Calicivirus felino: profilassi immunizzante

  • Specie: Gatto

Poichè è praticamente impossibile eliminare i carrier del Calicivirus felino (FCV) dall’ambiente, il controllo dell’infezione da  FCV è largamente legato alle vaccinazioni. A complicare in natura la diffusione dell’infezione, vi è il fatto che i calicivirus possono esistere in molte popolazioni di gatti senza causare problemi clinici seri. 

La rinotracheite felina sostenuta dall’Herpesvirus felino di tipo 1 (Feline Herpesvirus-1, FeHV-1) e l’infezione da Calicivirus (Feline Calicivirus, FCV) rappresentano oltre il 90% delle affezioni delle vie respiratorie superiori del gatto, molto spesso presenti contemporaneamente. Il rischio di esposizione a entrambi i virus è molto elevato, dal momento che entrambi i patogeni sono ampiamente distribuiti nella popolazione felina. Di conseguenza è buona norma vaccinare tutti i gattini e richiamare la vaccinazione anche nei soggetti adulti. I gatti con un’anamnesi non nota devono essere considerati a rischio e vaccinati, prevedendo anche per questi dei richiami periodici. Il gattino è protetto dall’immunità passiva ricevuta attraverso il colostro e, prima della 12° settimana di età, questa può interferire con il successo della vaccinazione.

Nel corso degli ultimi quindici anni, la profilassi vaccinale nei confronti di FCV è stata effettuata prevalentemente con vaccini a virus attenuato allestiti con il ceppo F9 e somministrati per via parenterale. Nonostante il loro uso su larga scala, FCV risulta  tuttora molto diffuso, tanto che anche gli animali vaccinati possono diventare portatori asintomatici. Infatti la  prevalenza di FCV rimane alta, pari al 50% e, tra la popolazione di gatti sani che partecipa alle esposizioni nel Regno Unito, circa il 25% dei soggetti diffonde il virus (Coutts et al. 1994). In  comparazione la prevalenza di gatti diffusori di FHV-1 è  dell'1-5% nella popolazione ed arriva fino al 50% nei gattili, ma per lo più per l'alta percentuale di  soggetti cronicamente infetti con FHV-1 (Pedersen et al. 2004).

La facilità con cui si sviluppano nelle comunità feline ceppi virali di FCV resistenti ai vaccini può  indicare sia che le differenze sierologiche incontrate  sono più importanti di ciò che si riteneva in passato, sia che l’immunizzazione è meno efficace di ciò che si prevedeva. Sebbene i vaccini per i FCV siano  efficaci nel diminuire la gravità dei segni clinici il loro effetto inibente sui portatori del virus è molto basso, infatti i calicivirus possono essere isolati dalla cavità orale nel  20-30%  dei gatti sani in comunità od allevamenti dove la vaccinazione viene praticata di routine.

Tutto ciò potrebbe essere attribuibile: 1) alla circolazione di ceppi FCV molto diversi, sul piano antigenico, dallo stipite vaccinale F9; 2) alla virulenza residua dello stipite vaccinale attenuato; 3) alla capacità del vaccino di conferire protezione nei confronti della malattia ma non dell’infezione. In realtà un problema spesso sottovalutato risiede nel fatto che il Calicivirus è in grado di mutare nell’ambiente abbastanza rapidamente, cosi da creare nuovi ceppi che, sebbene parzialmente sensibili ai vaccini odierni, tendono in parte a sfuggire ad un controllo completo  originando nuovi focolai infettivi parzialmente resistenti. Sebbene  gli attuali ceppi vaccinali producano infatti  una protezione incrociata, essa non necessariamente è efficace contro tutti gli isolati virali.

Per questo motivo ad oggi, accanto ai vaccini attenuati, esistono in commercio anche prodotti immunizzanti spenti, tra i quali, di recente produzione, un vaccino inattivato bivalente allestito con varianti FCV diverse dal ceppo F9, che sembrerebbe in grado di proteggere i gatti anche dalle infezioni sostenute da stipiti FCV filogeneticamente e antigenicamente molto diversi tra loro. La maggior parte dei vaccini sono adatti per i programmi vaccinali di routine, e in gatti precedentemente non esposti,la maggior parte induce un ragionevole livello di protezione dalla forma clinica. Tuttavia, come già detto, va ricordato il fatto che la vaccinazione non protegge nei confronti dell’infezione per entrambi i virus, sia  FCV che FHV-1. Gli animali vaccinati rimangono quindi una potenziale fonte di virus di campo per altri gatti.

Mentre esiste un unico sierotipo di FHV-1, ed è  quindi plausibile che i vaccini proteggano ugualmente bene nei confronti di tutti gli isolati FHV-1 di campo, la diversità di FCV implica che nessun singolo ceppo vaccinale sia in grado di proteggere ugualmente bene nei confronti di tutti i ceppi di campo. È questo il motivo per cui un certo numero di ceppi di FCV è stato selezionato per essere incluso nei vaccini sulla base del fatto di essere ritenuti maggiormente cross-reattivi. Il nuovo vaccino bivalente comprende quindi, oltre ai ceppi  più comunemente utilizzati (FCV F9 e FCV 255), anche due nuovi ceppi di FCV (431 e G1) (Poulet et al. 2005).

E' questo un fatto molto interessante perchè, per la prima volta, le ditte farmaceutiche stanno cercando di ottenere un vantaggio sul mercato attraverso la maggiore cross-reattività dei loro ceppi vaccinali FCV. È infatti probabile che la capacità di neutralizzare un’alta percentuale di isolati di campo giocherà sempre più un ruolo chiave nel mercato di questi vaccini (Pedersen and Hawkins 1995; Lauritzen et al. 1997). Sarebbe quindi auspicabile che in generale l’efficacia dei vaccini disponibili in commercio fosse periodicamente monitorata nei confronti di “panels” rappresentativi di virus di campo.

Sebbene la vaccinazione produca una buona protezione nei confronti delle infezioni acute orali e respiratorie, ricordiamo che la vaccinazione non protegge  dall'infezione  e dall'eliminazione ambientale. Inoltre nessun singolo ceppo vaccinale è in grado di proteggere ugualmente bene nei confronti di tutti i ceppi virali di FCV.

PROTOCOLLI VACCINALI
Secondo le Linee guida per la vaccinazione nei gatti prodotte dal Vaccination Guidelines Group (VGG) (Day MJ et al, 2007), una commissione di esperti internazionali membri della World Small Animal Veterinary Association, e dalla ABCD (European Advisory Board on Cat Diseases) (Radford AD et al, 2009), questa vaccinazione è considerata di base.

In genere viene eseguita fra la 6° e la 12° settimana d'età, idealmente alla 9° settimana ma, per la possibile riduzione di efficacia della vaccinazione in questa fascia di età a causa degli anticorpi materni, si consiglia di eseguire dei richiami periodici ogni 3-4 settimane, fino al superamento della 12° settimana. Se la prima vaccinazione viene invece eseguita a 12 settimane o più, si consiglia un richiamo a 3-4 settimane di intervallo.

La durata minima dell’immunità (DOI) conseguente alla vaccinazione è di 3 anni: di conseguenza, dopo la prima serie vaccinale e un primo richiamo annuale, sono considerati protettivi richiami triennali, se non vi sono reali situazioni di rischio (gatto libero di uscire, colonie, allevamenti).

I vaccini contro il Calicivirus felino sono in prevalenza commercializzati nella forma di vaccini polivalenti. Il loro utilizzo non è mai stato associato a problemi quali lo sviluppo di sarcomi nel punto di inoculo ma, trattandosi nella maggior parte dei casi di vaccini vivi attenuati, il loro uso deve essere evitato in gatte gravide o in gattini di meno di 4 settimane di vita. Ugualmente il loro uso è sconsigliato in soggetti adulti affetti da Stomatite Cronica Felina, dove il ruolo dei calicivirus sembra determinate. In questi soggetti è consigliabile ricorrere a vaccini basati su ingegneria genetica od a valenze inattivate.  In caso di infezioni endemiche dove il rischio di contagio è molto elevato (es. gattili), è possibile ricorrere alla somministrazione del vaccino per via intranasale o congiuntivale già a due settimane di età.


Bibliografia

  1. Radford AD, Sommerville L, Ryvar R, et al. Endemic infection of a cat colony with a feline calicivirus closely related to an isolate used in live attenuated vaccines. Vaccine 2001; 19: 4358–62.
  2. Gaskell RM, Dawson S, Radford AD. Feline respiratory disease. n: Greene CE, ed. Infectious diseases of the dog and cat. Philadelphia: Saunders Elsevier, 2006: 145–54.
  3. Radford AD, Dawson S, Coyne KP, Porter CJ, Gaskell RM. The challenge for the next generation of feline calicivirus vaccines.Vet Microbiol 2006; 117: 14–18.
  4. Coutts, A. J., S. Dawson, et al. (1994). Isolation of feline respiratory viruses from clinically healthy cats at UK cat shows. Veterinary Record 135: 555-556.
  5. Pedersen, N. C., R. Sato, et al. (2004). Common virus infections in cats, before and after being placed in shelters, with emphasis on feline enteric coronavirs. Journal of Feline Medicine and Surgery 6: 83-88.
  6. Poulet, H., S. Brunet, et al. (2005). Immunisation with a combination of two complementary feline calicivirus strains induces a broad cross-protection against heterologous challenges. Vet Microbiol 106(1-2): 17-31.
  7. Lauritzen, A., O. Jarrett, et al. (1997). Serological analysis of feline calicivirus isolates from the United States and United Kingdom. Veterinary Microbiology 56: 55-63.
  8. Pedersen, N. C. and K. F. Hawkins (1995). Mechanisms of persistence of acute and chronic feline calicivirus infections in the face of vaccination. Veterinary Microbiology 47: 141-156
  9. Radford AD, Addie D, Belák S, Boucraut-Baralon C, Egberink H, Frymus T, Gruffydd-Jones T, Hartmann K, Hosie MJ, Lloret A, Lutz H, Marsilio F, Pennisi MG, Thiry E, Truyen U, Horzinek MC. Feline calicivirus infection. ABCD guidelines on prevention and management.J Feline Med Surg. 2009 Jul;11(7):556-64.
  10. Day MJ, Horzinek MC, Schultz RD; Vaccination Guidelines Group (VGG) of the World Small Animal Veterinary Association (WSAVA). Guidelines for the vaccination of dogs and cats. Compiled by the Vaccination Guidelines Group (VGG) of the World Small Animal Veterinary Association (WSAVA).  J Small Anim Pract. 2007 Sep;48(9):528-41.
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