Cardiomiopatia ipertrofica felina (HCM)

  • Specie: Gatto

Le cardiomiopatie feline sono le principali patologie cardiache riscontrate nel gatto adulto. Per cardiomiopatia si intende un disordine miocardico caratterizzato da anomalie funzionali e strutturali del muscolo cardiaco. Quando non vengono individuate cause sottostanti responsabili delle anomalie osservate la cardiomiopatia viene definita primaria; al contrario si parla di una cardiomiopatia secondaria.

L’ACVIM Consensus Statement pubblicato nel 2020 ha proposto un sistema di classificazione delle cardiomiopatie feline sulla base delle loro caratteristiche fenotipiche, adattando alla medicina veterinaria il sistema definito dalla Società Europea di Cardiologia. Sono state così distinte le seguenti categorie fenotipiche: cardiomiopatia ipertrofica (HCM), cardiomiopatia dilatativa (DCM), cardiomiopatia restrittiva (RCM) e cardiomiopatia aritmogena ventricolare destra (ARVC); inoltre, i gatti che hanno caratteristiche intermedie tra i precedenti fenotipi vengono compresi nella categoria delle “cardiomiopatie a fenotipo non-specifico” (Fig. 1).

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Figura 1: Classificazione fenotipica delle cardiomiopatie del gatto (Luis Fuentes, V, Abbott, J, Chetboul, V, et al. ACVIM consensus statement guidelines for the classification, diagnosis, and management of cardiomyopathies in cats. J Vet Intern Med. 2020; 34: 1062-1077).

La cardiomiopatia ipertrofica è il fenotipo più comune nel gatto: è caratterizzata da ipertrofia concentrica, diffusa o regionale, prevalentemente a carico del ventricolo sinistro, in assenza di dilatazione ventricolare. Nei casi in cui questo quadro sia secondario a una causa sottostante la cardiopatia viene definita “a fenotipo ipertrofico”. Infatti, il ventricolo sinistro può andare incontro a ipertrofia concentrica anche in seguito a condizioni che determinano un aumento del postcarico (stenosi aortica, ipertensione sistemica), a patologie metaboliche (ipertiroidismo, acromegalia), infiltrazione neoplastica, o disidratazione (pseudoipertrofia). Se, invece, non viene riscontrata alcuna causa sottostante si può emettere una diagnosi di “cardiomiopatia ipertrofica (HCM)”, definita come un disordine miocardico primario che, pertanto, risulta spesso una diagnosi di esclusione.

Epidemiologia
La HCM è la patologia cardiovascolare più frequente nel gatto, rappresentando il 60% delle cardiopatie in questa specie. Ha una prevalenza del 15% nella popolazione felina, arrivando al 29% nei gatti anziani. La patologia interessa soprattutto gatti maschi che, tuttavia, non sembrano presentare un rischio più elevato di insufficienza cardiaca o morte improvvisa rispetto alle femmine. Nonostante in diverse razze si segnali una predisposizione, sono soprattutto i gatti comuni europei a presentare la cardiopatia.

La trasmissione della malattia è genetica, ma ad oggi è stata individuata una mutazione a carico del gene che codifica per la myosin binding protein (MyBPC3 - una proteina sarcomerica coinvolta nella contrazione miocardica), solo nei gatti di razza Maine Coon e Ragdoll. Non si conosce esattamente il meccanismo patogenetico per cui questa mutazione genetica porti all’ipertrofia del miocardio. Le due mutazioni individuate sono la A31P nel Maine Coon e la R820W nel Ragdoll; la modalità di trasmissione è autosomica dominante, con penetranza incompleta ed espressività variabile.

La trasmissione autosomica dominante si riferisce a un disordine causato dalla forma allelica dominante di un gene difettoso che risiede su un autosoma. Per tale motivo la malattia può essere presente sia nei maschi sia nelle femmine e gli eterozigoti possono manifestare la malattia. Tipicamente, secondo il modello di trasmissione autosomico dominante, più generazioni successive sono affette, maschi e femmine sono affetti in eguale misura, sia i maschi sia le femmine possono essere responsabili della trasmissione e si deve manifestare almeno un caso di trasmissione da maschio a maschio.

Penetranza incompleta: significa che non tutti i soggetti portatori della mutazione sviluppano la malattia.

Espressività variabile: significa che i soggetti portatori della stessa mutazione possono presentare la malattia in forme di diversa gravità.

Sembrano essere predisposte alla HCM anche altre razze feline in cui la malattia presenta un’elevata incidenza, senza che sia stata al momento identificata una mutazione alla sua origine: Sphinx, Norvegese delle foreste, British Shorthair, Himalayano, Cornish Rex, Devon Rex, Persiano, Bengala. Recentemente è stata descritta la mutazione ALMS1 nello Sphinx, che pare potenzialmente associata allo sviluppo di HCM, ma gli stessi ricercatori sono cauti nell’esprimere un rapporto diretto causa-effetto.

Fisiopatologia
La cardiomiopatia ipertrofica è caratterizzata da ipertrofia miocardica e disorganizzazione dei miocardiociti (disarray miocardico), fibrosi interstiziale e arteriosclerosi con conseguente obliterazione delle coronarie intramurali. L’ischemia secondaria alle alterazioni istopatologiche descritte comporta necrosi miocardica, fibrosi e formazione di sinechie. La diretta conseguenza è un aumento della rigidità del miocardio ventricolare e disfunzione diastolica. La disfunzione diastolica comporta un aumento delle pressioni diastoliche del ventricolo sinistro e quindi della pressione dell’atrio sinistro. Questo meccanismo è alla base dell’insufficienza cardiaca congestizia: l’aumento dei volumi e delle pressioni dell’atrio sinistro comporta l’aumento della pressione post-capillare polmonare che può esitare in edema polmonare e versamento pleurico.
Spesso nei gatti con HCM si osserva una forma cosiddetta ostruttiva, caratterizzata da stenosi dinamica del tratto di efflusso del ventricolo sinistro causata dal movimento anteriore del lembo settale della mitrale (SAM). Il SAM è lo spostamento sistolico del lembo anteriore della mitrale verso il setto interventricolare, e i meccanismi coinvolti sono molteplici. Principalmente, l’ipertrofia ventricolare modifica l’anatomia dei muscoli papillari e la geometria dell’annulus mitralico, con conseguente alterazione del movimento dei lembi valvolari. Inoltre, l’effetto Venturi esercitato dall’accelerazione del flusso nel tratto di efflusso sinistro determina un effetto di aspirazione del lembo anteriore della mitrale, con peggioramento della stenosi dinamica e dell’insufficienza mitralica che ne consegue (Fig. 2).

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Figura 2: Proiezione parasternale destra asse lungo, cinque camere. Frame rate sistolico in cui è evidente il flusso turbolento nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro (freccia gialla) ed il flusso rigurgitante mitralico (freccia rossa) causati dal movimento settale del lembo anteriore mitralico (SAM). Vi è una quasi completa obliterazione del ventricolo sinistro in sistole, a causa della severa ipertrofia simmetrica.

Talvolta, quando l’ipertrofia concentrica è a livello di muscoli papillari o della porzione mediana delle pareti ventricolari, si può creare un’ostruzione dinamica medio-ventricolare, che a volte si associa a una dilatazione aneurismatica dell’apice ventricolare.
La dilatazione dell’atrio predispone inoltre alla formazione di trombi, in particolare a livello di auricola sinistra, da cui possono successivamente embolizzare. Le cause della formazione di trombi vanno ricercate nella triade di Virchow: danno endoteliale con esposizione del collagene (possibili lesioni endocardiche causate dal rigurgito mitralico), alterazioni del circolo (rallentamento del flusso ematico in un atrio che spesso perde funzione) e ipercoagulabilità. Il tromboembolismo arterioso (ATE) colpisce circa il 50% dei gatti con HCM. Più comunemente il trombo si ferma a livello della biforcazione aortica ed il gatto presenta forte dolorabilità agli arti posteriori ed emiparesi (Fig. 3, Fig. 4). L’ATE può tuttavia coinvolgere un solo arto posteriore oppure uno o entrambi gli arti anteriori.

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Figura 3: Gatto con tromboembolismo arterioso a livello della triforcazione aortica. Tipica presentazione con paraparesi e cianosi ai polpastrelli degli arti posteriori.

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Figura 4: Gatto con tromboembolismo arterioso a livello della triforcazione aortica. Tipica presentazione con cianosi ai polpastrelli degli arti posteriori.

Talvolta degli emboli possono occludere il circolo arterioso a livello delle arterie renali, causando danno renale acuto, oppure delle arterie mesenterica o polmonare, causando ischemia o insufficienza di questi organi.
Nello stadio terminale della malattia la disfunzione diastolica evolve in disfunzione sistolica con assottigliamento delle pareti ventricolari, sovraccarico di volume e ipocinesia ventricolare. Dal punto di vista fenotipico ed ecocardiografico la malattia assume un quadro ipocinetico-dilatato. Per tale motivo la diagnosi di HCM di stadio terminale può essere difficoltosa, se non in presenza di una precedente diagnosi ecografica di HCM.

Visita clinica
Gatto asintomatico
I soffi cardiaci sono reperti di comune riscontro durante la visita clinica di gatti apparentemente sani. Sono spesso soffi dinamici e di lieve intensità e la loro prevalenza aumenta con l’aumentare dell’età dei soggetti. In molti casi si tratta di soffi non patologici, ovvero non associati ad alterazioni miocardiche, come i soffi innocenti, i soffi funzionali ed i rumori di flusso. La più comune causa di soffi non patologici è rappresentata dall’ostruzione dinamica del tratto di efflusso destro, che è in grado di generare una turbolenza del flusso responsabile di un soffio all’auscultazione. È stato inoltre dimostrato che le ostruzioni dinamiche dei tratti di efflusso possono essere di tipo iatrogeno , vale a dire conseguenti all’eccessiva pressione esercitata dallo stetoscopio sulla parete toracica del gatto in grado di indurre un soffio percepibile all’auscultazione.
Ancora, uno studio prospettico eseguito su un’ampia popolazione di gatti apparentemente sani, ha evidenziato una prevalenza dei soffi del 40,8%, di cui il 70,4% era rappresentata da soffi non patologici. È stata anche valutata la correlazione tra soffio cardiaco e HCM e si è visto che specificità e sensibilità di tale correlazione sono indicatori poco significativi di HCM e che , per di più, il valore predittivo si riduce all’aumentare dell’età dei soggetti. Per questi motivi, il solo riscontro di un soffio nel gatto non può essere considerato come indicatore della presenza di una cardiomiopatia e, allo stesso modo, l’assenza del soffio non può escluderne la presenza.
Quindi, oltre ai soffi cardiaci (soprattutto di intensità ³ III/VI) devono essere considerati altri fattori di rischio per la diagnosi di HCM, come l’età avanzata, il sesso maschile ed il BCS elevato, in quanto nel gatto, come nell’uomo, l’obesità pare essere correlata all’aumento della massa del ventricolo sinistro.
Sebbene molti gatti con HCM in forma subclinica non abbiano alcuna anomalia all’auscultazione, circa l’80% presenta un soffio proto- o mesosistolico parasternale sinistro. Il soffio si associa tendenzialmente alla presenza di SAM: la sua intensità, infatti, tende ad aumentare con l’aumento della frequenza cardiaca poiché la tachicardia determina un peggioramento dell’ostruzione dinamica del tratto di efflusso sinistro. Talvolta si possono auscultare anche aritmie o ritmo di galoppo, in quanto la disfunzione diastolica associata alla patologia può rendere percepibile il terzo tono cardiaco, corrispondente alla fase di riempimento ventricolare rapido.
Sebbene il segnalamento e l’esame obiettivo consentano di ipotizzare la presenza di una cardiomiopatia, la diagnosi definitiva di HCM è ecocardiografica. Tuttavia, risultano utili alla diagnosi e all’identificazione di eventuali comorbidità anche altri test diagnostici come l’esecuzione del profilo tiroideo e la misurazione della pressione arteriosa sistemica, in quanto ipertensione ed ipertiroidismo sono tra le cause più comuni di cardiomiopatie a fenotipo ipertrofico.

Gatto sintomatico
I gatti affetti da HCM con insufficienza cardiaca congestizia possono presentare tachipnea e dispnea conseguenti all’edema polmonare e/o versamento pleurico. In questa fase ritmo di galoppo e aritmie sono più comuni rispetto ai soffi e, all’auscultazione del torace, si possono percepire rantoli e crepitii assieme a un rinforzo del murmure vescicolare. Nel caso di versamento pleurico, in associazione alla dispnea, il paziente può presentare anche un respiro paradosso e, all’auscultazione delle porzioni ventrali del torace, il murmure vescicolare risulta affievolito.
Un’altra manifestazione acuta della cardiomiopatia nel gatto è rappresentata dal tromboembolismo arterioso. I cinque segni di ATE sono: assenza di polso, paresi/paralisi, dolore, pallore, ipotermia. Generalmente si verifica tromboembolismo iliaco, per cui il gatto presenta dolore improvviso, polso femorale assente mono o bilateralmente, arti freddi, cianosi del letto ungueale e perdita più o meno grave della funzione motoria a seconda dell’estensione del fenomeno tromboembolico. La sopravvivenza è del 20% circa e la prognosi peggiora quando il paziente si presenta ipotermico, con entrambi gli arti posteriori coinvolti, o con CHF concomitante.

Diagnosi
Ecocardiografia
L’ecocardiografia rappresenta l’esame standard di riferimento per la diagnosi di HCM poiché ne consente la differenziazione dalle altre cardiomiopatie feline, la stadiazione e l’esclusione di patologie congenite o acquisite concomitanti. Vi andrebbero sottoposti tutti i pazienti che alla visita mostrano i segni clinici precedentemente descritti, gatti di razza destinati alla riproduzione e, in generale, gatti dai nove anni in su che devono essere sottoposti ad anestesia, fluidoterapia o terapie prolungate con glucocorticoidi.
I criteri ecocardiografici per la diagnosi dell’HCM sono controversi, in relazione all’ampia variabilità fenotipica. Esistono soggetti considerati casi limite dal punto di vista ecocardiografico che possono sviluppare la patologia nel tempo o altri che, fenotipicamente, presentano caratteristiche intermedie tra le diverse cardiomiopatie feline e che, pertanto, rientrano nelle “cardiomiopatie a fenotipo non-specifico”.
L’esame deve comprendere più proiezioni, in modo da valutare in modo completo la morfologia del ventricolo sinistro, dei muscoli papillari e delle camere cardiache. L’ipertrofia, infatti, può essere simmetrica, coinvolgendo diffusamente l’intero ventricolo oppure può essere segmentale. Per questo le misurazioni degli spessori del ventricolo sinistro e del setto interventricolare vengono eseguite mediante più scansioni, utilizzando sia la metodica monodimensionale che bidimensionale, in modo da identificare anche eventuali ispessimenti parietali focali che potrebbero eludere una ricerca meno approfondite. A tal proposito, per definire gli spessori parietali sono stati stabiliti dei valori di soglia accettati dalla maggior parte degli autori. Vengono considerati normali i soggetti che hanno uno spessore diastolico della parete libera e del setto interventricolare < 5mm; sono invece considerati patologici i soggetti che presentano spessori diastolici > 6mm. Tra i 5 ed i 6 mm, il paziente viene considerato un caso limite e, pertanto, deve essere monitorato nel tempo.
Nei pazienti con ipertrofia miocardica la progressione della disfunzione diastolica è responsabile dell’aumento delle pressioni, dei volumi e quindi delle dimensioni dell’atrio sinistro. Le dimensioni dell’atrio sinistro possono essere valutate mediante il rapporto atrio sinistro/aorta (LA/Ao) e il diametro dell’atrio sinistro in telesistole. In corso di HCM, come anche nelle altre cardiomiopatie feline, la dilatazione dell’atrio sinistro è un importante fattore prognostico negativo; pertanto, la sua misurazione viene utilizzata per distinguere gatti a basso rischio (B1) da gatti ad alto rischio (B2) di sviluppo di CHF e ATE. Vengono considerati ad alto rischio i pazienti con LA/Ao > 1,8-2 (a seconda degli studi presi in considerazione) o con diametro atriale sinistro > 18-19 mm. In questi pazienti si può osservare l’eventuale presenza di ecocontrasto spontaneo (effetto smoke). Questo fenomeno è causato dalla maggiore ecogenicità degli aggregati di globuli rossi che hanno un flusso a bassa velocità all’interno del lume atriale e dell’auricola sinistra, predisponendo il paziente alla formazione di trombi.
Gli spessori diastolici e le dimensioni atriali vanno comunque interpretati nel quadro di un esame ecocardiografico completo. La presenza di SAM, eventuali alterazioni dell’ecogenicità endocardica, l’ipertrofia dei muscoli papillari e la valutazione della funzione diastolica mediante lo studio Doppler sono dati indispensabili per la diagnosi e la stadiazione dell’HCM.

Radiologia
L’esame radiografico del torace è di rapida esecuzione e disponibile nella maggior parte degli ambulatori, e può fornire utili informazioni sulle condizioni cliniche del paziente. Non può essere utilizzato come unico mezzo diagnostico della cardiomiopatia ipertrofica in quanto non consente di distinguere l’HCM dalle altre cardiomiopatie feline; inoltre, può risultare normale nelle fasi iniziali della patologia in cui le dimensioni dell’atrio sinistro non sono ancora aumentate. Risulta tuttavia utile per valutare l’eventuale ingrandimento della silhouette cardiaca, la presenza di edema polmonare, versamento toracico o pericardico o alterazioni dei vasi polmonari, permettendo di differenziare una dispnea di origine cardiaca da una dispnea di origine polmonare. (Fig. 4-5).

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Figure 4-5: Gatto con HCM. Radiografie del torace in proiezione latero-laterale destra e dorsoventrale. La cardiomegalia è già evidente in proiezione LL (VHS = 9 vertebre), ma la DV è più sensibile nell’evidenziare l’ingrandimento atriale sinistro. Si osserva inoltre un quadro interstizio-bronchiale diffuso, suggestivo di edema polmonare cardiogeno.

Biomarker
La misurazione delle concentrazioni plasmatiche di NT-proBNP e cTnI è stata valutata sia come mezzo di screening per HCM in gatti asintomatici che per differenziare una dispnea di origine cardiaca da una di origine respiratoria.
Sfortunatamente, i dati riportati in letteratura indicano che la concentrazione di NTpro-BNP felino ha elevate sensibilità e specificità per la diagnosi di HCM grave, ma non è raccomandata per discriminare i soggetti con una forma lieve o moderata dai soggetti sani.
Anche la cTnI può risultare utile nell’identificare l’HCM grave in pazienti dispnoici, ma solo quando il risultato dell’esame può essere ottenuto in tempi brevi. Inoltre, concentrazioni di cTnI elevate sono associate a maggior rischio di morte cardiaca indipendentemente dalla presenza di dilatazione atriale sinistra o CHF.
Tuttavia, sebbene questi parametri possano risultare utili in assenza di un esame ecocardiografico, l’esame di riferimento per la conferma diagnostica e per la stadiazione della malattia rimane l’ecografia, da effettuare dopo la stabilizzazione del quadro clinico.

Test genetico
Esistono test genetici volti al riconoscimento delle due mutazioni identificate nelle razze Maine Coon e Ragdoll. L’obiettivo del test è la riduzione dell’incidenza della malattia: si raccomanda, infatti, che gatti omozigoti vengano esclusi dalla riproduzione, mentre gli eterozigoti possono essere accoppiati solo con gatti genotipicamente negativi. Si pensa tuttavia che le mutazioni esistenti siano molte di più, alla luce del fatto che soggetti negativi per la mutazione possono comunque sviluppare la malattia, così come gatti di altre razze o meticci possono sviluppare HCM e trasmetterla alla prole. Per questo motivo Main Coon e Ragdoll negativi per le mutazioni andrebbero comunque sottoposti a controllo ecocardiografico per poter escludere la cardiopatia.

Classificazione
L’ACVIM Consensus Statement pubblicato nel 2020 ha individuato quattro classi di gravità delle cardiomiopatie feline, con lo scopo di stabilirne gestione terapeutica e prognosi. Data la sua prevalenza, la HCM è la cardiomiopatia principalmente affrontata dalle linee guida.

Classe A
C
omprende pazienti che, per appartenenza a certe razze (Main Coon, Ragdoll, Sphinx, Norvegese delle foreste, British Shorthair, Himalayano, Cornish Rex, Devon Rex, Persiano, Bengala), sono a rischio di sviluppo della cardiomiopatia, ma che al momento non hanno evidenze cliniche della malattia e non necessitano di alcuna terapia.

Classe B
Comprende pazienti affetti dalla cardiomiopatia in stadio preclinico, distinti in due sottogruppi:

  • B1: gatti a basso rischio di sviluppo di insufficienza cardiaca congestizia (CHF) e ATE, che presentano un atrio sinistro normale o con lieve dilatazione;
  • B2: gatti ad alto rischio di sviluppo di CHF e ATE, con dilatazione atriale sinistra moderata-grave.

Classe C
Pazienti che hanno sviluppato segni di CHF e ATE.

Classe D
Gatti con segni di CHF refrattari alla terapia.

Terapia
Classe B1
Il trattamento di questi pazienti è controverso, ma date le evidenze cliniche finora ottenute si raccomandano:

  • monitoraggio ecocardiografico annuale per valutare l’eventuale ingrandimento atriale sinistro;
  • somministrazione di beta-bloccanti come l’atenololo (6,25-12,5 mg PO q12-24h) in presenza di grave ostruzione dinamica del tratto di efflusso sinistro. L’atenololo può ridurre il SAM e la frequenza cardiaca, migliorando la funzione diastolica del paziente.

Classe B2
Data la moderata-grave dilatazione atriale sinistra, la gestione di questi pazienti è volta a prevenire l’insorgenza di CHF e ATE. Si raccomanda quindi la seguente terapia:

  • Antiaggreganti piastrinici come il clopidogrel (18,75 mg PO q24h), eventualmente associato ad altri agenti antitrombotici per ridurre il rischio di tromboembolismo arterioso. Il clopidogrel sembra essere superiore rispetto all’acido acetilsalicilico nella prevenzione di ATE: la sua somministrazione a lungo termine è ben tollerata e non sono riportati sanguinamenti patologici;
  • ACE-inibitori e spironolattone non sono raccomandati in quanto non sembrano avere effetti positivi sugli spessori ventricolari e sulla funzione diastolica né ritarderebbero l’insorgenza di CHF;
  • La somministrazione di beta-bloccanti è indicata in presenza di HCM ostruttiva grave; ne è raccomandato l’utilizzo anche nel caso di riscontro di complessi ventricolari ectopici.

Classe C
La terapia del paziente sintomatico è volta alla risoluzione dell’evento acuto e al miglioramento della sua qualità di vita.

Il paziente dispnoico va stabilizzato mediante:

  • somministrazione di ossigeno con metodica a flusso libero, sondino nasale o in gabbia ossigeno;
  • sedazione per ridurre lo stress legato alla dispnea utilizzando oppioidi come il butorfanolo;
  • in presenza di edema polmonare, furosemide EV, mediante boli ripetuti (1-2 mg/kg) o in infusione continua; nel caso sia presente versamento toracico la dispnea migliora rapidamente dopo toracentesi;

La toracentesi si effettua con l’animale in decubito laterale o sternale a seconda della posizione che risulta meno stressante. La parte va rasata e preparata chirurgicamente. Si utilizzano una butterfly (21 G), una valvola a tre vie ed una siringa. L’accesso è a livello del settimo spazio intercostale, inserendo l’ago a due terzi della distanza tra la giunzione costocondrale e la colonna vertebrale. È buona norma inserire l’ago prima attraverso la cute con la valvola chiusa e successivamente spostare cute ed ago a livello dello spazio intercostale. In questo modo si riduce il rischio di ingresso di aria nel torace. Il drenaggio risulta più semplice se effettuato a livello delle zone declivi. Se il primo tentativo non ha successo, è necessario riposizionare l’ago. Complicazioni della toracentesi possono essere pneumotorace, emotorace o piotorace iatrogeno.

In corso di tromboembolismo acuto la terapia è volta al controllo del dolore e alla riduzione della formazione di ulteriori trombi; pertanto si raccomanda la somministrazione di:

  • farmaci oppioidi come il metadone;
  • clopidogrel associato alla somministrazione di anticoagulanti come eparina non frazionata (250 U/kg q6h) o inibitori del fattore Xa;

Ottenuta la stabilizzazione, si raccomanda la dimissione immediata dei pazienti in modo da ridurre lo stress associato al ricovero.

Nella gestione cronica di gatti con segni di scompenso la terapia è rappresentata da:

  • furosemide (0,5-2 mg/kg PO q8-12h): il dosaggio deve essere modificato in modo da ottenere una frequenza respiratoria a riposo inferiore a 30 atti respiratori/minuto.
  • profilassi per il tromboembolismo mediante somministrazione di clopidogrel, eventualmente associato ad anticoagulanti come il rivaroxaban (2,5 mg PO q24h): l’associazione di questi due farmaci è indicata nei pazienti ad alto rischio o che hanno già avuto episodi tromboembolici, in quanto sembra ridurne la ricomparsa.
  • pimobendan (0,625-1,25 mg/gatto q12h PO): il suo utilizzo è dibattuto. Sembra migliorare la funzione sistolica atriale sinistra, con conseguente miglioramento del quadro emodinamico del paziente. Nonostante il suo effetto inotropo positivo sembra essere sicuro anche nei gatti con HCM ostruttiva, senza peggioramento del SAM;
  • ACE-inibitori: non ne è raccomandato l’utilizzo in quanto uno studio recente ha dimostrato come non ritardino lo scompenso cardiaco; tuttavia sono ancora utilizzati da alcuni cardiologi.

Classe D
Nei pazienti refrattari ad alte dosi di furosemide si può considerare la sostituzione con torasemide (0,1 0,2 mg/kg PO q24h). È stato inoltre suggerito che l’introduzione di spironolattone nella terapia della CHF possa ridurre il rischio di mortalità e morbilità, ma sono necessari ulteriori studi a riguardo.
Dopo aver iniziato la terapia diuretica, sono essenziali monitoraggi seriali della funzionalità renale e degli elettroliti. Oltre alla gestione terapeutica domiciliare, per i pazienti che hanno presentato segni di CHF si raccomandano monitoraggi ecocardiografici seriali ogni 2-4 mesi, in base alle frequenze respiratorie a riposo valutate dal proprietario e alla tolleranza del gatto allo stress dovuto all’esecuzione dell’esame.
In medicina umana è stata recentemente approvata dalla FDA una nuova opzione terapeutica per l’HCM ostruttiva. Si tratta di un farmaco inbitore della miosina cardiaca, il mavacamten, che determina la riduzione della contrattilità cardiaca e del SAM. Sebbene sia stata recentemente dimostrata la sua efficacia nel miglioramento della funzione diastolica anche nel gatto, sono necessari ulteriori studi per valutarne gli effetti a lungo termine.

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