Hepatozoonosi

Disciplina: Parassitologia
Specie: Cane

L'Hepatozoonosi canina è una malattia trasmessa da zecche causata da Protozoi del genere Apicomplexa. Sono state individuate 2 diverse specie di Hepatozoon, H. canis responsabile della malattia nel “Vecchio mondo” e in Sud America e H. americanum diffuso nel Sud degli Stati Uniti. In Italia la presenza di H. canis è segnalata nelle regioni centro-meridionali (Fig. 1).

A differenza delle altre malattie trasmesse da zecche nelle quali il parassita è inoculato durante il pasto di sangue nella ferita indotta dalla zecca, l’infezione da Hepatozoon consegue all’ingestione da parte del cane della zecca stessa o di una sua parte, contente le oocisti di Hepatozon. Gli sporozoiti rilasciati dalle oocisti attraversano la parete intestinale, colonizzano i monociti e si diffondono nel torrente circolatorio all’interno dei granulociti o per via linfatica.

Una fase merogonica ha luogo nei tessuti del cane seguita da una gametogomia nei leucociti. La zecca che agisce come ospite definitivo, si infetta in seguito all’assunzione di sangue da cani parassitati. I gamonti di Hepatozoon nell’intestino della zecca danno luogo a gametogenesi seguita da fertilizzazione e sporogonia nell’emocele.

Il principale vettore di Hepatozoon è Rhipicephalus sanguineus mentre in alcune regioni degli Stati Uniti anche Amblyomma maculatum può fungere da vettore di H. americanum.  In entrambe le specie di zecche la trasmissione di Hepatozoon avviene per via trans-stadiale da ninfa a zecca. H. canis colpisce prevalentemente il sistema emo-linfatico e gli organi deputati all’ematopoiesi (in particolare midollo osseo, milza e linfonodi). Il suo potere patogeno è limitato ed il suo riscontro è per lo più accidentale. Le forme cliniche conclamate sono spesso riscontrate in associazione ad altre malattie trasmesse da zecche. La gravità dei sintomi sembra essere associata al livello di parassitemia. Una bassa percentuale di granulociti neutrofili colpiti (1-5%) è normalmente riscontrabile nei soggetti asintomatici o pauci-sintomatci. Quando la parasitemia si avvicina al 100 % dei granulociti neutrofili colpiti i segni clinici più frequenti sono febbre, letargia, dimagramento, anemia, leucocitosi ed ipergammaglobulinemia. Talvolta alcuni soggetti possono sviluppare epatite, polmonite e glomerulonefrite. Le forme cliniche più gravi sono quelle che coesistono con altre infezioni quali Parvovirus, Ehrlichia canis e Leishmania infantum o che si manifestano in conseguenza di trattamenti immuno-soppressivi.

Diversamente da H. canis, H. americanum (la cui presenza è stata segnala in Texas dove è stato originariamente isolato, Louisiana, Alabama, Oklahoma, Georgia, Tennessee, e Florida) è responsabile di malattia grave e spesso ad esito infausto. La maggior parte dei cani presentano violente miositi, con febbre, dolore, zoppie, difficoltà alla deambulazione seguite da atrofia muscolare. I reperti ematochimici di più frequente riscontro sono elevata leucocitosi, innalzamento della fosfatasi alcalina ed ipoalbuminemia e, all’esame radiografico, sono spesso rilevabili proliferazioni periostali.

Per H. canis la diagnosi di basa sull’evidenziazione negli strisci di sangue periferico dei gamonti all’interno dei granulociti neutrofili (Figg. 2 e 3) , mentre per H. americanum, in relazione al basso tasso di parassitemia (> 0,1%) è necessaria l’evidenziazione del  parassita tramite biopsia muscolare, all’interno di formazioni cistiche o granulomi.

Il trattamento di H. canis si basa sulla somministrazione di imidocarb dipropionato  per via sottocutanea o intramuscolare al dosaggio 5-6 mg/kg ogni 14 giorni fino alla scomparsa dei gamonti dal sangue periferico. E’ consigliata la contemporanea somministrazione di doxiciclina per via orale alla dose di 10 mg/kg per i primi 21 giorni. La terapia ha una durata media di 8 settimane.

Per H. Americanum è suggerita la somministrazione contemporanea di trimetoprim/sulfadiazina (15 mg/kg ogni 12 ore), pirimetamina (0,25 mg/kg ogni24 ore) e clindamicina (10 mg/kg ogni 8 ore). La remissione dei segni clinici può essere prolungata dalla somministrazione di decochinato (10-20 mg/kg nel cibo ogni 12 ore). Una terapia antinfiammatoria con FANS o corticosteroidi contribuisce ad alleviare la sintomatologia. Le recidive sono estremamente frequenti.

Un programma di protezione con trattamenti periodici programmati nei confronti delle zecche è l’unica profilassi valida applicabile.


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