Il microbiota batterico gastrointestinale rappresenta un ecosistema molto complesso di cui fanno parte numerosissime specie batteriche, alcune benefiche ed altre potenzialmente nocive, la cui attività esercita una importante influenza sulla funzionalità dell’apparato digerente e, più in generale, su benessere e salute dell’ospite (Roberfroid et al., 1995).
La possibilità di modulare composizione e metabolismo del microbiota rappresenta già oggi uno strumento di prevenzione e cura di alcune patologie, ma tutto lascia presumere che le interazioni che hanno luogo tra il microbiota intestinale e l’ospite siano molto più complesse di quanto si possa immaginare.
La composizione ed il metabolismo del microbiota batterico intestinale è influenzato in primo luogo dalla dieta (Grzeskowiak et al., 2015) e, in particolare, dalle sue componenti indigeribili, o scarsamente digeribili, che restano a disposizione dei microrganismi che vivono nell’ileo e nell’intestino crasso, ovvero nei segmenti intestinali dove si trovano le concentrazioni batteriche più elevate. Tra le componenti della dieta capaci di influenzare positivamente il microbiota intestinale dell’uomo e degli animali domestici vi sono alcuni particolari supplementi nutrizionali, tra i quali, in primo luogo, i microrganismi probiotici e le molecole ad azione prebiotica (l’associazione di un probiotico con un prebiotico costituisce un cosiddetto simbiotico).
Principali effetti del microbiota intestinale sulla salute dell’ospite
I principali effetti positivi che derivano dalla presenza nell’intestino dell’ospite di un microbiota stabile e ricco di specie batteriche benefiche possono essere così riassunti:
- azione detossificante nei confronti di tossine assunte con la dieta o prodotte in sede gastrointestinale (Tomomatsu, 1994);
- effetto barriera nei confronti di batteri patogeni, la cui proliferazione viene impedita attraverso fenomeni di competizione (per i siti di adesione alla mucosa e per la disponibilità di nutrienti) e produzione di specifiche batteriocine (Liévin-Le Moal e Servin, 2006);
- utilizzazione dell’ammoniaca presente in intestino per la sintesi di proteine batteriche, con conseguente ridotto assorbimento di ammoniaca da parte dell’ospite (Howard et al., 2000);
- modulazione del sistema immunitario dell’ospite (Round e Mazmanian, 2009);
- produzione di vitamine (LeBlanc et al., 2012);
- produzione di acidi grassi a corta catena che sono impiegati dall’ospite come fonte di energia (Stevens e Hume, 1998) e contribuiscono ad abbassare il pH dell’ambiente intestinale, rendendolo
Esistono però anche situazioni nelle quali una particolare composizione del microbiota intestinale viene associata a patologie, quali, in medicina umana, morbo di Crohn, colite ulcerativa e sindrome del colon irritabile (Nobaek et al., 2000; Seksik et al., 2003; Sokol et al., 2006). Nel cane, il coinvolgimento del microbiota intestinale è sospettato in diverse forme di IBD (Suchodolski et al., 2012).
PROBIOTICI
I probiotici sono stati definiti come supplementi alimentari costituiti da microrganismi vivi che hanno un effetto benefico sull’ospite attraverso il miglioramento della composizione del suo microbiota intestinale (Fuller, 1989).
In Europa, il Regolamento EU 1831/2003 classifica i probiotici come additivi zootecnici ed essi possono essere commercializzati solo dopo specifica autorizzazione. Vista l’esiguità di ceppi probiotici specificamente autorizzati per l’impiego nel cane e nel gatto (nel corso degli ultimi anni, in Europa, sono stati autorizzati per cani e gatti soltanto un ceppo di Enterococcus faecium ed uno di Lactobacillus acidophilus), il medico veterinario deve spesso ricorrere a prodotti destinati all’uomo (in genere, a base di batteri lattici e bifidobatteri, spore di Bacillus spp., e lieviti come, ad esempio, Saccharomyces boulardii e S. cerevisiae).
L’impiego di specifici ceppi di Lactobacillus spp. nel cane può essere di aiuto nel trattamento della diarrea dieto-responsiva (Sauter et al., 2006; Pascher et al., 2008) ed è stato osservato che l’impiego di batteri lattici, bifidobatteri e ceppi di Bacillus spp. possono migliorare il quadro clinico di cani affetti da enterite acuta (Kelley et al., 2009; Herstad et al., 2010) e da IBD (Rossi et al., 2014). Inoltre, a conferma del potenziale immunomodulante di alcuni microrganismi probiotici, è stato visto che la somministrazione del ceppo probiotico Enterococcus faecium SF68 a cani in accrescimento può aumentare la concentrazione di igA intestinali e migliorare la risposta anticorpale alle vaccinazioni (Benyacoub et al., 2003). L’impiego dello stesso ceppo di Enterococcus faecium SF68 potrebbe servire a ridurre l’incidenza di episodi diarroici nei gatti (Bybee et al., 2011).
Più in generale, l’impiego di ceppi probiotici può migliorare la composizione del microbiota intestinale di cani (Baillon et al., 2004; Biagi et al., 2007) e gatti adulti sani (Biagi et al., 2013) determinando un aumento delle concentrazioni di specie batteriche benefiche a discapito di quelle indesiderate.
Infine, si ricorda che nell’uomo e negli animali da laboratorio è stato osservato come alcuni ceppi probiotici possiedano proprietà anticancerogene (Donaldson, 2004) e persino la capacità di prevenire alcune forme di allergie alimentari (Del Giudice et al., 2010) ma, ad oggi, non esistono evidenze di questi effetti nel cane e nel gatto. I principali effetti dei microrganismi probiotici in un animale monogastrico sono schematizzati in Figura 1.
PREBIOTICI
I prebiotici sono stati definiti come ingredienti fermentescibili, ad opera di specifici microrganismi, capaci di indurre modifiche della composizione e della attività del microbiota gastrointestinale, così da conferire benefici al benessere e alla salute dell’ospite (Roberfroid, 2007). I prebiotici devono essere necessariamente ingredienti resistenti alla digestione che raggiungono l’intestino crasso dove possono esplicare la propria azione, stimolando la crescita ed il metabolismo di microrganismi benefici per i quali rappresentano una fonte di energia.
I prebiotici più spesso utilizzati sono oligosaccaridi, come ad esempio i frutto-oligosaccaridi (FOS; ottenuti mediante idrolisi di inulina estratta da materie prime vegetali quali cicoria, banana, carciofo e cereali), l’inulina stessa, i galatto-oligosaccaridi (GOS; in natura si trovano nel latte) e alcuni disaccaridi indigeribili, come lattitolo e lattulosio. Esistono, inoltre, alimenti naturalmente ricchi di fibre solubili ad azione prebiotica come, ad esempio, molti legumi, orzo e avena, le polpe di barbabietola, gli asparagi, i kiwi e le banane, così come molti altri tipi di ortaggi e frutta.
Esistono diversi studi che dimostrano come l’aggiunta di sostanze prebiotiche alla dieta di cani e gatti possa modificare positivamente composizione e metabolismo del loro microbiota intestinale sebbene questi effetti benefici non siano sempre evidenti (Strickling et al., 2000; Swanson et al., 2002; Flickinger et al., 2003; Barry et al., 2009; Biagi et al., 2010; Kanakupt et al., 2011). I principali effetti dei prebiotici in un animale monogastrico sono schematizzati in Figura 2.
Purtroppo, al momento, gli studi, condotti con cani e gatti, inerenti l’impiego di molecole prebiotiche nella pratica clinica sono pochissimi. Esiste però evidenza del fatto che l’impiego di inulina possa migliorare il quadro clinico di cuccioli di cane infettati con Salmonella typhimurium (Apanavicius et al., 2007).
Un altro aspetto molto interessante legato all’impiego di principi prebiotici negli animali monogastrici consiste nella possibile riduzione della produzione di ammoniaca in intestino; questo fenomeno, osservato anche nel cane (Flickinger et al., 2003; Biagi et al., 2010), è di grandissimo interesse nella gestione di quelle problematiche renali ed epatiche che comportano una ridotta capacità del paziente di gestire l’ammoniaca presente in circolo.
La fermentazione di molecole prebiotiche ad opera dei batteri intestinali porta anche nel cane alla produzione di acidi grassi a corta catena (acetato, propionato, lattato e butirrato; Flickinger et al., 2003; Propst et al., 2003; Beloshapka et al., 2012), tra i quali il butirrato è particolarmente interessante in quanto dotato di forte effetto trofico (Chapman et al., 1995) e anticancerogenico (Velazquez et al., 1996) sull’epitelio di ileo e intestino crasso.
E’ noto dalla medicina umana come i prebiotici, se assunti in quantità elevate, possano avere un effetto lassativo, tanto è vero che alcuni di essi (lattitolo e lattulosio, ad esempio) vengono proposti come blandi lassativi (Cummings e Macfarlane, 2002). In realtà, l’effetto lassativo è legato alla dose di prebiotico e la maggior parte dei cani tollera concentrazioni di prebiotici fino al 2% della sostanza secca della dieta, senza che compaia alcuna alterazione della consistenza delle feci (Pinna e Biagi, 2014).
A proposito dei possibili effetti di modulazione del sistema immunitario da parte di molecole ad azione prebiotica, benché ciò sia stato osservato in alcune specie animali (Lomax e Calder, 2009), ben poco è conosciuto oggi su questo possibile effetto nel cane e nel gatto.
SIMBIOTICI
I simbiotici consistono nella associazione di uno o più ceppi probiotici con molecole ad azione prebiotica (Schrezenmeir and De Vrese, 2001), scegliendo le molecole prebiotiche tra quelle che i ceppi probiotici sono in grado di fermentare più rapidamente.
Anche nel cane, esiste evidenza del fatto che l’associazione di probiotici e prebiotici possa essere più efficace della somministrazione di una sola delle due componenti (Swanson et al., 2002; Tzortzis et al., 2004; Ogué-Bon et al., 2011) nella modulazione del microbiota intestinale.
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