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Pancreatite nel gatto

  • Disciplina: Gastroenterologia
  • Specie: Gatto

La ncreatite è un’infiammazione del tessuto pancreatico esocrino di riscontro comune nella clinica del gatto. Uno studio, condotto su 115 gatti sottoposti a necroscopia, ha riportato lesioni infiammatorie croniche nel 66% dei pancreas analizzati, indipendentemente dalla causa di morte. Al contrario, in uno studio precedente era stata segnalata una prevalenza molto più bassa (<1%).
Sebbene attualmente l’istopatologia sia considerata il gold standard diagnostico, essa presenta comunque dei limiti. I dati ottenuti dal solo esame istopatologico potrebbero portare a una sovrastima della prevalenza della malattia clinicamente manifesta. Al contrario, i dati clinici e quelli ricavati dai test diagnostici al momento disponibili potrebbero condurre a una sottostima.
La reale prevalenza della malattia nel gatto è quindi di difficile definizione, benché le più recenti acquisizioni in termini di eziopatogenesi e l’introduzione di nuovi test diagnostici abbiano favorito negli ultimi due decenni diagnosi più frequenti di pancreatite.

Classificazione
In medicina veterinaria non esiste una classificazione standardizzata della pancreatite e attualmente ci si avvale di quella adottata in medicina umana.
La pancreatite si distingue in una forma acuta e in una cronica in base alla presenza (o meno) di alterazioni istopatologiche permanenti come fibrosi e atrofia acinosa. Le differenze tra pancreatite acuta e cronica sono principalmente istopatologiche e pertanto può essere impossibile distinguere clinicamente un’esacerbazione di pancreatite cronica da un episodio di pancreatite acuta.
Sia la pancreatite acuta che quella cronica possono presentarsi con una sintomatologia di entità lieve, moderata o grave, sebbene quest’ultima sia più comune nelle pancreatiti acute. Una pancreatite di entità clinica lieve è associata a poche complicazioni sistemiche, la necrosi pancreatica è minima e generalmente presenta una bassa mortalità. Al contrario, una pancreatite con un quadro clinico grave è caratterizzata da necrosi pancreatica estesa, complicazioni sistemiche e in alcuni casi elevata mortalità.
Tuttavia, è importante considerare che esiste una relazione tra la malattia acuta (reversibile) e la forma cronica (progressiva e irreversibile). Molti animali con pancreatite possono sviluppare la forma cronica in seguito a uno o più episodi di pancreatite acuta, a causa dell’inadeguata risoluzione della malattia acuta e di una predisposizione genetica alla fibrosi.

Eziologia
In medicina veterinaria raramente si riesce a identificare la vera causa della pancreatite nonostante siano noti diversi fattori di rischio e cause scatenanti.
La pancreatite nel gatto non riconosce una predisposizione di sesso, età e razza. Inoltre, non sono state stabilite chiare associazioni con il sovrappeso, l’alimentazione errata/incontrollata e l’esposizione a sostanza farmacologiche.
È stato riconosciuto un ruolo a diversi agenti infettivi che, seppur raramente possono causare pancreatite: tra i parassiti annoveriamo Toxoplasma gondii, Amphimerus pseudofelineus, Eurytrema procyonis, tra i virus Calicivirus, Herpevirus, Parvovirus e Coronavirus.
Un recente studio ha valutato il rischio associato alla manipolazione intraoperatoria del pancreas concludendo che alla chirurgia pancreatica si associa a un basso tasso di complicazioni e mortalità post-operatoria.
Le neoplasie pancreatiche, seppur rare, possono essere associate a pancreatiti.
I traumi dovuti a cadute dall’alto o a incidenti stradali possono causare ischemia pancreatica, riconosciuta come causa di pancreatite.
Nel gatto sono stati riportati due casi di pancreatite dopo l’uso topico di fention (insetticida organotiofosfato).
Nell’uomo è nota anche una pancreatite autoimmune, che non è mai stata descritta nel gatto. Tuttavia, in alcuni gatti con pancreatite cronica, l’esito positivo a un trattamento immunosoppressivo potrebbe suggerire un’eziologia immunomediata.
La pancreatite nei gatti è stata associata a diverse comorbilità, tra cui il diabete mellito, le enteropatie croniche, la lipidosi epatica, colangiti, nefriti e l’anemia emolitica immunomediata.
Nei gatti esistono inoltre diversi studi che associano la pancreatite a patologie infiammatorie del fegato, della cistifellea e dell’intestino tenue. In questi pazienti spesso si usa il termine “triadite” per descrivere la coesistenza di tutte e tre le patologie nello stesso soggetto. Non è chiaro quale patologia si scateni per prima e quale ruolo abbia nella patogenesi delle altre. La prevalenza della triadite varia dal 17 al 39%. L’eziologia, sebbene sia poco conosciuta, sembra essere multifattoriale. L’anatomia specifica del gatto, con il dotto pancreatico che si congiunge al dotto biliare comune prima di confluire nella papilla duodenale, può spiegare l’associazione tra colangite acuta e pancreatite.
Attualmente, in più del 95% dei gatti la pancreatite viene considerata idiopatica, poiché non è possibile stabilirne l’eziologia.

Patogenesi
Un ruolo importante nella patogenesi della pancreatite, sia nell’uomo che nel gatto, è svolto dall’attivazione prematura degli enzimi digestivi pancreatici all’interno delle cellule acinose, alla quale consegue l’attivazione di altri zimogeni e l’autodigestione pancreatica. Tuttavia, diversi meccanismi proteggono il pancreas dall’autodigestione. Innanzi tutto, gli enzimi proteolitici e fosfolipolitici sono sintetizzati e secreti nella forma di zimogeni inattivi, i quali nel pancreas vengono accumulati separatamente dagli enzimi lisosomiali per evitarne l’attivazione prematura. La catena polipeptidica degli zimogeni presenta un terminale denominato peptide di attivazione. In condizioni normali l’attivazione degli zimogeni avviene nel duodeno dove vengono trasportati insieme ai succhi pancreatici. In tale sede vengono in contatto con la enteropeptidasi prodotta dalle cellule del duodeno, che attiva il tripsinogeno in tripsina e che a sua volta scinde il terminale di attivazione dagli zimogeni, e quindi attivandoli. Il pancreas presenta alcuni meccanismi di protezione da una eventuale attivazione casuale degli zimogeni. Se accidentalmente una piccola quantità di tripsinogeno si attivasse nelle cellule acinose del pancreas, la tripsina si idrolizzerebbe da sola prevedendo l’effetto a catena della stimolazione degli zimogeni. Se l’attivazione della tripsina dovesse accidentalmente continuare, un inibitore specifico chiamato PSTI (Pancreatic Secretory Tripsin Inhibitor) la blocca. Nello spazio vascolare sono presenti le macroglobuline α2 che possono captare gli zimogeni attivati e favorirne l’eliminazione attraverso il sistema reticolare, mentre nello spazio extravascolare è presente l’inibitore della proteinasi α1, sebbene la sua attività non sia sufficiente per arrestare autonomamente la reazione a catena. Il danno a carico delle cellule acinose si manifesterà quando i suddetti meccanismi protettivi saranno stati infranti e quindi si assisterà al rilascio di numerosi mediatori dell’infiammazione e di radicali liberi. Tali sostanze hanno un ruolo fondamentale nella progressione della pancreatite, e vengono rilasciate soprattutto dai neutrofili e dai macrofagi e sono costituite da TNF-α (fattore della necrosi tumorale-α), IL-1 (interleuchina -1), IL-2, IL-6, IL-8, IL-10, IFN-α (interferone-α), IFN-β, NO (ossido nitrico), e PAF (fattore di attivazione delle piastrine).
Gli studi degli ultimi tre decenni hanno concluso che l’attivazione del tripsinogeno in tripsina all’interno del pancreas è l’evento iniziale della pancreatite, e quelli che seguono includono afflusso di neutrofili, aumento della permeabilità vascolare e perdita delle barriere paracellulari apicali. Tutti questi eventi peggiorano il danno d’organo, vascolare e sistemico. L’entità dell’infiammazione sistemica in un singolo gatto dipende dal grado di risposte antinfiammatorie compensative presenti. Anche l’ipoperfusione e la trombosi possono fungere da fattori scatenanti per lo sviluppo della necrosi peripancreatica.
Nei modelli sperimentali felini la pancreatite si associa al danno dell’epitelio del dotto pancreatico, indipendentemente dalla presenza di ostruzione duttale.

Segni clinici
I gatti con pancreatite acuta e/o cronica possono presentare letargia, disoressia/anoressia, vomito, perdita di peso, diarrea e dispnea. Alla visita clinica possono presentare disidratazione, ipotermia, ittero, dolore addominale, ipertermia/febbre e organomegalia addominale. Il dolore addominale nei gatti raramente viene osservato, a differenza dell’uomo e del cane in cui esso è considerato un segno caratteristico della malattia. Tuttavia, è probabile che esso nel gatto sia sottostimato a causa della sua difficoltà di interpretazione. Ulteriori segni clinici possono essere causati da malattie concomitanti. Sebbene i segni clinici siano aspecifici, l’intensità della loro manifestazione può aiutarci a stimare la gravità della malattia. Nel gatto, dai soli segni clinici, non è possibile distinguere la pancreatite acuta da quella cronica.

DIAGNOSI
La diagnosi di pancreatite è impegnativa, soprattutto se si tratta di una forma lieve con pochi sintomi clinici e scarse alterazioni clinico-patologiche. Per la diagnosi è necessario studiare insieme i risultati degli esami ematochimici, della diagnostica per immagini e dell’esame istopatologico di un prelievo bioptico.

Esami di laboratorio
Nei gatti che presentano segni aspecifici di malattia è opportuno eseguire un esame emocromocitometrico e un profilo biochimico. Sebbene questi esami non siano specifici per la diagnosi ci permettono di eliminare altre diagnosi differenziali e valutare la presenza di eventuali comorbilità.
I reperti ematologici nei gatti con pancreatite variano. Nei gatti con pancreatite acuta, si può osservare una policitemia relativa in seguito alla disidratazione. Può essere presente un leucogramma infiammatorio, in particolare in corso di pancreatite acuta. Nei casi più gravi, si può osservare una coagulazione intravasale disseminata a cui potrebbe seguire un’ipocoagulabilità con conseguente aumento dei tempi di coagulazione, eventuale concomitanza di trombocitopenia e aumento dei prodotti di degradazione della fibrina e/o dei D-dimeri.
Si possono inoltre riscontare alterazioni dell’esame biochimico. L’attività degli enzimi epatici (alanina aminotransferasi (ALT), aspartato transaminasi (AST)) e la bilirubinemia totale possono essere aumentate a causa di infiammazione concomitante delle vie biliari, ostruzione biliare extraepatica e lipidosi epatica.
Le concentrazioni sieriche di creatinina e urea possono essere aumentate a causa della disidratazione. Nei gatti con pancreatite acuta grave, l’iperazotemia e un basso peso specifico delle urine possono derivare dalla compresenza di un danno renale acuto, secondario a ipossiemia o ipovolemia. In corso di pancreatite acuta necrotizzante e suppurativa si possono osservare ipo- e/o iperglicemia.
In altre specie, la pancreatite è associata a iperlipidemia, derivante da un aumento delle concentrazioni sieriche di trigliceridi e/o di colesterolo. Nei gatti, tuttavia, l’ipertrigliceridemia è rara e non è stata segnalata alcuna associazione con la pancreatite.
Le alterazioni delle concentrazioni sieriche di elettroliti sono variabili, ma ipokaliemia, ipocloremia, iponatriemia e ipocalcemia sono le anomalie più comuni nei gatti con pancreatite acuta grave,

Enzimi pancreatici
Le cellule acinose del pancreas sintetizzano e secernono un’ampia varietà di enzimi digestivi che sono rilasciati nell’intestino tenue attraverso il dotto pancreatico. In condizioni fisiologiche solo una piccola quantità di questi enzimi raggiunge il letto vascolare. Qualora il pancreas subisca un’infiammazione o un danno, i granuli di zimogeno fuoriescono dalle cellule acinose nello spazio interstiziale, raggiungendo in quantità maggiori il letto vascolare.
La misurazione di qualsiasi enzima pancreatico, in teoria, potrebbe essere utilizzata come marker diagnostico di danno pancreatico. Tuttavia, alcuni enzimi vengono eliminati rapidamente dal letto vascolare. Inoltre, la loro sintesi non è garantita dal solo pancreas. Pertanto, un marcatore ideale per la pancreatite sarebbe quello sintetizzato solo dalle cellule acinose e con una lunga emivita plasmatica.

Lipasi
Per la misurazione dell’attività della lipasi sono stati utilizzati diversi metodi. In passato il metodo più comune usava come substrato il 1,2-diglyceride (Lipasi-DiG). In uno studio, che valutava la Lipasi-DiG, nessuno dei 12 gatti con pancreatite acuta grave aveva un’attività della lipasi sierica al di fuori dell’intervallo di riferimento e le attività della lipasi sierica non differivano significativamente tra gatti sani, gatti con pancreatite acuta grave e gatti con malattie extra pancreatiche. Attualmente si usa prevalentemente il metodo biochimico denominato DGGR (estere 1,2-o-dilauril-rac-glicerolo-3-acido glutarico- (6’-metilresorufin)). Sebbene la lipasi DGGR si correli meglio con la sola attività lipasica di origine pancreatica, anche questo metodo non si è dimostrato specifico per la sola lipasi pancreatica. Infatti, diversi studi hanno evidenziato che i test basati sul DGGR non solo misurano la lipasi pancreatica, ma anche la lipasi epatica e lipoproteica, la proteina 2 correlata alla lipasi pancreatica e varie esterasi. Inoltre, in uno studio, dopo la somministrazione di eparina nel gatto e conseguente stimolazione del rilascio di lipasi epatica e lipoproteica, è stato rilevato un aumento dell’attività della lipasi sierica misurata mediante DGGR. Teoricamente, la mancanza di specificità dei test della lipasi basati su DGGR può essere superata modificando i valori di cut-off per la diagnosi di pancreatite, ma ciò provocherebbe una diminuzione della sensibilità.
La lipasi pancreatica si può tuttavia misurare in maniera selettiva mediante un metodo immunologico che si basa sull’utilizzo di un anticorpo specifico per la lipasi pancreatica (SpecPL). Tuttavia, attualmente questa misurazione può risultare problematica (metodica che richiede laboratori altamente specializzati e con elevati costi di gestione). La maggior parte dei dati presenti in letteratura suggerisce che la misurazione della SpecPL è altamente specifica per la diagnosi di pancreatite. Tuttavia, va notato che la sensibilità è maggiore per i casi gravi rispetto ai casi lievi. Uno studio retrospettivo condotto su 275 gatti malati suggerisce che un risultato positivo per SpecPL è indicativo di pancreatite, ma un risultato negativo non può invece escludere la presenza di malattia. Resta da studiare ulteriormente se, come nei cani, anche nel gatto malattie infiammatorie di altri organi (per esempio, enteropatia cronica, peritonite) possano essere associate a infiammazione del pancreas e ad un aumento della concentrazione sierica di SpecPL.
Sono disponibili diversi saggi commerciali per la misurazione della concentrazione della SpecPL. Il test può essere eseguito anche sotto forma di un test rapido semiquantitativo (normale vs. non normale).

Amilasi sierica
Storicamente, l’aumento dell’attività dell’amilasi sierica è stato associato a pancreatite acuta. Tuttavia, a causa della scarsa sensibilità diagnostica e della mancanza di specificità tissutale, l’attività enzimatica dell’amilasi ha un’utilità minima come biomarcatore per la pancreatite nei gatti.

Immunoreattività tripsino-simile (Tripsin-like immunoreactivity, TLI)
Il test della TLI è specie-specifico, misura il tripsinogeno circolante e, quando presente, la tripsina. L’utilità di questo test per la diagnosi di pancreatite è molto limitata in quanto può risultare aumentato per diversi motivi come nel caso di patologie gastroenteriche, anche di carattere neoplastico. La sensibilità nei gatti è del 28-40% mentre nel cane è circa del 36%, ciò limitando notevolmente la sua utilità per la diagnosi di pancreatite.

Radiografia addominale
La sensibilità e la specificità delle radiografie addominali non risultano sufficienti per consentire la diagnosi di pancreatite. Il lobo sinistro del pancreas occasionalmente può essere identificato sulle radiografie ventrodorsali nei gatti con pancreatite. Segni radiografici di pancreatite grave nei gatti possono includere la perdita del dettaglio peritoneale nell’addome craniale, la presenza di epatomegalia, la dislocazione dello stomaco, la dilatazione del piccolo intestino. Tuttavia, nessuno di questi reperti è specifico per la pancreatite. La radiografia non è quindi consigliata per la diagnosi di pancreatite.

Ecografia addominale
L’ecografia addominale dovrebbe essere considerata un esame fondamentale se si sospettasse una pancreatite. Inoltre, questo esame potrebbe rilevare importanti comorbilità a carico dell’intestino, del fegato e della cistifellea. Sebbene sia possibile studiare ecograficamente il pancreas felino (il dotto pancreatico, il mesentere circostante e la vascolarizzazione), ci sono alcune limitazioni, delle quali la principale è l’esperienza dell’operatore. È stato riportato che la sensibilità dell’ecografia per la diagnosi di pancreatite nei gatti varia tra l’11% e il 67%.
I reperti ecografici nella pancreatite acuta nei gatti possono includere ipertrofia del pancreas, iperecogenicità del mesentere circostante e versamento addominale focale. Le caratteristiche ecografiche della pancreatite cronica non sono state ben descritte nei gatti. Tuttavia, è stato riportato che i reperti possono includere ipertrofia del pancreas, dilatazione del dotto biliare e pancreatico, irregolarità del parenchima. A causa della sovrapposizione dei reperti ecografici ottenuti nelle due forme di pancreatite, questa tecnica risulta uno strumento diagnostico scadente per valutare la cronicità della malattia.
L’ecografia è molto utile per evidenziare la presenza di neoformazioni pancreatiche (ascessi, neoplasie), cisti (sterili, ascessi) e per l’esecuzione di agoaspirati ecoguidati da qualsivoglia lesione.
Qualora l’ecografia non evidenziasse segni ascrivibili a pancreatite, quest’ultima non può essere esclusa.

Tomografia computerizzata
In uno studio nel gatto la TAC non ha dato ottimi risultati, dimostrandosi inferiore come tecnica diagnostica se messa a confronto con l’ecografia addominale e la SpecPL per la diagnosi di pancreatite. Quindi la TAC non è indicata come esame di routine nell’iter diagnostico in questione.

Esame citologico
In corso di pancreatite acuta, l’esame citologico della ghiandola rivela una elevata presenza di cellule infiammatorie (neutrofili prevalentemente, e un numero minore di macrofagi). (Fig. 1).

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Figura 1

Citologicamente può essere difficoltoso distinguere una pancreatite acuta con cellule epiteliali displastiche da un carcinoma pancreatico. Tuttavia, la neoplasia pancreatica è rara nei gatti.
Con la pancreatite cronica, gli aspirati pancreatici sono spesso scarsamente cellulari, a causa della presenza di fibrosi. È spesso presente un numero variabile di cellule infiammatorie miste, inclusi linfociti, plasmacellule e occasionali neutrofili.
Sia nella pancreatite acuta sia in quella cronica, l’assenza di cellule infiammatorie non dovrebbe precludere una diagnosi clinica di pancreatite, poiché l’infiltrazione infiammatoria può essere altamente localizzata e quindi eludere l’esame citologico.

Esame istopatologico
L’esame istopatologico è tuttora il gold standard per la diagnosi ante mortem di pancreatite e per differenziare la pancreatite acuta dalla pancreatite cronica. Si tratta però di un esame invasivo e può non rivelare la malattia nel caso in cui venga valutata una sola parte del pancreas. I prelievi bioptici devono essere eseguiti su diverse regioni della ghiandola e naturalmente su lesioni macroscopiche, sebbene queste ultime non siano sempre presenti nei nostri pazienti.La pancreatite acuta si può presentare in una forma necrotizzante, oppure in una forma suppurativa. Sono necessari ulteriori studi per capire se queste due forme siano davvero distinte nel gatto.
Nelle forme croniche si osserva infiammazione linfocitaria o linfoplasmocitaria, fibrosi e atrofia acinare. Lievi alterazioni istologiche devono essere interpretate con cautela poiché non è possibile determinare quali lesioni siano clinicamente rilevanti. Per la raccolta di campioni di biopsia pancreatica nei gatti, è stato dimostrato che le procedure di biopsia chirurgica o laparoscopica hanno un basso rischio di complicanze.

TERAPIA
Quando possibile, deve essere trattata la causa scatenante della pancreatite acuta e/o cronica. Tuttavia, la scelta del protocollo terapeutico è impegnativa, perché la maggior parte dei casi di pancreatite è idiopatica nei gatti. La terapia è prevalentemente di supporto e sintomatica.
Svolgono un ruolo parte importante la gestione delle complicazioni (lipidosi epatica, colestasi, danno renale acuto, coagulazione intravascolare disseminata) e la diagnosi e il trattamento delle comorbidità (diabete mellito, colangite, enteropatia cronica).

Fluidoterapia
Spesso gli animali si presentano disidratati per via del vomito, della diarrea e dell’anoressia. Il primo obiettivo è la stabilizzazione del paziente prima di proseguire con altri esami diagnostici. La reidratazione è fondamentale e viene effettuata mediante fluidoterapia. Il fluido di prima scelta è il Ringer lattato. È importante monitorare i livelli degli elettroliti durante il ricovero e correggere anche eventuali alterazioni elettrolitiche (come l’ipocalcemia) oppure alterazioni dell’equilibrio acido-base. La fluidoterapia deve essere attentamente monitorata per evitare l’iperidratazione.
I gatti che sono ipotensivi nonostante la fluidoterapia possono richiedere un supporto vasopressore. La dopamina è un vasopressore che può anche aumentare il flusso sanguigno pancreatico e diminuire la permeabilità microvascolare. Tuttavia, il suo effetto sulla perfusione pancreatica è transitorio e in alcuni casi può indurre il vomito. La somministrazione di dopamina nei casi di pancreatite acuta entro 12 ore dalla sua insorgenza può prevenire la progressione della malattia, ma la rapidità di intervento rappresenta un limite importante, non facilmente superabile nella pratica quotidiana.
Nei pazienti in cui si rilevassero segni clinici compatibili con coagulazione intravasale disseminata e trombosi, è indicata la trasfusione di plasma fresco congelato. In uno studio la somministrazione di plasma è stata associata ad una maggiore mortalità e non è stato notato nessun beneficio in seguito alla somministrazione. In altri studi, al contrario, la somministrazione del plasma è fortemente consigliata se ritenuta necessaria.

Antiemetici e procinetici
Vomito e nausea sono spesso presenti nei gatti con pancreatite. Gli antiemetici sono importanti per ridurre al minimo le perdite di liquidi ed elettroliti e per ridurre il rischio di rigurgito ed esofagite. Una gestione adeguata della nausea e del vomito consente anche un miglior controllo della disoressia.
L’antiemetico più comunemente usato nei gatti è il maropitant, un antagonista del recettore della neurochinina 1 (NK-1R), che agisce sia a livello centrale sia periferico inibendo il legame della sostanza P con i suddetti recettori situati nel centro del vomito. Il maropitant può avere benefici aggiuntivi, come l’analgesia viscerale e l’attività antinfiammatoria. L’ondansetron è un antagonista dei recettori 5-HT3 della serotonina e agisce inibendo la stimolazione dell’attività vagale. Può anche essere usato come antiemetico primario o in associazione. Poiché il maropitant e gli antagonisti 5-HT3 agiscono con meccanismi diversi, questi farmaci possono essere usati in combinazione.
Nei gatti con un rallentamento della motilità gastrointestinale si deve prendere in considerazione il trattamento con un procinetico come la metoclopramide che, somministrata in infusione a velocità costante, aumenta lo svuotamento gastrico e ne diminuisce l’atonia. Uno studio ha suggerito una controindicazione all’uso di metoclopramide nei gatti con pancreatite, a causa dell’antagonismo della dopamina, ma nessuno studio clinico ha confermato tale controindicazione.

Oressici
La maggior parte dei gatti con pancreatite acuta sono inappetenti. Con la pancreatite da lieve a moderata, gli stimolanti dell’appetito spesso sono un modo efficace per ripristinare l’assunzione volontaria di cibo. La mirtazapina è il farmaco oressico maggiormente utilizzato. Un ulteriore vantaggio della mirtazapina può essere la sua attività antiemetica. La mirtazapina unguento transdermico può essere utilizzata nei gatti e generalmente è ben tollerata ed efficace. Tuttavia, può avere effetti avversi, che si manifestano prevalentemente ai dosaggi più elevati; tra di essi si annoverano vocalizzazione, agitazione, vomito, andatura anormale o atassia, tremori, ipersalivazione, tachipnea, tachicardia, letargia.

Supporto nutrizionale
Alcuni studi indicano che tanto in medicina umana quanto in medicina in veterinaria il supporto nutrizionale precoce può produrre numerosi benefici per i pazienti. I gatti con pancreatite acuta da lieve a moderata spesso ricominciano ad alimentarsi autonomamente dopo un adeguato trattamento della nausea e del vomito. I casi gravi richiedono spesso l’alimentazione per via enterale. Il posizionamento di un sondino alimentare è indicato per i gatti che non rispondono agli stimolanti dell’appetito entro 48 ore o per i pazienti la cui anamnesi registra una condizione di anoressia di più lunga durata.
Ci sono diverse strategie per alimentare un paziente attraverso sondino alimentare. I sondini nasoesofagei o esofagostomici sono i più comunemente utilizzati nei gatti con pancreatite acuta. I sondini nasogastrici sono facilmente posizionabili senza la necessità di un’anestesia generale. Rappresentano una buona scelta per il supporto nutrizionale a breve termine in gatti ospedalizzati. Il posizionamento dei sondini esofagostomici richiede una anestesia generale ma sono un’opzione eccellente quando è prevista la nutrizione parenterale a lungo termine (Fig. 2).

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Figura 2

Per i pazienti con vomito incoercibile bisogna evitare l’alimentazione enterale, optando per quella parenterale. La sopravvivenza dei gatti alimentati solamente per via parenterale è inferiore rispetto a quella dei pazienti che ricevono la nutrizione enterale. Le esigenze dietetiche dei gatti con pancreatite acuta non sono state definite. Si raccomandano diete altamente digeribili, spesso etichettate come “diete gastrointestinali”.
Nei gatti con pancreatite cronica sarebbero da evitare diete con elevato tenore lipidico, sebbene non ci siano studi sufficienti per poter affermare che i grassi alimentari siano dannosi nei gatti con pancreatite cronica. In questi pazienti bisogna impostare una dieta atta a gestire la presenza di malattie sottostanti o concomitanti.

Gestione del dolore
Sebbene il dolore addominale sia riportato meno frequentemente nei gatti con pancreatite acuta rispetto all’uomo o al cane, probabilmente esso è sottovalutato. Nei gatti con pancreatite acuta gli oppioidi rappresentano gli analgesici di prima linea. La buprenorfina è adeguata alla maggior parte dei gatti, mentre il metadone o il fentanil sono buone scelte analgesiche per i gatti con dolore più intenso.
Per la gestione del dolore in pazienti non ospedalizzati si può utilizzare la buprenorfina per via orale. Per il trattamento della pancreatite cronica possono essere somministrati gabapentin e/o tramadolo per via orale.
In medicina umana si usa spesso la supplementazione del paziente con enzimi pancreatici perché da alcuni studi sembra che possano ridurre la sensibilità al dolore della pancreatite, sebbene studi di metanalisi non siano riusciti a dimostrare la loro efficacia. Nei piccoli animali non ci sono studi a riguardo di questo effetto e la loro somministrazione non è raccomandata a meno che non sia presente un’insufficienza pancreatica esocrina.

Terapia antibatterica
Nella pancreatite dei piccoli animali le complicazioni batteriche non sono frequenti (a differenza dei pazienti umani). Le segnalazioni di complicazioni batteriche, come l’ascesso pancreatico, sono rare. Gli antibiotici ad ampio spettro devono essere riservati ai gatti con pancreatite acuta in cui si sospetta o è confermata un’infezione pancreatica (per esempio, ascesso pancreatico, tessuto necrotico infetto, segni di sepsi all’esame emocromocitometrico).
L’infezione batterica non è implicata nella pancreatite cronica e gli antimicrobici non sono indicati a meno che non siano necessari per il trattamento di condizioni concomitanti o complicazioni infettive.

Terapia antiinfiammatoria e immunosoppressiva
L’uso di corticosteroidei in corso di pancreatite è controverso. Nessuno studio ne ha valutato l’efficacia nei gatti con pancreatite acuta, e quindi non ci sono prove sufficienti per raccomandarne l’impiego. Essi comunque possono essere usati nel trattamento di alcuni disturbi concomitanti, tra cui l’enteropatia cronica e la colangite sterile. In corso di pancreatite cronica l’infiammazione e la successiva fibrosi sono aspetti patologici importanti che possono portare a successive carenze delle funzioni esocrine o endocrine del pancreas. Il prednisolone è il farmaco antinfiammatorio e immunosoppressore di comune impiego, potenzialmente antifibrotico e con effetti avversi minimi nei gatti se usato a basse dosi. L’effetto avverso più rilevante è l’aumento della resistenza periferica all’insulina con il conseguente rischio di diabete mellito.
Se si sviluppasse iperglicemia (o se fosse pregressa), si raccomanda l’uso della ciclosporina (in alternativa ai corticosteroidi) con un attento monitoraggio.

Altre terapie
Oltre alle cure di supporto e sintomatiche, i gatti con pancreatite grave e complicazioni e/o disturbi concomitanti richiedono cure intensive. Gli indicatori di pancreatite grave includono una marcata disidratazione (cioè 8-10%), segni clinici persistenti nonostante la gestione medica, ipotensione, ipoglicemia, ipocalcemia (calcio sierico ionizzato) o una combinazione di essi. Tra le complicazioni gravi si annoverano sindrome da risposta infiammatoria sistemica, shock cardiovascolare, coagulazione intravascolare disseminata, tromboembolismo polmonare o insufficienza multiorgano.
Nei gatti si consiglia la somministrazione per via parenterale di vitamina B12 (cobalamina) nei casi di carenza, che risulta benefica per il paziente.
Il trattamento della pancreatite è prevalentemente medico ma l’intervento chirurgico può essere indicato nel caso di ascessi pancreatici, neoplasie, cisti, oppure ostruzione del dotto biliare.

COMPLICAZIONI
L’infiammazione pancreatica si può estendere dal pancreas esocrino al pancreas endocrino con progressiva distruzione delle isole di Langerhans e delle cellule β; a tale processo conseguirà il diabete mellito. In uno studio l’evidenza istologica di pancreatite è stata riportata nel 28% dei cani con diabete. In un altro studio, circa il 51% dei casi aveva evidenza istologica di pancreatite cronica.
L’infiammazione cronica del pancreas può provocare insufficienza pancreatica esocrina (EPI) nel gatto
Negli animali che soffrono di pancreatite possono essere riscontrate altre complicazioni come formazione di ascessi, cisti e masse necrotiche. In medicina umana è stata ipotizzata una relazione tra infiammazione cronica e sviluppo di neoplasia pancreatica, ma nei nostri pazienti tale relazione non è al momento provata.

PROGNOSI
La prognosi della pancreatite è molto variabile. Nel caso di pancreatite lieve e senza ulteriori complicazioni, la prognosi è buona. Nel corso di patologia grave, essa può portare a disfunzione multiorgano e morte. Il tasso di mortalità nei gatti con pancreatite acuta varia dal 9 al 41%.

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