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FIV e FeLV: linee guida per l'esecuzione dei test diagnostici

  • Disciplina: Malattie infettive
  • Specie: Gatto

Le infezioni da FeLV (virus delle leucemia felina) e FIV (virus dell’immunodeficienza felina) sono sicuramente le più comuni cause di malattie infettive dei gatti domestici. La sieroprevalenza è molto variabile e dipende dall’età, sesso, stile di vita, condizioni fisiche e localizzazione geografica prese in considerazione.

Il comportamento della FeLV è piuttosto controverso. In passato si considerava che  più di un terzo dei gatti infettati potesse eliminare l’infezione dall’organismo, ma ricerche più recenti suggeriscono che in realtà la maggior parte dei gatti, sebbene non più viremica, possa rimanere infetta tutta la vita. In effetti, anche se molti gatti tendono a diventare sierologicamente negativi dopo un fenomeno iniziale di viremia,  la maggior parte dimostrano la presenza del provirus FeLV  se esaminati alla PCR. Come invece avviene per altre infezioni da lentivirus, l’infezione da  FIV è considerata persistente con rare possibilità di eliminare il virus dall’organismo. La FeLV è trasmessa principalmente dalle femmine infette ai loro cuccioli, ma sono possibili altre forme di trasmissione orizzontale. Dopo l’infezione sono necessarie solitamente circa 4-6 settimane perché si stabilisca una viremia persistente o il virus venga eliminato dell’organismo.

I gatti vengono infettati dal FIV quasi sempre attraverso i morsi; la produzione di anticorpi utili alla diagnosi si verifica nell’arco nei primi due mesi dall’infezione.

La base per la diagnosi clinica di FeLV e FIV è la presenza dell’antigene circolante (FeLV), degli anticorpi (FIV) e degli acidi nucleici (PCR).

Una diagnosi accurata della presenza dell’infezione è importante sia per i gatti infetti che per quelli non–infetti. L’insuccesso o l’errore nella diagnosi dei gatti infetti può portare da una parte alla libera circolazione di soggetti portatori che possono trasmettere il virus, dall’altra alla eutanasia di soggetti sani. La American Association of Feline Practitioners (AAFP), così come la ABCD, hanno quindi redatto delle Linee Guida per aiutare nell’esecuzione ed interpretazione dei test disponibili.

INFEZIONE DA FELV
L'infezione sostenuta da FeLV può essere controllata con l’identificazione e l’isolamento dei gatti persistentemente viremici, principale fonte di diffusione della malattia. Ne consegue l’importanza che assume il raggiungimento di una corretta diagnosi eziologica nell’attuazione di un’adeguata profilassi nei confronti di questa retrovirosi.

La FeLV è caratterizzata da un carico antigenico rilevante; di conseguenza i test che valutano la presenza dell’antigene circolante FeLV p27 sono scarsamente  influenzati da fattori esterni quali la presenza di anticorpi di origine materna.

L’ELISA o l’Immunocromatografia sono i test standard: ricercano l’antigene p27 circolante nel sangue del paziente. Il test è più accurato se eseguito sul siero che sul sangue intero.

Le circostanze che devono indurre il medico veterinario ad eseguire i test per la diagnosi dell'infezione sostenuta da FeLV sono molteplici:

  • ogni volta che ci si trovi di fronte ad un soggetto malato, indipendentemente dall'età, dall'esito negativo dei test eseguiti in precedenza e dalle vaccinazioni effettuate. Si deve, infatti, ricordare che l'infezione sostenuta da FeLV è associata ad una vasta gamma di manifestazioni cliniche;
  • qualora un gatto di cui non si conosca lo status epidemiologico venga introdotto in un ambiente domestico in cui non siano presenti altri felini, si impone comunque l'esecuzione dei test poiché il soggetto, anche se al momento sano, potrebbe manifestare la malattia in tempi successivi. Inoltre, sebbene mantenuto in casa, tale soggetto potenzialmente infetto potrebbe fuggire e rappresentare un rischio di esposizione all'infezione per i suoi simili.

Il controllo periodico, inoltre, viene consigliato per quei soggetti che siano da ritenersi continuamente a rischio di esposizione all'infezione, come i gatti con libero accesso all'ambiente esterno o i soggetti randagi. Nel caso in cui si sospetti un avvenuto contatto con il virus, il mancato riscontro di positività mediante i test comunemente impiegati nella diagnosi delle infezioni da FeLV deve comunque indurre il medico veterinario a riesaminare l'animale a distanza di circa un mese dall'ultima potenziale esposizione all'infezione, poichè durante lo stadio pre-viremico della malattia gli esami potrebbero dare esito negativo

La chiave per un corretto utilizzo dei test disponibili da parte del veterinario pratico è quindi  comprendere come valutare i risultati ottenuti e se e quando è necessario affidarsi a dei test di conferma. 

Un risultato Positivo ad un test ELISA od Immunocromatografico indica una di queste situazioni:

  • gatto persistentemente viremico. Se il gatto non  riesce ad eliminare il virus nell'arco di 12 settimane dal momento dell'infezione, egli rimarrà infetto. Questi gatti sono suscettibili a sviluppare entro alcuni anni una delle patologie FeLV-associate; inoltre sono un rischio per gli altri gatti perchè eliminano il virus nell'ambiente.
  • gatto con viremia transitoria.  In seguito ad una pronta risposta immunitaria il gatto elimina il virus; dopo 4-6 settimane, gatti con viremia transitoria possono divenire FeLV-negativi; di conseguenza, in ogni gatto FeLV-positivo, l’esame andrebbe ripetuto dopo 6-8 settimane. In altre parole, nessun gatto dovrebbe essere soppresso sulla base di una singola positività al test.
  • gatto falso positivo o risultato discordante. Ogni risultato positivo in un gatto sano deve far nascere dei dubbi; in particolare tali attenzioni vanno rivolte a  quei soggetti che vivono in popolazioni feline a bassissimo rischio, quali i gatti di allevamento o quelli che vivono isolati in appartamento. In questi gruppi di gatti il rischio di un esame FALSO POSITIVO  può arrivare al 50%. Quando si sospetta un risultato falso  positivo, il test va ripetuto in un laboratorio commerciale segnalando con quale test si è ottenuto il primo risultato. Se il risultato è confermato si ritiene il soggetto positivo. Se il risultato è discordante si può ricorrere ad altre indagini.
  • Fino al 30% dei gatti risultati positivi all’ELISA può non essere viremico, ma presentare un’infezione locale a livello di ghiandole mammarie o salivari o dei relativi linfonodi regionali. In questi casi è consigliabile sottoporre il soggetto ad un controllo dopo 6-8 settimane con l’ELISA o con l’IFA.

Un risultato Negativo ad un test ELISA od Immunocromatografico può significare:

  • gatto non esposto
  • gatto con infezione precedente, ma eliminata
  • infezione precoce, quindi non ancora evidenziabile
  • infezione latente
  • infezione localizzata
  • falso negativo: come per il punto 3, un test può essere falsamente negativo se il gatto è stato infettato ma non si è ancora sviluppata una viremia evidenziabile dal test. Perchè un test venga positivo solitamente sono necessarie almeno 2-4 settimane dal momento dell'infezione. I soggetti che vivono all’aperto dovrebbero essere isolati almeno 28 giorni prima dell’esecuzione del test, e ricontrollati dopo 90 giorni, dato che alcuni animali impiegano molto più tempo per sviluppare una viremia.

INFEZIONE DA FIV
I test impiegati per diagnosticare l’infezione da FIV sono basati sul rilevamento degli anticorpi prodotti contro il virus in quanto il FIV non produce quantità di particelle virali sufficienti ad essere rilevate nel sangue o in altri fluidi mediante i test immunologici di routine. Lo standard dei test diagnostici utilizza i sistemi ELISA o in Immonocromatografia per evidenziare gli anticorpi circolanti nel siero dei pazienti e vi sono ormai molti differenti prodotti commerciali.

Alcuni kit evidenziano gli anticorpi verso la proteina del core p24 mentre altri ricercano gli anticorpi verso la proteina dell’envelope gp40. I campioni più indicati sono siero o plasma mentre quelli contenenti anticoagulante sono generalmente da evitare perché provocano cambiamenti di colore che aumentano il rischio di risultati falsi-positivi. 

La sieroconversione si realizza  2-4 settimane dopo l’infezione e quindi dopo questo periodo gli anticorpi saranno evidenziabili con i test.  La maggior parte dei kit diagnostici in commercio sono estremamente sensibili: i risultati falsi-negativi sono rari, mentre false positività possono verificarsi in circa un terzo dei gatti se la sieroprevalenza di popolazione è molto bassa. Per questo motivo un soggetto ELISA positivo, specialmente se sano,  andrebbe ritestato con il test western blot.   

Un test Positivo può indicare tre situazioni:

  • gatto persistentemente infetto – gli anticorpi anti-FIV sono associati con l’infezione a vita con questo virus.
  • gattino nato da madre infetta: è bene ricordare che sebbene un soggetto partorito da una femmina positiva sia difficilmente infetto, egli ha sicuramente assorbito tramite il colostro gli anticorpi materni contro il FIV (MDA). Testando questo gattino avremo un risultato falso-positivo poiché i test normalmente utilizzati (ELISA, immunocromatografia) evidenziano gli anticorpi, e gli Ac materni possono perdurare per molti mesi prima di declinare, almeno 4 mesi. Ci vogliono poi altri 2 mesi perché avvenga una sieroconversione se il soggetto è stato infettato.  Su questa base una diagnosi di FIV non può essere effettuata nel gattino, evidenziando gli anticorpi,  prima del compimento dei 6 mesi di età.
  • risultato falso positivo. Nessun test è accurato al 100%, per cui è necessario sempre valutare le caratteristiche cliniche e sociali del soggetto testato. Un esame positivo in un gatto con pocissime possibilità  di essere infetto (gatto di allevamento mai uscito di casa) presenta sino al 50% di possibilità di essere un falso positivo. 

Un test Negativo può indicare una delle tre possibilità:

  • il gatto non è infetto con il  FIV.
  • il gatto è infetto con FIV ma ha anticorpi non evidenziabili al test.
  • il gatto è infetto da FIV ma non produce anticorpi o non li ha ancora prodotti. Ciò si può verificare in pazienti molto ammalati od allo stadio finale dell’infezione, od in gatti in fase acuta di infezione (meno di due mesi post-infezione). In quest’ultimo caso, se è noto il momento dell’evento traumatico (morso), è necessario ritestare il soggetto da 6 a 8 settimane più tardi.

Bibliografia


  1. American Association of Feline Practitioners (AAFP) e Accademy of Feline Medicine (AFM),  200117
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