Acromegalia nel gatto

Disciplina: Endocrinologia
Specie: Gatto

La causa predominante dell’acromegalia felina è la presenza di un adenoma delle cellule somatotrope dell’adenoipofisi, il quale secerne eccessive quantità di GH. Nell’uomo recenti studi hanno messo in evidenza come in tali adenomi vi sia una sovraespressione di cellule che codificano per il gene ciclyn B2 (ccnb2); tutt’ora tuttavia non è chiarito quale sia il fattore d’avvio di tale meccanismo. Studi su modelli murini hanno riconosciuto il ruolo delle cosiddette proteine nucleari HMGA (high mobility group A) nel promuovere l’attività del gene ccnb2, in corso di tumori ipofisari; nel gatto non vi sono ancora evidenze che il meccanismo eziopatogenetico sia analogo.

La presenza di un adenoma ipofisario sembra essere la principale causa di acromegalia nel gatto. Di recente è stata avanzata un'altra ipotesi, ovvero la possibilità che talvolta, tali soggetti acromegalici siano affetti da un’iperplasia delle cellule somatotrope. Ne potrebbe risultare un processo patologico a se stanteo uno stadio precedente a quello di adenoma.

In medicina umana gli adenomi ipofisari sono riconosciuti come secernenti diversi tipi di ormoni, quali GH, prolattina (PRL), tireotropina (TSH) e/o subunità alfa di ormoni glicoproteici. Un unico caso di doppio adenoma ipofisario è stato descritto in un gatto affetto da ipercortisolismo e diabete mellito, nel quale le metodiche immunoistochimiche hanno messo in evidenza sia un adenoma somatotropo sia uno corticotropo.  

Nonostante i progestinici sembrino indurre la secrezione di somatotropina anche nei tessuti mammari del gatto in questa specie non sono ancora stati riportati casi di ipersomatotropismo causato dalla produzione di GH a livello mammario. La secrezione di GH mammario esplica comunque un effetto locale che coinvolge le IGF-I determinando, quindi, un ingrossamento di una o più ghiandole mammarie. Tale condizione può riscontrarsi in femmine giovani al momento del primo estro, o essere conseguente alla somministrazione di progestinici esogeni.

SINTOMATOLOGIA CLINICA


L’acromegalia è una patologia che in genere colpisce gatti maschi castrati, tra i 6 ed i 15 anni di età ed è il risultato della sovraesposizione dei tessuti non solo al GH, ma anche alle IGF-I.

I segni clinici sono riferibili agli effetti catabolici ed anabolici del GH, a quelli anabolici mediati dalle IGF-I, ed in alcuni casi ai sintomi conseguenti all’espansione del tumore. In particolare, la maggior parte dei sintomi sembra essere legata all’importante effetto di insulino-resistenza dato dal GH. Tale meccanismo sembra determinare iperinsulinemia indotta dalla riduzione del numero di recettori insulinici ed un’insufficiente attività dell’insulino-kinasi. La quasi totalità dei soggetti affetti da tale disendocrinia presenta, infatti, un diabete mellito scarsamente controllato, a causa dell’imponente insulino-resistenza indotta dal GH.

I reperti più frequentemente riferiti dai proprietari sono poliuria, polidipsia, intensa polifagia, aumento di peso, talvolta zoppie, aumento di dimensioni degli arti e tratti facciali più marcati. Inoltre, alla visita clinica si potrà apprezzare un prognatismo inferiore (Fig. 1) e un aumento della distanza degli spazi interdentali. In alcuni soggetti può essere evidenziato un soffio sistolico che, con la progressione della patologia, può esitare nello sviluppo di un’insufficienza cardiaca congestizia.  Un eccesso cronico di GH determina infatti un accumulo del contenuto di collagene nelle fibre del miocardio. Talvolta può essere riferito uno stridore respiratorio che è il risultato dell’aumentato spessore dei tessuti dell’orofaringe ed in particolare del palato molle. La comparsa di sintomi neurologici quali circling, midriasi e riduzione della vista possono essere l’esito dell’aumento di dimensioni dell’adenoma ipofisario.

ESAMI DI LABORATORIO


I reperti di laboratorio tipici sono iperglicemia, glicosuria senza chetonuria ed un aumento delle proteine totali. La persistente iperfosfatemia, non associata ad azotemia, è probabilmente dovuta ad un maggior riassorbimento renale. Spesso può essere riscontrato un quadro di insufficienza renale caratterizzato da azotemia, isostenuria e proteinuria come conseguenza dell’eccesso cronico di GH ed allo scarso controllo del diabete mellito. Si può inoltre notare una moderata eritrocitosi in conseguenza agli effetti anabolici sul midollo osseo del GH e delle IGF-I.

DIAGNOSI


La misurazione del GH felino presenta alcuni limiti, infatti, può essere misurato unicamente tramite dosaggi radioimmunologici eterologhi, ovvero specie-specifici per i cani e le pecore. Inoltre, il riscontro di un valore elevato può essere il risultato di un impulso secretorio isolato in un soggetto non acromegalico, quindi per il dosaggio del GH è utile raccogliere da 3 a 5 campioni ematici a distanza di 10 minuti uno dall’altro.

La valutazione dei livelli sierici di IGF-I risulta fondamentale nella diagnosi di acromegalia. La concentrazione di IGF-I è infatti GH dipendente, e dato il suo legame con le proteine di trasporto, risulta meno soggetta a fluttuazioni. Inoltre, l’IGF-I felino può essere misurato con un saggio per IGF-I umano; per tale motivo molti laboratori eseguono tale determinazione permettendo di ottenere dei risultati con tempistiche ragionevolmente rapide. Per la determinazione delle IGF-I è importante che il campione di siero o plasma venga spedito e arrivi al laboratorio congelato.

Il valore cut-off che solitamente viene considerato indicativo di acromegalia è  >1000 µg/L; tuttavia possono verificarsi dei falsi negativi, in particolare nei gatti affetti da diabete mellito non ancora in terapia insulinica; al contrario sono stati osservati livelli di IGF-I elevati in gatti affetti da diabete mellito insulino-resistente. Nel caso in cui si sospetti l’acromegalia in un soggetto diabetico, le IGF-I non andranno misurate al momento della diagnosi del diabete (per il rischio di falsi negativi) bensì perlomeno dopo un mese di terapia insulinica.

Una volta confermata la diagnosi risulta utile visualizzare l’ipofisi tramite tomografia computerizzata (TC) o risonanza magnetica (MRI). La maggior parte dei gatti presenta, infatti, un tumore ipofisario visibile dopo la somministrazione del mezzo di contrasto sia con TC che con MRI.

E’ tuttavia importante sottolineare che la mancata evidenza della massa ipofisaria non esclude l’acromegalia, ciò infatti può accadere nelle prime fasi della patologia.

TERAPIA


Nell’uomo il trattamento d’elezione è rivolto all’asportazione chirurgica dell’adenoma. L’ipofisectomia transfenoidale nel gatto viene attualmente effettuata presso l’Università di Utrecht. Solamente due sono i casi in cui è stata descritta la metodica di crioipofisectomia, che ha determinato una minor resistenza insulinica ed una riduzione dei livelli di IGF-I plasmatici. Per entrambe le metodiche risultano necessari ulteriori approfondimenti in quanto ad oggi la casistica risulta ridotta.

Il trattamento più frequentemente utilizzato è la radioterapia che con diversi protocolli ha permesso in alcuni casi di migliorare l’insulino-resistenza ed i sintomi neurologici.

La terapia medica in medicina umana prevede l’utilizzo di molecole analoghe della somatostatina, che sono risultate essere piuttosto efficaci nel ridurre i livelli di IGF-I e di GH, oltre che alle dimensioni del tumore in soggetti affetti da acromegalia. In quattro gatti trattati con ocreotide, un analogo della somatostatina, solamente in un soggetto si è ottenuta una riduzione dei livelli di GH plasmatici.

In medicina umana sono recentemente state introdotte formulazioni di analoghi della somatostatina a rilascio prolungato che richiedono un’unica somministrazione ogni 30 giorni. Per valutare la potenziale efficacia nell’utilizzo di tali sostanze andrebbe eseguito un test preliminare ed i soggetti acromegalici, che presentano una risposta favorevole ad una somministrazione endovenosa di ocreotide, potrebbero essere candidati all’utilizzo di ocreotide a rilascio prolungato.

Nell’uomo è risultato efficace l’utilizzo di un antagonista del recettore del GH, il pegvisomant, tuttavia per l’utilizzo in medicina veterinaria sarebbe necessario un antagonista specie-specifico che attualmente non è disponibile.

PROGNOSI


Nei gatti affetti da acromegalia la prognosi a breve termine può essere relativamente buona, a condizione che il diabete mellito sia tenuto sotto controllo; spesso tale controllo richiedere l’utilizzo di grandi quantità di insulina (frequentemente si arriva a superare dosi di insulina di 10U/gatto q12h e in letteratura sono vengono riportati dei casi che assumevano dosi di insulina >50U/gatto q12h).

Le complicazioni più frequenti quali insufficienza cardiaca congestizia o sintomi neurologici conseguenti all’espansione del tumore ipofisario in genere conducono alla morte o all’eutanasia nel giro di uno o due anni.  


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