Leishmaniosi felina
- Specie: Gatto
La leishmaniosi è una malattia parassitaria che colpisce gli animali domestici e selvatici e anche l’uomo. Questa parassitosi è causata da protozoi appartenenti al genere Leishmania ed è trasmessa da ditteri ematofagi, i flebotomi. Per quanto riguarda gli animali d’affezione Leishmania infantum è l’agente eziologico responsabile della Leishmaniosi canina (CanL) e della Leishmaniosi felina (FeL), il cane è considerato il principale reservoir del parassita; tuttavia, in alcuni contesti anche i gatti infetti o malati possono avere un significato epidemiologico.
La CanL è una patologia zoonosica importante e complessa, le cui trasmissione, patogenesi, manifestazioni cliniche, diagnosi, terapia e prevenzione sono stati oggetto di numerosi studi. Al contrario, il gatto, fino a poco tempo fa erroneamente considerato resistente all’infezione da Leishmania, ha ricevuto poca attenzione. Gli avanzamenti della medicina felina sia l’implementazione di tecniche diagnostiche per la diagnosi di leshmaniosi, come la sierologia e le metodiche molecolari, ha portato negli ultimi decenni a un aumento dei casi documentati di FeL. Attualmente i casi di FeL vengono sempre più frequentemente segnalati in aree endemiche.
EZIOLOGIA ED EPIDEMIOLOGIA
La leishmaniosi è causata da protozoi bifasici, intracellulari obbligati, del genere Leishmania, appartenenti alla famiglia Tripanosomatidae. La patologia nel gatto può potenzialmente essere causata dalle stesse specie di Leishmania che colpiscono il cane e l’uomo all’interno di una determinata area geografica; L. infantum è la specie più frequentemente descritta. Altre specie di Leishmania segnalate nel gatto comprendono: L. mexicana, L. venezuelensis, L. braziliensis, L. amazonensis, L. tropica e L. major.
Attualmente non esistono informazioni specifiche sulla modalità di trasmissione di Leishmani al gatto; tuttavia, appare più che ragionevole, che la trasmissione del parassita avvenga come negli altri ospiti tramite la puntura di un flebotomo infetto.
I flebotomi sono dei piccoli ditteri ematofagi (circa 3 mm di lunghezza, fig.1) che hanno un ruolo determinante nella trasmissione della infezione da Leishmania, in quanto al loro interno avviene la replicazione e lo sviluppo nella forma infettante del parassita. E anche per il gatto, è stato dimostrato che i flebotomi possono infettarsi attraverso un pasto di sangue da un gatto con infezione naturale.
A differenza del cane, che è universalmente riconosciuto come il serbatoio domestico principale di L. infantum, non c’è ancora un consenso sul ruolo epidemiologico del gatto. La specie felina è stata per lungo tempo considerata resistente all’infezione e si riteneva che il gatto non fosse coinvolto nel ciclo di trasmissione di Leishmania. Tuttavia, recenti studi riguardanti la presenza del parassita nel gatto suggeriscono che questo animale possa avere il ruolo di serbatoio domestico aggiuntivo. A supporto di tale ipotesi: (1) è stato dimostrato che i gatti possono costituire una fonte di infezione per i flebotomi, (2) possono sviluppare infezioni croniche da L. infantum in presenza o meno di sintomatologia manifesta; (3) in alcuni scenari epidemiologici la prevalenza dell’infezione nei gatti è superiore a quella del cane. In aggiunta, in alcune aree endemiche, la popolazione felina (compresi i gatti domestici e randagi) può essere numericamente maggiore rispetto a quella dei cani.
Negli ultimi decenni sono stati descritti all’incirca un centinaio di casi di FeL in Europa. Nelle aree endemiche, la prevalenza dell’infezione nel gatto non è di certo trascurabile (maggiore al 25% in alcuni studi); inoltre, casi sporadici di FeL sono stati descritti anche in aree non endemiche, probabilmente come conseguenza del reinserimento o dello spostamento di animali. La FeL è stata documentata su ampia parte del territorio italiano, con prevalenze maggiori nelle regioni meridionali. Pertanto, la FeL dovrebbe sempre essere compresa nel diagnostico differenziale soprattutto in quegli animali a forte rischio di infezione e/o con sintomatologia suggestiva.
PATOGENESI E ASPETTI CLINICI
È ben noto che nel cane la disseminazione del parassita nell’organismo e l’eventuale sviluppo della malattia dipendono dal tipo e dall’efficienza della risposta immunitaria del singolo soggetto. Nel modello canino la resistenza alla malattia sembra essere associata ad una risposta immunitaria prevalentemente di tipo cellulo-mediata (risposta immunitaria Th1), e la suscettibilità alla malattia ad una continua stimolazione antigenica e all’esagerata risposta anticorpale (risposta immunitaria Th2). La leishmaniosi nei gatti sembra coinvolgere principalmente la risposta immunitaria cellulare, con attivazione dei macrofagi per la distruzione delle forme intracellulari (amastigoti). I gatti che manifestano la forma clinica della patologia presentano alti livelli di parassitemia con titoli anticorpali nei confronti di L. infantum variabili. La differente risposta immunitaria che si osserva nei felidi, rispetto alla controparte canina, potrebbe in parte giustificare l'elevato numero di gatti infetti asintomatici e le manifestazioni cliniche variabili della malattia.
I segni clinici maggiormente descritti in corso di FeL includono lesioni cutanee, muco-cutanee e linfoadenomegalia; queste manifestazioni cliniche sono state documentate in più della metà dei casi riportati in letteratura. Alcuni gatti possono mostrare esclusivamente lesioni cutanee in assenza di un coinvolgimento viscerale, in altri i segni dermatologici sono associati ad un coinvolgimento sistemico. Le alterazioni dermatologiche includono noduli e ulcere cutanei e/o muco-cutanei. Le lesioni possono essere locali o generalizzate, simmetriche o asimmetriche e possono, anche se di rado, presentarsi su tutto il corpo. I noduli possono essere di dimensioni variabili e le localizzazioni più comuni comprendono: testa, palpebre, naso, labbra, o parti distali degli arti.
La dermatite ulcerosa può avere la stessa localizzazione dei noduli, o presentarsi in forma diffusa, e può essere aggravata da eventuali infezioni batteriche. La dermatite esfoliativa, che si può osservare nella leishmaniosi canina, è poco comune nel gatto. L’alopecia è rara in corso di FeL e può essere associata ad altre patologie cutanee concomitanti come la demodicosi; allo stesso modo, raramente le alterazioni dermatologiche appaiono pruriginose, per cui il prurito, quando presente, suggerisce di indagare altre cause coesistenti (ad es. dermatite allergica da pulci). Tuttavia, sono stati inoltre descritti diversi casi di infezione da L. infantum in assenza di alterazioni cutanee.
La linfoadenomegalia, se presente, può essere localizzata o generalizzata. Lesioni oculari sono state documentate, approssimativamente, in un terzo dei gatti infetti (fig. 2).
Figura 2: Lesioni oculari in un gatto affetto da FeL.
L’uveite, sia monolaterale che bilaterale, è la lesione oculare più comunemente descritta; blefarite e congiuntivite sono state riportate in un certo numero di casi. Un comune reperto clinico, descritto in circa un quarto dei gatti con leishmaniosi, è rappresentato da lesioni sulla mucosa orale date da stomatite cronica o più raramente da noduli sulla lingua e/o la gengiva (fig. 3).
Figura 3: Gatto affetto da FeL, ben evidenti la dermatite nodulare, delle palpebre, della regione carpale sinistra e la congiuntivite nodulare nell'occhio destro.
In aggiunta, i gatti infetti possono presentare manifestazioni cliniche poco specifiche come perdita di peso, riduzione dell’appetito, disidratazione e letargia; numerosi altri segni clinici sono stati descritti; in Tab 1 sono riportate, in ordine di frequenza, le alterazioni cliniche descritte in corso di FeL. La FeL può presentarsi insieme ad altre malattie concomitanti e/o co-infezioni che possono influire sull’immunocompetenza del gatto. Pertanto, si consiglia di testare per FIV e FeLV i gatti esposti a rischio di contagio e di indagare la presenza di patologie concomitanti che possono influenzare la presentazione clinica e/o la prognosi.
Tab. 1. Manifestazioni cliniche descritte in corso di Leishmaniosi felina.
Modificato da: Pennisi MG, Cardoso L, Baneth G, et al. (2015). LeishVet update and recommendations on feline leishmaniosis. Parasites & vectors, 8(1), 302.
DIAGNOSI
La diagnosi di leishmaniosi felina si basa sulla valutazione di segni clinici e/o alterazioni clinico-patologiche compatibili con la patologia e sui risultati dei test di diagnosi eziologica. Questi ultimi assumono particolare importanza dal momento che nei gatti sono disponibili informazioni limitate sulle alterazioni laboratoristiche in corso di FeL e, in aggiunta, l’infezione decorre spesso in forma asintomatica.
L’alterazione ematologica più frequentemente riportata nei casi clinici descritti è l’anemia normocitica, normocromica, non rigenerativa da lieve a grave. In rari casi è stata descritta anche pancitopenia, da moderata a grave, associata ad aplasia midollare; appare tuttavia difficile differenziare se questa possa essere causata dal parassita stesso o da patologie concomitanti come la FIV. Iperproteinemia, con ipergammaglobulinemia, sono reperti comuni in corso di leishmaniosi sia nel cane che nel gatto; occasionalmente è riportata anche ipoalbuminemia. In alcuni casi sono stati documentati proteinuria e aumento della creatinina sierica, sia al momento della diagnosi di FeL che durante il follow-up. Infine, linfocitosi relativa e aumento dell’attività sierica dell’alanina aminotransferasi (ALT) sono state significativamente associate a siero-reattività̀ nei confronti L. infantum.
La maggior parte delle metodiche di laboratorio per la diagnosi eziologica di L. infantum disponibili per il cane vengono impiegate anche per il gatto. Tali metodiche comprendono test di diagnosi diretta, che permettono l’identificazione del parassita, e indiretta, che permettono di evidenziare gli anticorpi prodotti dall’organismo nei confronti dello stesso. In gatti con segni clinici e/o alterazioni clinico-patologiche indicativi di FeL la diagnosi può essere confermata tramite l’esecuzione di test sierologici; tuttavia, l’attuazione simultanea di metodiche dirette (cito-istologia, PCR) permette di avere ulteriori dati a disposizione e di confermare/escludere la diagnosi di FeL con maggiore certezza.
- Diagnosi Indiretta: l’immunofluorescenza indiretta (IFAT), l’enzyme-linked imunosorbant assay (ELISA), il test di agglutinazione diretta (DAT) e il Western blot (Wb) sono le metodiche che possono essere utilizzate per la ricerca di anticorpi anti-leishmania. Come nel cane, la metodica sierologica più utilizzata è l’IFAT per la quale nel gatto è stato stabilito un valore di diluizione cut-off pari a 1:80, che permette di definire la positività al test. Nel gatto i titoli anticorpali rilevati possono variare da bassi a molto alti. Si rammenta che la FeL non può essere esclusa solo sulla base di un test sierologico negativo; il risultato negativo al test sierologico potrebbe, inoltre, dipendere dal fatto che nella specie felina la risposta immunitaria cellulare sembra essere predominante rispetto alla risposta umorale.
- Diagnosi diretta: L'osservazione diretta del parassita può essere effettuata mediante citologia e/o istopatologia, in particolare da lesioni cutanee, linfonodi o midollo osseo. L’esame citologico permette di evidenziare amastigoti di L. infantum all’interno del citoplasma di macrofagi in campioni biologici di gatti infetti (fig. 5).
Figura 5: Esame citologico, evidente la presenza di amastigoti di L. infantum all’interno del citoplasma di macrofagi.
Tale indagine diagnostica oltre ad essere poco invasiva, permette di ottenere informazioni utili sulla patogenesi di lesioni cutanee sospette e permette di raggiungere la diagnosi di FeL. Alla citologia si può associare la valutazione istologica che permette di evidenziare alterazioni istologiche compatibili con la presenza del parassita; in particolare l’infiammazione granulomatosa solitamente associata a FeL. Quest’ultima metodica risulta particolarmente utile per rilevare eventuali lesioni cutanee causate da patologie concomitanti, come il carcinoma a cellule squamose, il pemfigo foliaceo e il granuloma eosinofilo, descritti in alcuni gatti con FeL. I metodi tradizionali come la citologia e l’istopatologia sono, tuttavia, meno sensibili rispetto alle metodiche molecolari come la PCR (Polymerase Chain Reaction). La PCR permette di identificare o quantificare (RT-PCR) il DNA specifico di L. infantum da campioni biologici. Tuttavia, la rilevazione del DNA di Leishmania non indica necessariamente l'esistenza di un'infezione attiva. Le matrici di prima scelta nel cane sono: linfonodo, midollo osseo, milza, cute e tamponi congiuntivali; nel gatto informazioni riguardo il campione ottimale risultano ancora limitate e le matrici più utilizzate sono costituite da sangue, aspirato linfonodale e tamponi congiuntivali.
Come già sopraindicato, l’infezione da L. infantum, sia nel cane che nel gatto, può svilupparsi e persistere in assenza di evidenti manifestazioni cliniche. Pertanto, sarebbe opportuno testare tramite sierologia e PCR tutti i gatti, così come i cani, che vivono in aree endemiche nelle seguenti specifiche situazioni: donatori di sangue, necessità di terapie immunosoppressive e spostamenti al di fuori di aree endemiche.
TERAPIA
Il trattamento dei gatti con FeL clinica è basato sull’utilizzo empirico e off-label degli stessi farmaci raccomandati per il cane in corso di leishmaniosi. L’approccio più frequentemente adottato prevede la somministrazione orale a lungo termine di allopurinolo (10 mg/kg ogni 12 ore o 20 mg/kg ogni 24 ore P.O., per almeno 6 mesi) come monoterapia o terapia di mantenimento dopo un ciclo di trattamento con antimoniato di meglumina (20-50 mg/kg ogni 24 ore S.C., per 30 giorni). Tuttavia, alcuni effetti avversi sono stati riportati in corso di terapia con allopurinolo, in particolare danno renale acuto, aumento degli enzimi epatici e dermatite pruriginosa. Il domperidone è stato recentemente utilizzato in associazione con allopurinolo e la miltefosina in monoterapia. Nell’utilizzo di quest’ultimo farmaco, occorre tenere in considerazione che tra gli eccipienti contenuti nella formulazione orale della miltefosina autorizzata per il trattamento della leishmaniosi canina è presente il glicole propilenico; quest’ultimo causa la formazione di corpi di Heinz e riduzione dell’emivita dei globuli rossi felini, anche se tale effetto avverso non è stato evidenziato nel caso descritto in letteratura. Al momento, non sono disponibili prove scientifiche che identifichino il miglior trattamento per FeL, ma è disponibile una maggiore esperienza clinica per il trattamento con allopurinolo. La durata del trattamento con allopurinolo deve essere valutata sul singolo caso in base alla risposta clinica ed al monitoraggio parassitologico e sierologico. La possibile comparsa di recidive suggerisce la necessità di accurati monitoraggi anche dopo la fine della terapia anti-Leishmania.
L'aspettativa di vita dei gatti affetti da FeL è generalmente buona (anni dopo la diagnosi) a meno che non si verifichino co-morbidità (infezioni da FIV/FeLV) o complicanze (CKD).
ASPETTI ZOONOSICI E PREVENZIONE
Le strategie di controllo e prevenzione delle punture di flebotomi nel gatto si basano sulle stesse modalità utilizzate nel cane. Ad oggi l’unica strategia di profilassi della CanL prevede l’utilizzo di prodotti a base di piretroidi con effetto repellente (anti-feeding). Ciò nonostante, la maggior parte dei piretroidi utilizzati nel cane sono tossici per il gatto. L’unico prodotto a base di piretroidi registrato per il gatto è un collare a base di flumetrina e imidacloprid; quest’ultimo, in uno studio di campo, è risultato efficace nel ridurre il rischio di infezione da L. infantum nei gatti. Il suo utilizzo è pertanto consigliato nei gatti che vivono o soggiornano in maniera temporanea in aree endemiche. Secondo le attuali conoscenze, lo screening dei donatori di sangue, mediante la rilevazione di anticorpi e la PCR, sono l'unica misura raccomandabile per la prevenzione della trasmissione non-vettoriale ai gatti.
Come già detto in precedenza, il gatto potrebbe costituire un serbatoio domestico di Leishmania. Per cui il ruolo del veterinario nella gestione della FeL risulta di fondamentale importanza al fine di ridurre la trasmissione del parassita all’uomo, in particolare in aree endemiche in cui la percentuale di gatti positivi alla sierologia e/o alla PCR è spesso non trascurabile.
Bibliografia e letture consigliate
Pennisi MG, Cardoso L, Baneth G, et al. (2015). LeishVet update and recommendations on feline leishmaniosis. Parasites & vectors, 8(1), 302.
Pennisi MG, Persichetti MF. (2018). Feline leishmaniosis: Is the cat a small dog? Veterinary Parasitology, 251, 131-137.
Soares CSA, Duarte SC, Sousa SR. (2016). What do we know about feline leishmaniosis? Journal of feline medicine and surgery, 18(6), 435-442.
Pennisi MG, Hartmann K, Lloret A, et al. (2013). Leishmaniosis in cats: ABCD guidelines on prevention and management. Journal of feline medicine and surgery, 15(7), 638-642.
Otranto D, Napoli E, Latrofa MS, et al. (2017). Feline and canine leishmaniosis and other vector-borne diseases in the Aeolian Islands: pathogen and vector circulation in a confined environment. Veterinary parasitology, 236, 144-151.
Persichetti MF, Solano-Gallego L, Vullo A, et al.(2017). Diagnostic performance of ELISA, IFAT and Western blot for the detection of anti-Leishmania infantum antibodies in cats using a Bayesian analysis without a gold standard. Parasites & Vectors, 10(1), 119.
Brianti E, Falsone L, Napoli E, et al. (2017). Prevention of feline leishmaniosis with an imidacloprid 10%/flumethrin 4.5% polymer matrix collar. Parasites & vectors, 10(1), 334.
Napoli, De Benedetto, Fazio et al. (2022). Clinical Case of Feline Leishmaniosis: Therapeutic Approach and Long-Term Follow-Up. Vet Sci. 31;9(8):400.
Abramo, Albanese, Gattuso, et al., (2021). Skin Lesions in Feline Leishmaniosis: A Systematic Review. Pathogens. 10(4):472.
Pereira, Maia (2021). Leishmania infection in cats and feline leishmaniosis: An updated review with a proposal of a diagnosis algorithm and prevention guidelines. Curr Res Parasitol Vector Borne Dis. 1:100035.