e tale carattere spicca su tutti gli altri al punto tale che da sempre l’uomo, quando ha voluto tratteggiare la fedeltà e l’immedesimazione nel gruppo, ha utilizzato il codice lupo – cane. Essere portato alle relazioni di gruppo significa molto di più della semplice affermazione che il cane ama stare in compagnia. La socialità del cane è la sua dimensione di vita: essere un animale sociale e socio – riferito significa prima di tutto costruire dei rapporti molto stretti e delle assonanze, vale a dire che il cane cerca continuamente delle concertazioni e lì definisce il proprio posizionamento. La socio - referenza del cane lo porta ad interessarsi al gruppo: il cane è interessato a tutto ciò che facciamo, non ci perde d’occhio, capta ogni variazione del nostro umore o nel nostro stile di vita, conosce le nostre abitudini ed i nostri gesti.

Le osservazioni effettuate negli ultimi anni in relazione al comportamento del gatto hanno messo in evidenza che l’immagine di un animale solitario non corrisponde alla realtà. La convivenza con gli esseri umani spinge il gatto a creare una o più relazioni sociali con i componenti della famiglia, anche se la relazione preferenziale (che comporta ad esempio la condivisione del luogo di riposo) spesso è diretta nei confronti di un solo individuo.

La relazione Cane/ Gatto – Proprietario è composta da numerosi fattori chiamati dimensioni di relazione. Il cane predilige la dimensione sociale e collaborativa che si realizzano soprattutto durante le passeggiate nell’ambiente esterno attraverso l’incontro con esseri umani, altri cani e l’esecuzione di esercizi che fanno parte della quotidianità (arrestare la marcia al termine del marciapiede, tornare al richiamo e così via). Il gatto predilige la dimensione collaborativa e ludica - cognitiva che si realizzano, nella maggior parte delle situazioni, nell’ambiente domestico poiché le passeggiate gli sono precluse.

La gabbia in occasione del ricovero dovrebbe essere considerata come la residenza del

paziente, un luogo in cui sentirsi al sicuro (Fig. 2). Il personale della Clinica, inoltre, dovrebbe svolgere non solo il ruolo di terapeuta ma anche quello di sostituto del proprietario in modo da sopperire alla temporanea assenza del contatto sociale. Per rendere confortevole la gabbia, è opportuno inserire un comodo giaciglio (il proprietario può portare quello abitualmente utilizzato dall’animale) quando le condizioni cliniche del paziente lo permettono. Oppure è possibile ovviare con traversine o piani orizzontali in plastica traforata nel caso in cui l’animale non fosse in grado di trattenere le deiezioni.

Per quanto riguarda il gatto, animale a doppio statuto preda – predatore, è fondamentale posizionare nella gabbia una struttura che possa fungere da rifugio come ad esempio il trasportino (senza lo sportellino). La maggior parte dei gatti, infatti, ha bisogno di sottrarsi allo sguardo degli altri animali e del personale per riposare con tranquillità. L’utilizzo del trasportino consente all’animale di usufruire di un luogo di riposo protetto e al personale di osservarlo attraverso l’apertura anteriore sprovvista dello sportellino. In assenza di una corretta zona per riposare il gatto potrà scegliere di rifugiarsi all’interno della cassetta igienica mantenendo uno stato di ipervigilanza che potrebbe essere alla base di una dilatazione del campo di aggressione. L’applicazione di un piano orizzontale (predisposto per la maggior parte delle gabbie in acciaio inox) consente, nel caso in cui le condizioni cliniche del gatto lo consentano, di ottenere uno spazio tridimensionale così da permettere una migliore suddivisione delle zone (l’area di alimentazione può essere posta in alto).

Inoltre, il gatto necessita della cassetta igienica (completa di lettiera) per eliminare le deieizioni. In assenza di questa struttura, al rientro a casa è possibile che l’animale elimini in luoghi inappropriati poiché ha sviluppato una preferenza per un substrato differente dalla lettiera. Quando le condizioni cliniche del paziente lo consentono, è possibile inserire nella gabbia un gioco (il proprietario può portare quello abitualmente utilizzato dal cane e dal gatto).

La passeggiata riveste per il cane e per il gatto un ruolo fondamentale durante il periodo del ricovero poiché permette all’animale di “distrarsi” e di ripristinare una routine conosciuta. Quando le condizioni cliniche del paziente lo consentono è possibile condurre il cane nell’ambiente esterno con l’aiuto del personale della clinica o del proprietario. È opportuno evitare, durante il tragitto, il passaggio davanti alle gabbie che ospitano cospecifici in modo da limitare gli abbai ed i comportamenti di aggressione. L’Autore consiglia di utilizzare, quando possibile, la pettorina al posto del collare poiché questo strumento consente una migliore contenzione del cane durante la passeggiata e permette all’animale di esplorare l’ambiente esterno senza essere strattonato a livello del collo. Anche il gatto ha la necessità di compiere brevi uscite nell’ambiente della clinica.

ALCUNI ELEMENTI STRUTTURALI
L’Autore non ha trovato alcun riscontro nella letteratura scientifica attualmente disponibile in relazione alla dimensione ed al numero delle stanze con cui allestire un ricovero. Per questo, le soluzioni realizzate nelle strutture veterinarie sono le più disparate! Le stanze destinate all’ospedalizzazione dovrebbero essere separate in base alla specie ospitata, adeguatamente pulite (la letteratura offre numerose indicazioni a riguardo) e dotate di un diffusore di feromoni di sintesi. Là dove non fosse possibile effettuare la separazione delle specie è necessario posizionare i cani nella parte bassa della parete a gabbie mentre i gatti in quella più alta. Una buona soluzione, a opinione dell’Autore, è quella ottenuta con l’ausilio di quattro stanze destinate al ricovero: una per i cani, una per i gatti, una riservata ai pazienti infettivi ed una utilizzata per svolgere le visite e le terapie agli animali ricoverati.

Il microclima è definito “l’insieme dei componenti (per esempio temperatura, umidità, velocità dell’aria) che regolano le condizioni climatiche di un ambiente chiuso o semichiuso come un ambiente di lavoro”. Il Manuale di Tecniche Infermieristiche prende in considerazione la temperatura, l’aerazione, l’illuminazione ed il rumore trattando questi argomenti dal punto di vista dell’essere umano. L’Autore non ha trovato alcun riscontro nella letteratura scientifica attualmente disponibile in relazione all’impatto del microclima sulle condizioni psicofisiche del paziente ricoverato. La musicoterapia è, invece, citata come apportatrice di benessere ed il dato sembra essere scientificamente dimostrato per quanto riguarda il cane ed il gatto. Nella maggior parte delle strutture visitate dall’Autore la temperatura delle stanze destinate al ricovero è uguale a quella presente nelle altre stanze, l’aerazione è spesso ottenuta con l’ausilio di condizionatori o con l’apertura delle finestre (che favorisce l’ingresso di insetti), l’impianto di aspirazione è assente (l’odore presente nella stanza è spesso importante e fastidioso per il paziente, il proprietario in visita e lo staff), l’illuminazione (soprattutto artificiale) è presente sia durante il giorno che la notte ed il rumore è imponente (pianti ed urla dei pazienti ricoverati, grida e risate dello staff, rumore metallico provocato dalla chiusura delle gabbie e dagli attrezzi appoggiati sul tavolo da visita posto nella stanza).

Per quanto riguarda la scelta delle gabbie (posizione, dimensioni, materiali) l’Autore non ha trovato alcun riscontro nella letteratura scientifica attualmente disponibile. Dal punto di vista della Medicina del Comportamento è opportuno che le pareti a gabbie non si fronteggino l’un l’altra in modo che gli animali non possano vedersi e mettere in atto un comportamento di aggressione. Inoltre, per quanto riguarda il cane, i box devono essere collocati in modo che i pazienti condotti in passeggiata non debbano passare davanti alle gabbie in modo da evitare la messa in atto di un comportamento di aggressione da ambo le parti. Le pareti a gabbie, inoltre, per favorire un miglior controllo visivo dello staff dovrebbero essere posizionate in modo strategico rispetto alla porta d’ingresso della stanza destinata al ricovero. Per numerosi modelli è disponibile un piano orizzontale supplementare che, una volta posizionato, permette al gatto di suddividere i campi territoriali favorendo il soddisfacimento di alcune caratteristiche etologiche di questa specie. È necessario asportare i feromoni di allarme depositati sul fondo e sulle pareti della gabbia prima di introdurvi il paziente ed applicare i feromoni di sintesi di appagamento. È opportuno applicare nuovamente tali sostanze ogni due ore circa a gabbia vuota: a causa della presenza di un solvente a base alcolica è bene attendere qualche minuto prima di posizionare nuovamente il cane o il gatto. Nel cane, là dove le condizioni cliniche lo consentono, è possibile applicare un collare con feromoni di sintesi che permette una lunga durata (quattro settimane) dell’effetto appagante.

La gabbia deve essere considerata dal paziente un luogo sicuro: le manipolazioni e le terapie (al di fuori della perfusione endovenosa) dovrebbero essere effettuate al di fuori di questo spazio altrimenti l’animale si sentirà costantemente minacciato, privato di qualsiasi rifugio ed amplierà il proprio campo di aggressione. Per favorire la collaborazione a lungo termine del paziente, sono da preferire le terapie per via endovenosa o per os rispetto a quelle intramuscolari o sottocutanee (spesso più dolorose) così come il vestitino al collare elisabettiano. È opportuno realizzare le manipolazioni e le terapie ad orari specifici in modo che l’animale possa comprendere con facilità quando avverranno: la prevedibilità della giornata ha un importante effetto ansiolitico. Il Medico Veterinario ed il personale infermieristico comunicheranno ai pazienti ciò che sta per accadere. È consigliabile entrare nella stanza e salutare (verbale) tutti i pazienti ricoverati. In seguito, mantenendo il contatto verbale, è possibile aprire la prima gabbia ed avvisare l’animale in relazione a ciò che sta per avvenire (“Ora ti …”). Quindi, è necessario attendere l’emissione di un segnale da parte del cane e del gatto che indichi la disponibilità al contatto. È opportuno somministrare un premio in cibo al termine della visita clinica e della terapia e non durante l’esecuzione di manipolazioni o di indagini cliniche poiché l’animale potrebbe associare il cibo alla percezione dolorosa e rifiutare la razione alimentare normalmente somministrata.

La superficie del tavolo da visita dovrà essere confortevole, morbida ed antiscivolo. Inoltre, i feromoni di allarme deposti da altri animali durante le precedenti visite, possono modificare lo stato emozionale del paziente inducendo un comportamento di evitamento e di fuga. Per questo è necessario detergere con acqua tiepida e sapone neutro e, dopo aver asciugato la superficie, applicare due o tre spruzzate di vaporizzatore a base di feromoni di sintesi. Quindi attendere qualche minuto e posizionare il paziente sul tavolo.


I CUCCIOLI E I GATTINI
L’ospedalizzazione di cuccioli e gattini (spesso isolati nel reparto infettivi) deve essere seguita con attenzione poiché, spesso, i pazienti non hanno ancora portato a termine tutte le fasi dello sviluppo comportamentale. Inoltre, l’assenza del proprietario o di una figura di riferimento, favorisce la degradazione dello stato emozionale del paziente poiché in caso di paura il piccolo non potrà appagare il proprio disagio. L’isolamento sociale (contatto sporadico con esseri umani) e l’assenza di un contatto quotidiano con cospecifici e stimoli esterni favorirà l’insorgenza di fobie che potranno manifestarsi con comportamento di evitamento, di fuga o di aggressione.

È opportuno:

  • aumentare la frequenza e la durata delle interazioni con il Medico Veterinario ed il personale della clinica;
  • aumentare la frequenza e la durata delle visite della famiglia di adozione;
  • permettere ai piccoli di effettuare numerose passeggiate all’interno della stanza destinata al ricovero posizionando oggetti destinati al gioco (palline, peluche, scatole di cartone e così via);
  • quando le condizioni cliniche del paziente lo consentono, è necessario favorire la socializzazione con individui della propria specie sia cuccioli che adulti.

IL PAZIENTE AGGRESSIVO
L’ospedalizzazione di un paziente aggressivo pone numerose problematiche all’interno della struttura di ricovero: spesso le manualità necessarie alla messa in atto delle terapie risultano complesse e gli esami strumentali difficili da realizzare. Tutto ciò ostacola la guarigione, sia del paziente stesso che dei vicini di gabbia a causa dei vocalizzi realizzati durante le visite e della continua emissione di feromoni di allarme. Nel cane esistono importanti differenze comportamentali tra le diverse razze poiché l’uomo ha modificato le attitudini e le motivazioni di questo animale in base al lavoro che doveva compiere o alle caratteristiche estetiche richieste da alcune competizioni. Per questo, alcuni soggetti appartenenti a specifiche razze possono essere caratterizzati da un basso profilo sociale (socializzazione, socievolezza) e mostrarsi diffidenti nei confronti degli esseri umani sconosciuti. Qualsiasi Medico preferisce avere a che fare con un Labrador Retriever piuttosto che con un Pastore Maremmano – Abruzzese!

La presenza di patologie del comportamento, preesistenti al ricovero, caratterizzate da una sintomatologia legata alla deficitaria socializzazione con l’essere umano (Sindrome da privazione Sensoriale, Dissocializzazione Secondaria) o al deficit degli autocontrolli (Sindrome Ipersensibilità – Iperattività) potrebbe essere alla base della messa in atto di un comportamento di aggressione. È opportuno ricordare che anche l’esistenza di una sintomatologia dolorifica può causare l’emissione di un comportamento di aggressione per irritazione. Il ricordo di un evento negativo collegato al Medico, al tavolo da visita o alla gabbia (indotto ad esempio dalla manipolazione forzata e dolorosa avvenuta in una precedente visita clinica o in un ricovero), può scatenare un comportamento di aggressione .

I mezzi di costrizione (asciugamano, museruola, collare elisabettiano, gabbia di contenzione e così via) non rappresentano una soluzione a lungo termine poiché, modificando rapidamente lo stato emozionale del paziente e lasciando il ricordo di un’esperienza negativa, ostacoleranno ancor più le successive manipolazioni.

In questo caso è opportuno avvalersi di una contenzione chimica, di una terapia farmacologica o dall’ausilio del proprietario. Infatti, là dove la relazione Cane/ Gatto – Proprietario si basa sulla fiducia, è possibile coinvolgere la persona come supporto tecnico in occasione di somministrazione di farmaci per os, medicazioni o passeggiate. Frequentemente il Medico Veterinario è portato ad utilizzare Neurolettici o arilcicloexilamine allo scopo di “tranquillizzare” il paziente. È opportuno ricordare che alcuni Neurolettici sedativi sono caratterizzati da un effetto dose – dipendente: a bassa dose, ad esempio, l’acepromazina è in grado di rilanciare i comportamenti grazie ad un effetto antideficitario. Queste molecole si legano ai recettori dopaminergici D2, pre sinaptici, e D3, post sinaptici, con un’azione antagonista (il recettore è bloccato). L’affinità maggiore è per i recettori D2: i neurolettici, inizialmente e se a basso dosaggio, andranno a legarsi agli autocettori pre-sinaptici e, bloccandoli, inibiranno il processo di retrocontrollo negativo aumentando di conseguenza la liberazione della dopamina. Quando il dosaggio dei neurolettici aumenta, sono saturati i recettori D2 e le molecole iniziano ad interagire con i recettori D3 post sinaptici, bloccando l’azione della dopamina e diminuendo la trasmissione. È l’azione anti-produttiva del neurolettico. L’effetto-paradosso è quindi un effetto anti-deficitario legato al dosaggio.

Le arilcicloexilamine stimolano il sistema limbico e la sostanza reticolata mentre deprimono l’attività del talamo e della corteccia. La somministrazione di queste molecole (ketamina, tiletamina) provoca una dissociazione tra la percezione sensoriale e l’integrazione corticale. L’animale sembra incosciente ma gli stimoli esterni (soprattutto i rumori e le variazioni di luminosità) sono percepiti e scatenano intense risposte emozionali. Al risveglio  l’animale può presentare fotofobia e modificazioni comportamentali indotte dalla nascita di uno stato ansioso legato alla presenza di eidolie (allucinazioni di tipo visivo) mentre quando il cane si trova in ambiente ipostimolante è possibile l’apparizione di comportamenti di evitamento o di aggressione in risposta a qualsiasi interazione (P. Pageat).

Per quanto riguarda la terapia farmacologica, è opportuno realizzare una visita comportamentale prima del ricovero. Il Medico Veterinario potrà, quindi, mettere in atto una terapia farmacologica e comportamentale preventiva in modo da migliorare alcuni sintomi comportamentali. Alcuni Autori (C. Mège, E. Beaumont – Graff, C. Béata, C. Diaz, T. Habran, N. Marlois, G. Muller) hanno evidenziato l’utilità della somministrazione di inibitori non selettivi della ricattura della serotonina (clomipramina) durante il ricovero. Al di fuori del suo impiego per le affezioni comportamentali propriamente dette, la clomipramina può essere prescritta nel decorso postoperatorio (chirurgia ortopedica, tumori mammari e così via) con l’intento di aumentare il benessere dell’animale e limitare le conseguenze legate al dolore (agitazione, tentativi di strappare le medicazioni, leccamento). La dose, in caso di utilizzo nel postoperatorio, è 4 mg/Kg nel cane ripartiti in due somministrazioni quotidiane dal primo giorno dell’ospedalizzazione fino all’asportazione dei punti (o dell’apparecchio ortopedico). Nel gatto, invece, la dose è 0,2-0,8 mg/Kg in totale da somministrare in una o due volte al dì. L’Autore, per ridurre la frequenza e l’intensità di emissione del comportamento di aggressione, ritiene possibile avvalersi anche di un ISRS (fluoxetina) alla dose di 2-4 mg/Kg nel cane e 0,5–1 mg/Kg nel gatto in una sola somministrazione al mattino.

Gli effetti secondari riscontrati sono dovuti essenzialmente alla regolazione sinaptica e compaiono all’inizio del trattamento. Nel gatto sono stati riscontrati casi di ritenzione urinaria anche di una certa gravità. In questo caso è consigliato una diminuzione del dosaggio, ed in caso di ulteriore persistenza dell’effetto indesiderato, la sospensione del trattamento.
Secondo l’Autore l’utilizzo di molecole ansiolitiche appartenenti alla famiglia delle benzodiazepine dovrebbe essere opportunamente considerato. Le benzodiazepine non dovrebbero essere utilizzate nel trattamento dell’aggressività perché la loro azione disinibente può condurre ad atteggiamenti ostili o addirittura aggressivi. La disinibizione, talvolta violenta (vedi l’effetto oressizzante, definito rimbalzo o rebound), è particolarmente controindicata nelle situazioni di conflittualità sociale (nell’ambito del gruppo familiare) in quanto può essere responsabile di un comportamento di aggressione improvvisa e brutale, da parte dell’animale (R. Colangeli, S. Giussani). Gatti trattati con il diazepam a scopo di stimolarne l’appetito hanno mostrato un incremento degli episodi di aggressività predatoria probabilmente associati a modificazioni a livello dell’ipotalamo laterale (K. Overall).

CONCLUSIONI
Secondo il Decreto direzione generale sanità N. 5403  DEL 13/04/2005 (Identificativo Atto n. 302) è possibile individuare strutture adibite alla degenza (la Clinica e l’Ospedale) ed al Day hospital. Sia l’Ospedalizzazione che il Day hospital, rappresentano un punto critico all’interno del processo di guarigione del paziente. La Medicina del Comportamento viene in aiuto alla Clinica in modo da perfezionare e snellire le “procedure di ricovero”. Secondo l’Autore è possibile prendere in considerazione per alcune tipologie di paziente (alcuni soggetti intrattabili, gli individui anziani, i malati terminali) e quando le condizioni cliniche lo permettono, il ricovero a domicilio. Il proprietario potrà noleggiare i materiali necessari (come ad esempio la gabbia, la pompa ad infusione) ed il Medico seguirà passo dopo passo il cane o il gatto durante le visite quotidiane.

Il Manuale di Tecniche Infermieristiche riporta gli obblighi morali del Medico Veterinario: verso il cliente, i colleghi e la professione, verso la società in generale e sé stessi. L’Autore ritiene che al primo posto di questa lista debbano essere inseriti, invece, gli obblighi morali verso l’animale poiché questi è il paziente. Il Medico è, quindi, obbligato a rispettarlo ed a impegnarsi al meglio delle proprie capacità per risolvere nel modo più rapido ed efficiente la malattia che affligge il cane ed il gatto.

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  3. S. M. A. Caney, BVSc, PhD, Dipl SAM (Feline), MRCVS, RCVS  Spec in Feline, Emsworth, UK, Cos’è e come impostare  una “cat friendly practice”, Estratti delle relazioni, 55° Congresso di Medina Felina, marzo 2007, pp 14 – 24;
  4. N. H. Dodman, L. Shuster, Farmacologia comportamentale veterinaria, Masson s. p. a., 2000, Milano;
  5. B. Gallicchio, - “Lupi travestiti, le origini biologiche del cane domestico” -, Edizioni Cinque, Biella 2001;
  6. S. Giussani, R. Colangeli,, F. Fassola – “L’uso dei feromoni nella terapia comportamentale del cane. Esperienze cliniche.” – Rivista di zootecnia e veterinaria pp 13 - 34 Volume 30 n° 2 Luglio – Dicembre 2002;
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  9. S. Giussani, R. Colangeli,, F. Fassola – “Approccio clinico all’utilizzo della feromonoterapia nel gatto.” – Rivista di zootecnia e veterinaria pp 35 – 45 Volume 31 n° 1 Gennaio - Giugno 2003;
  10. S. Giussani - “La visita clinica del gatto: 5 consigli per perfezionarla”; Estratti delle relazioni, 56° Congresso Internazione Multisala SCIVAC, Rimini 2007; Pp 255 – 257;
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  12. R. Colangeli & S. Giussani, (2004), “Medicina comportamentale del cane e del gatto”, Poletto Editore, Gaggiano;
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  14. C. Mège, E. Beaumont – Graff, C. Béata, C. Diaz, T. Habran, N. Marlois, G. Muller, Patologia comportamentale del cane, Masson s. p. a ed EV s. r. l.., Milano/ Cremona,  2006 prima edizione;
  15. K. L. Overall, La clinica comportamentale del cane e del gatto, C. G. Edizioni Medico Scientifiche s. r. l., Torino, prima edizione italiana;
  16. P. Pageat – “La patologia comportamentale del cane” – Edizione Le Point Veterinaire Italie Milano 2000;
  17. P. Rueca, M. Tommasini Degna; Tecniche infermieristiche; Manuali pratici di Veterinaria, Poletto Editore, 2007 Milano.
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