Anaplasmosi canina
- Disciplina: Parassitologia
- Specie: Cane
L’anaplasmosi è una patologia infettiva causata da batteri Gram-negativi, intracellulari obbligati appartenenti al genere Anaplasma, la cui trasmissione prevede l’utilizzo di artropodi vettori. In Europa, nel cane sono stati descritti A. phagocytophilum e A. platys. I batteri infettano i leucociti o le piastrine, determinando la formazione di tipiche morule visibili al microscopio all’interno delle cellule.
Questi organismi sono in grado di infettare una grande varietà di mammiferi domestici e selvatici; il cane rappresenta una delle specie maggiormente colpite, mentre l’infezione naturale è stata descritta nel gatto solo in un numero limitato di casi. Inoltre, A. phagocytophilum è un agente zoonosico poiché è in grado di infettare l’uomo.
Le prime infezioni da Anaplasma furono descritte intorno agli anni 30–50 nei paesi del nord Europa, dove l’organismo era ritenuto responsabile della ‘febbre della zecca’ che colpiva il bestiame. Nel 1978, venne identificata per la prima volta nel cane un’infezione da Ehrlichia spp in grado di colpire le piastrine; questa era causata da A. platys (un tempo classificata come E. platys), agente causale di una sindrome clinica conosciuta come ‘trombocitopenia ciclica infettiva’ del cane. Solo negli anni 80, un’infezione naturale definita ‘anaplasmosi granulocitica canina’ è stata descritta nel cane in Svizzera, Svezia e Nord America; l’agente eziologico della patologia era A. phagocytophilum (un tempo Ehrlichia phagocytophila). Da allora diversi case reports hanno dimostrato come il patogeno abbia assunto una distribuzione mondiale, anche se la maggiore prevalenza si osserva nelle aree a clima temperato.
EZIOLOGIA ED EPIDEMIOLOGIA
Il genere Anaplasma fa parte della famiglia delle Anaplasmatacee, che condivide con i generi Ehrlichia e Neorickettsia (Tabella 1). Le specie di interesse veterinario comprendono A. phagocytophilum e A. platys.
Tabella 1: collocazione tassonomica di Anaplasma spp.
Ordine |
Famiglia |
Genere |
Specie |
Rickettsiales |
Anaplasmataceae |
Anaplasma |
A. phagocytophilum A. platys |
A. phagocytophilum è in grado di infettare una grande varietà di animali e rappresenta un patogeno emergente per l’uomo. Manifestazioni cliniche conseguenti all’infezione sono state documentate nel cane, gatto, cavallo e ruminanti domestici. La malattia causata da A. phagocytophilum viene anche detta anaplasmosi granulocitica poiché il microrganismo invade principalmente i granulociti neutrofili, e meno comunemente gli eosinofili, formando al loro interno dei corpi inclusi definiti ‘morule’.
Il patogeno viene trasmesso tramite il morso di zecche del genere Ixodes. Pertanto, la distribuzione di A. phagocytophilum è direttamente correlata a quella del suo vettore, che presenta una diffusione mondiale. I serbatoi naturali sono i piccoli mammiferi, i cervi e probabilmente anche gli uccelli che, oltre a fungere da serbatoio, svolgono un ruolo nella movimentazione di zecche infette.
In Europa la malattia è veicolata dalla cosiddetta ‘zecca dei boschi’ (Ixodes ricinus), che vive principalmente nelle aree rurali, boschive e con elevata umidità; il suo areale di distribuzione copre la maggior parte delle regioni europee (Figura 1).
A. platys causa la trombocitopenia ciclica infettiva del cane; la patologia è stata descritta in Europa, America, Australia, Asia ed Africa. Si sospetta che la zecca bruna del cane (Rhipicephalus sanguineus) possa agire da vettore per il microrganismo perché in questi artropodi è stato isolato il DNA di A. platys, anche se non è stato possibile dimostrare la trasmissione per via sperimentale.
Il patogeno infetta principalmente le piastrine e i megacariociti formando delle morule che si possono evidenziare al microscopio ottico, utilizzando come campioni uno striscio ematico o un aspirato midollare, rispettivamente.
Recentemente il DNA di A. platys è stato identificato in uomini negli Stati Uniti e nel Venezuela, tuttavia non si conosce attualmente il potenziale zoonosico di questo microrganismo.
TRASMISSIONE E PATOGENESI
La trasmissione degli organismi appartenenti al genere Anaplasma avviene principalmente tramite il morso da parte di una zecca infetta. Per tale ragione le infezioni sono più comuni durante i mesi primaverili ed estivi, periodo di maggiore attività degli agenti vettori.
Un’ulteriore modalità di trasmissione è rappresentata dalle trasfusioni ematiche, per tale ragione risulta fondamentale lo screening preventivo di tutti gli animali donatori anche se asintomatici.
La zecca contrae il microrganismo durante lo stadio di larva o ninfa, alimentandosi su di un animale infetto e trasmette il patogeno compiendo un nuovo pasto su un altro ospite recettivo. Il patogeno, nell’artropode vettore, si trasmette per via transtadiale ma non per via transovarica (Figura 2).
Per la trasmissione di A. phagocytophilum, la zecca deve rimanere attaccata all’ospite per almeno 24-48 ore. Una volta raggiunto il circolo ematico, i neutrofili fagocitano il microrganismo; quest’ultimo all’interno della cellula è in grado di inibire la fusione dei fagosomi (contenti Anaplasma) con i lisosomi, con mancata formazione dei fagolisosomi. Grazie a questo meccanismo A. phagocytophilum non può essere eliminato dai neutrofili, che fungeranno da veicolo permettendogli di raggiungere numerosi organi e tessuti, quali milza, fegato e polmoni. Inoltre, il parassita sembra essere in grado di prolungare l’emivita dei granulociti infetti tramite inibizione dell’apoptosi; ciò determina una maggiore probabilità di essere ingerito da una zecca che compie il pasto di sangue, con conseguente trasmissione ad un nuovo ospite.
La moltiplicazione per scissione binaria all’interno dei granulociti porta alla formazione di colonie batteriche circondate da membrana, che prendono il nome di morule.
Il decorso della patologia è sempre acuto, con un periodo di incubazione di 1-2 settimane. La patogenesi dell’infezione non è ancora completamente nota; si suppone che le alterazioni cliniche e laboratoristiche possano essere in parte dovute ad un’azione diretta del patogeno, ma siano anche conseguenza di una iperattivazione del sistema immunitario. Tuttavia, non si conosce il motivo per cui alcuni cani manifestano la sintomatologia clinica, mentre in altri l’infezione decorre in modo subclinico.
Le informazioni riguardo la patogenesi di A. platys sono limitate e derivano soprattutto da infezioni sperimentali. Dopo 8-15 giorni (periodo di incubazione) dall’iniezione sperimentale del microrganismo si possono identificare le morule del parassita nelle piastrine circolanti, ed entro 7 giorni avviene lo sviluppo di trombocitopenia che può presentarsi in forma grave. In seguito alla riduzione nel numero di batteri circolanti, la conta piastrinica aumenta gradualmente nell’arco di 2-3 giorni. Ciononostante, questi episodi di batteriemia e trombocitopenia possono verificarsi in modo ciclico (da cui il nome della malattia), ad intervalli di 1-2 settimane.
Nel caso di infezioni croniche invece, si assiste ad una lieve batteriemia in associazione ad una minima riduzione delle piastrine circolanti; ciò potrebbe riflettere una sorta di adattamento da parte dell’animale nei confronti dell’infezione da A. platys.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
La sintomatologia in corso di anaplasmosi granulocitica risulta variabile e aspecifica; i segni clinici di comune riscontro includono febbre, letargia e anoressia. Frequentemente si può notare zoppia, rigidità articolare e riluttanza al movimento, come conseguenza di una poliartrite neutrofilica indotta dal patogeno. Sono stati descritti anche sintomi gastroenterici (vomito e diarrea), difficoltà respiratorie, tosse, polidipsia, e manifestazioni emorragiche (petecchie, melena ed epistassi). All’esame clinico si possono rilevare mucose pallide, linfoadenomegalia, splenomegalia, dolorabilità addominale, iniezione sclerale e segni neurologici centrali.
L’infezione da A. phagocytophilum nel cane sembra essere autolimitante, sebbene siano stati segnalati dei casi di recrudescenza della sintomatologia, mesi dopo l’apparente guarigione, in seguito alla somministrazione di corticosteroidi.
In molti cani si ha un andamento subclinico con segni clinici lievi o talvolta assenti, per cui l’infezione può passare inosservata. Ciò è dimostrato dal fatto che in alcuni paesi dove la patologia è endemica si registrano sieropositività fino al 60%, ma solo pochi animali mostrano una sintomatologia manifesta.
Le infezioni da A. platys decorrono solitamente in modo asintomatico oppure si presentano con febbre di lieve entità. Le manifestazioni cliniche, quando presenti, possono comprendere febbre, anoressia, letargia, perdita di peso, pallore delle mucose, emorragie petecchiali e linfoadenomegalia. Raramente sono stati descritti anche uveite ed epistassi. Tuttavia, in molti studi presenti in letteratura non è stata esclusa la concomitante presenza di altri agenti infettivi con cui A. platys condivide l’artropode vettore (come Ehrlichia canis). Ciò rappresenta un limite poiché la possibile coinfezione con altri patogeni potrebbe aver aggravato il quadro clinico.
DIAGNOSI
Il sospetto diagnostico di anaplasmosi granulocitica deve insorgere in tutti i cani che presentano uno stato febbrile in associazione ad altri sintomi più o meno specifici, una storia recente di infestazioni da zecche ed alterazioni clinicopatologiche compatibili con un’infezione da Anaplasma.
Le principali alterazioni nei parametri di laboratorio riguardano la trombocitopenia, che è stata documentata in più dell’80% dei cani infetti e può presentarsi con gravità variabile. Meno comunemente all’esame emocromocitometrico si possono osservare lieve anemia non rigenerativa, linfopenia o linfocitosi, eosinopenia e monocitosi. Le alterazioni biochimiche più frequentemente descritte includono ipoalbuminemia, iperglobulinemia, iperbilirubinemia e lieve/moderato aumento dell’attività sierica di alanina-aminotransferasi e di fosfatasi alcalina.
In corso di infezione da A. platys la principale alterazione clinicopatologica è sicuramente la trombocitopenia con andamento ciclico a cui spesso si associa anemia non rigenerativa. Altre anomalie riportate sono: leucopenia, ipoalbuminemia, iperglobulinemia ed occasionalmente ipocalcemia.
I metodi diagnostici possono essere diretti, volti ad evidenziare la presenza del patogeno nell’ospite, o indiretti, che prevedono l’identificazione di anticorpi prodotti in risposta al microrganismo.
La ricerca delle morule nel citoplasma dei granulociti neutrofili, meno comunemente eosinofili, tramite l’osservazione microscopica di uno striscio ematico (Figura 3) può rilevarsi un test utile soprattutto nelle aree endemiche; alcuni studi riportano che sia possibile riscontrare le morule in più del 60% dei casi. Per aumentare la sensibilità del metodo possono essere utilizzati strisci da buffy coat. Nelle infezioni sperimentali le morule si rendono evidenti dopo 4 giorni dall’inoculazione del patogeno e permangono in circolo per 4-8 giorni. Tuttavia, le morule non possono essere distinte da quelle di Ehrlichia ewingii, patogeno trasmesso da zecche che invade i neutrofili; quindi in aree in cui entrambi i patogeni sono presenti, l’identificazione delle morule perde validità diagnostica.
Durante l’infezione da A. platys la presenza di morule nelle piastrine non è costante, per cui la valutazione citologica risulta una metodica poco sensibile.Se non si indentificano le morule si può ricorrere alle metodiche sierologiche, come l’immunofluorescenza indiretta (IFA) o il saggio di immunoassorbimento enzimatico (ELISA). I risultati dei test anticorpali possono risultare falsamente negativi nelle fasi precoci dell’infezione, sono infatti necessari circa 8 giorni dall’inoculazione del patogeno per poter rilevare gli anticorpi; in aggiunta una precedente esposizione al patogeno potrebbe determinare dei risultati falsamente positivi, poiché gli anticorpi permangono in circolo per molti mesi dopo l’infezione. Alla luce di tutto ciò, per confermare la diagnosi si rende necessaria l’esecuzione di un nuovo test sierologico dopo 2-3 settimane dal primo, in modo da evidenziare l’avvenuta sieroconversione (in cui il primo titolo anticorpale aumenta di 4 volte).
Esistono in commercio diversi kit rapidi ELISA per lo screening ambulatoriale delle infezioni da Anaplasma spp; tra questi il test SNAP 4Dx Plus (IDEXX Laboratories, Westbrook, ME.) permette l’identificazione di anticorpi diretti sia verso A. phagocytophilum che contro A. platys e ha mostrato delle performance molto buone in uno studio in cui veniva paragonato con una metodica IFA.
Per confermare l’infezione si può ricorrere ai metodi di diagnosi diretta come la reazione a catena delle polimerasi (PCR), la quale consente di identificare il DNA specifico del microrganismo patogeno. La PCR, eseguita su campioni di sangue intero, risulta molto utile soprattutto nelle fasi precoci dell’infezione, in cui non è ancora avvenuta la produzione di anticorpi. Inoltre, permette di distinguere le morule di A. phagocytophilum da quelle di E. ewingii nelle aree in cui entrambi i parassiti sono presenti (in Europa, l’unica specie di Erhlichia isolata nel cane è E. canis).
TERAPIA
Il trattamento raccomandato per l’anaplasmosi granulocitica prevede la somministrazione di doxiciclina al dosaggio di 5 mg/kg ogni 12 ore per via orale, per almeno 14 giorni. La durata ottimale del trattamento necessario per l’eliminare l’infezione da A. phagocytophilum non è ancora stata determinata; si suppone che 2 settimane di terapia possano essere curative, tuttavia molti clinici preferiscono effettuare un ciclo di 4 settimane, come previsto per l’infezione da E. canis. Il protocollo a base di doxiciclina risulta efficace anche nelle infezioni da A. platys; in caso di coinfezioni con E. canis la durata del trattamento non deve essere inferiore a 28 giorni.
La maggior parte dei soggetti mostra un miglioramento della sintomatologia clinica già nelle prime 24-48 ore dall’inizio della terapia antimicrobica; le alterazioni ematologiche si normalizzano solitamente nell’arco di una settimana.
Nei cani che rispondono in modo adeguato alla terapia antibiotica la prognosi è buona; nei casi di mancata risposta al trattamento con doxiciclina si consiglia di indagare la presenza concomitante di altri agenti infettivi trasmessi da zecca. Diversi farmaci sono risultati essere efficaci in vitro nei confronti di A. phagocytophilum e potrebbero essere utilizzati come antimicrobici alternativi, dopo aver escluso la presenza di coinfezioni; questi includono rifampicina, enrofloxacin e cloramfenicolo.
ASPETTI ZOONOSICI E PREVENZIONE
A. Phagocytophilum causa l’anaplasmosi granulocitica umana, un’infezione febbrile con decorso simile a quello descritto nel cane. L’infezione si trasmette all’uomo principalmente tramite il morso da parte di una zecca infetta, ma anche tramite il contatto con sangue e tessuti infetti. Quindi il cane rappresenta una sentinella per l’infezione umana, e potrebbe fungere da vettore per il patogeno, trasportando le zecche in ambiente domestico. Per tale ragione, occorre prestare cautela tutte le volte che si manipolano delle zecche o si entra in contatto con sangue e tessuti di animali infetti.
Alcune indagini recenti segnalano l’identificazione del DNA di A. platys anche nell’uomo, tuttavia attualmente rimane ignoto il potenziale zoonosico di questo microrganismo.
La misura preventiva più importante per evitare l’infezione da Anaplasma consiste nel controllo delle zecche. Affinché avvenga la trasmissione di A. phagocytophilum, la zecca deve rimanere attaccata all’ospite per almeno 24-48 ore. Pertanto, un attento controllo del mantello dell’animale, dopo lo svolgimento di attività in aree a rischio, può rappresentare una prima linea di difesa; ciò permette, infatti, di individuare gli artropodi vettori prima che questi possano mordere e trasmettere il patogeno.
Uno dei metodi più efficaci per il controllo delle infestazioni da zecche consiste nell’utilizzo di prodotti antiparassitari. Esistono in commercio numerosi principi attivi utilizzati a tale scopo, presenti nelle più svariate formulazioni; diversi studi sperimentali hanno dimostrato come l’applicazione di imidacloprid e permetrina sia in grado di prevenire, nel cane, la trasmissione dell’infezione da A. Phagocytophilum e A. Platys. Esistono inoltre molti prodotti che possono essere utilizzati negli ambienti frequentati dagli animali, al fine di ridurre la carica infestante.
ANAPLASMOSI FELINA
I gatti si sono dimostrati sensibili all’infezione da A. phagocytophilum sia tramite esposizione naturale che per via sperimentale. Diversi casi di gatti con sospetta anaplasmosi granulocitica sono stati descritti in Europa, Italia compresa, e negli Stati Uniti; nei casi riportati, la diagnosi si basava sull’evidenza, tramite esame citologico, di morule nei neutrofili riferibili ad A. phagocytophilum, in associazione o meno all’amplificazione del DNA del patogeno tramite PCR.
Per quanto riguarda A. platys, solo raramente sono state descritte nel gatto delle infezioni naturali; tuttavia i tentativi di infezione sperimentale si sono rivelati inefficaci.
Come avviene nel cane, la trasmissione di A. phagocytophilum al gatto si realizza tramite il morso di zecche infette, appartenenti al genere Ixodes. Sebbene i roditori possano essere infettati da A. phagocytophilum, non si conosce quale sia il loro ruolo nella patologia del gatto.
Nei casi descritti in letteratura, le manifestazioni cliniche più comuni includevano letargia, anoressia, febbre, epistassi, zoppia, atassia e vomito. All’esame clinico si potevano evidenziare pallore delle mucose, linfoadenomegalia ed epatomegalia. L’alterazione clinicopatologica più frequentemente descritta era la trombocitopenia; in alcuni casi si riscontravano neutrofilia, linfocitosi o linfopenia, e iperglobulinemia.
La terapia a base di doxiciclina si è dimostrata essere efficace anche nel gatto, con normalizzazione del quadro sintomatologico nell’arco di 24-48 ore dall’inizio del trattamento.
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