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Tumori mammari del cane

  • Disciplina: Oncologia
  • Specie: Cane

Le neoplasie della mammella rappresentano il tumore più diffuso nel cane femmina, soprattutto in Europa e nei Paesi in cui la sterilizzazione precoce non è routinariamente praticata. I dati del registro tumori svedese, ad esempio, riportano che l’incidenza dei tumori mammari (TM) maligni nel cane femmina è del 53,3%. Essendo legati alla ghiandola mammaria, il loro sviluppo è possibile anche nel maschio, per il quale però l’incidenza è di circa l’1% e nel quale sono tendenzialmente benigni38. Nella femmina, invece, circa il 50% è maligno e di questo circa il 50% è in grado di recidivare dopo asportazione chirurgica e di dare metastasi, prevalentemente polmonari e linfonodali. L’età media di insorgenza è di 10-11 anni, mentre è raro riscontrare TM maligni in soggetti al di sotto dei 4-5 anni di età.  Un discorso a parte va fatto per il carcinoma infiammatorio, una forma altamente maligna, fortunatamente non molto frequente. Per determinate caratteristiche molecolari e per il comportamento di alcune forme (es. il carcinoma infiammatorio), il tumore mammario del cane è considerato un buon modello per lo studio dell’analoga patologia nell’uomo. Date le differenze di specie, il tumore mammario del gatto verrà trattato separatamente.

AnchorEZIOLOGIA E PATOGENESI
Benché si tratti di una forma neoplastica riscontrabile in cani di qualsiasi razza, sembra esserci una predisposizione per Barboncino, Spaniel, Bassotto, Yorkshire terrier, Pastore tedesco e Setter inglese. In generale i soggetti di piccola taglia hanno un’incidenza del 50% più bassa di TM maligni rispetto ai cani di taglia grande15.

L’eziologia, come spesso accade, è multifattoriale, ma è ormai accertato che l’influenza ormonale giochi un ruolo importante nella patogenesi di questi tumori. In uno studio prospettico22 è stato infatti osservato che il 100% del tessuto mammario normale o displasico e il 95% di quello affetto da forme neoplastiche benigne è positivo per i recettori degli estrogeni (ER), mentre la loro espressione nei carcinomi più invasivi è significativamente più bassa. L’espressione dei recettori per il progesterone (PR) è invece significativamente più bassa rispetto al tessuto mammario normale sia nelle forme benigne sia in quelle maligne. Un altro studio33 ha rilevato la negatività sia ai ER sia ai PR nelle metastasi; questo potrebbe essere spiegato come perdita della positività per i recettori degli ormoni steroidei con l’aumentare dell’aggressività del tumore. La durata dell’esposizione della ghiandola mammaria agli estrogeni condiziona quindi la possibilità di sviluppare forme mammarie maligne, per questo la sterilizzazione precoce ha effetti positivi40. Anche il progesterone, mediante la sua azione stimolante sull’ormone della crescita (GH) e, indirettamente, sul fattore insulino-simile (IGF-1) contribuisce allo sviluppo tumorale. Un ormone la cui espressione invece pare essere legata ad una maggiore aggressività è la prolattina, i cui livelli sono risultati più elevati nel siero e nel tessuto mammario di soggetti affetti da tumori maligni.

Oltre all’influenza ormonale, lo sviluppo di TM è legata anche all’espressione di alcuni geni, come avviene per la donna (Tab. 1). Le nuove tecniche di indagine biomolecolare hanno permesso, anche in veterinaria, di indagare più agevolmente la presenza e l’espressione di molecole legate alla patogenesi tumorale, portando negli ultimi anni al fiorire della letteratura in questo campo. Una trattazione approfondita su tali argomenti esula dalle competenze dell’autore, che si limita qui ad un breve excursus sui principali fattori studiati. Tra questi i più indagati sono c-erbB-2 (c-neu), p53, BRCA1 e 2. Il primo, che nella donna viene valutato mediante l’Hercept Test, ormai entrato nella routine e alla base della terapia antineoplastica umana, è stato recentemente riscontrato mediante lo stesso test anche nel 34,5% dei TM maligni del cane8, ma la tecnica richiede di essere ulteriormente testata prima di poter essere introdotta nella pratica veterinaria. Mutazioni del gene onco-soppressore p53 sono state riscontrate in una piccola percentuale di TM maligni canini12, così come alterazioni di un altro gene onco-soppressore, BRCA1, responsabile di alcune forme ereditarie maligne dell’uomo, ma anche in questo caso ancora non è noto il ruolo reale di tali geni nella patogenesi del TM canino17, 18, 51, 37.

E’ stata valutata anche l’espressione dei COX-2 e ne è stata riscontrata la positività sia nelle forme benigne sia in quelle maligne; inoltre è stata dimostrata l’associazione tra grado di espressione della cicloossigenasi e sottotipo istologico del tumore7,13,34. Anche la correlazione tra espressione di COX-2 e VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor, responsabile dell’angiogenesi in molti tumori) è stata recentemente dimostrata come importante fattore nello sviluppo di neoplasie mammarie maligne metastatiche36,35,39. Infine è stata valutata l’espressione di c-Kit, un oncogene al centro dell’attenzione in medicina veterinaria, e, sebbene i risultati debbano essere ulteriormente accreditati, sembra esservi la possibilità che l’espressione di tale gene possa essere utilizzata come marker per discriminare tra forme maligne e benigne di TM canino19.

Tra i vari fattori in grado di indurre il cancro alla mammella, nell’uomo è stata proposta anche l’azione del Mouse Mammary Tumor Virus (MMTV) o sue varianti, riscontrato sporadicamente nel tumore alla mammella in questa specie. Si ipotizza che lo stesso virus o suoi analoghi siamo responsabili di una parte dei TM anche nel cane, sebbene vi siano pareri contrastanti tra gli autori20,14.Anchor

Effetto

ERBB2

Perdita di espressione associata a prognosi infausta se associata a negatività per ER

p53

Mutazioni in una piccola percentuale di TM maligni

p21

Overespresso nei carcinomi metastatici

PTEN

Perdita di espressione associata a breve sopravvivenza

HSP70 e HSP90

Espressione aumentata nei tumori metastatici e nelle metastasi

BRCA-1 e 2

In corso di valutazione

CD44

Diminuita espressione correlata a aumento dimensioni del tumore, crescita infiltrativa, invasione vascolare

COX-2

Aumento di espressione correlato a malignità del tumore

VEGF

Livelli più elevati di espressione nel carcinoma infiammatorio

c-kit

Maggior espressione nelle forme maligne

Tabella 1. Schema riassuntivo del comportamento clinico in caso di tumore mammario di cane.

Secondo alcuni autori altri fattori di rischio sono rappresentati dall’obesità a un anno di età30 e dalla dieta ricca in grassi e carne rossa; ne è la prova il fatto che i tumori mammari sono molto poco frequenti negli erbivori26. Recentemente è stata proposta anche la contaminazione ambientale da piretroidi tra le cause di TM maligno. Tali sostanze sono infatti state riscontrate nel tessuto adiposo peritumorale di cani affetti da carcinoma mammario1.

AnchorBIOLOGIA


Nel cane i TM colpiscono di preferenza la 4° e la 5° mammella e in circa il 50% si osserva la contemporanea presenza di più noduli di diverse dimensioni su ghiandole anche non contigue. È importante ricordare che i tumori multipli sono spesso di istotitpo differente; per questo motivo è importante eseguire l’esame istologico su tutto il tessuto asportato. Circa il 50% di questi risulterà benigno, ma anche parte del restante 50% potrebbe avere un comportamento clinicamente benevolo. La maggior parte dei TM origina dalla componente epiteliale della ghiandola, dando origine a adenomi e adenocarcinomi; solo una piccola parte origina invece dalla componente connettivale o mioepiteliale, ma in questi casi la malignità è spesso elevata. Esistono anche forme miste, dette carcinosarcoma o tumore misto maligno, caratterizzate dalla presenza di cellule maligne di entrambe le linee e dalla prognosi infausta.

Le metastasi avvengono sia per via ematica sia linfatica e le sedi più frequenti sono rappresentate, in ordine decrescente di frequenza, da polmone, linfonodi regionali, fegato, rene, osso (Figg. 1a, b e c), altre sedi.

Da un punto di vista istologico, a differenza della donna, i sottotipi sono molti e molti sono stati i tentativi di classificazione. La più utilizzata attualmente è quella proposta alla World Health Organization (WHO) da Misdorp nel 199924 (Tab. 2). In generale, la malignità aumenta dal carcinoma in situ, una forma maligna che non ha ancora invaso la membrana basale, a quello tubulare semplice (il più frequente), solido (meno differenziato), ai sarcomi (che probabilmente originano dalla trasformazione maligna del tumore misto benigno). L’osteosarcoma è il TM mesenchimale più frequente e il suo comportamento è paragonabile a quello dell’osteosarcoma appendicolare.

  • Benigni                        
    •        Adenoma (5%)
      •  Semplice
      •  Complesso
      •  Basaloide
    •         Fibroadenoma (45,5%)
      •   A bassa cellularità
      •   Ad elevata cellularità
    •         Tumore misto benigno (con componente mesenchimale)
    •         Papilloma duttale
      •  Semplice
      •  Complesso
  •  Maligni
    •        Carcinoma in situ
    •        Carcinoma complesso (epitelio + mioepitelio)
    •        Carcinoma semplice
      •  Tubulopapillare
      •   Solido
      •   Anaplastico
    •        Tipi speciali di carcinoma
      •  A cellule fusate (mioepitelioma maligno)
      •  Squamoso
      •  Mucinoso
      •  Ricco in lipidi
    •    Sarcoma (3%)
      • Fibrosarcoma
      • Osteosarcoma
      • Altri
    •        Carcinosarcoma (t. misto maligno)
    •        Carcinoma o sarcoma in t. benigno

 Tabella 2. Classificazione istologica dei TM canini (Misdorp W. et al., 1999)

AnchorDIAGNOSI
La presentazione clinica dei cani affetti da tumori mammari è variabile e dipendente dall’attenzione dei proprietari. Poiché la maggior parte è asintomatica, piccoli noduli possono passare a lungo inosservati o addirittura essere un reperto casuale durante la visita clinica per altri motivi. Molto importante è la raccolta dell’anamnesi, dal momento che lo stato ormonale può indirizzare il sospetto diagnostico. Soggetti che soffrono di gravidanze immaginarie sviluppano spesso piccoli noduli benigni multipli, generalmente miliari, mobili, non dolenti e non ulcerati, che tendono ad aumentare di volume durante il calore e nei due mesi successivi, mentre le forme maligne appaiono ulcerate già nelle fasi iniziali (Figg. 2a, b e c), sono poco definite, infiammate e hanno crescita rapida e indipendente dallo stato ormonale. Una femmina ovariectomizzata deve pertanto sempre essere valutata criticamente, dal momento che la possibilità di trovarsi di fronte ad una lesione maligna è decisamente più probabile.

Assai raramente, comunque, sono già evidenti metastasi polmonari al momento della diagnosi (Figg. 3a e b).

Noduli mammari multipli (Figg. 4a e b) si riscontrano in circa il 60% dei casi, ma questo non rappresenta un fattore prognostico negativo.

Dopo l’esame clinico, la diagnosi e la stadiazione si completano con l’esame emato-chimico completo per valutare le condizioni generali dell’animale, e che deve prevedere anche un profilo coagulativo in caso di sospetto carcinoma infiammatorio, spesso associato a coagulazione intravasale disseminata. In rari casi nei cani affetti da carcinoma mammario è possibile osservare ipercalcemia, per la produzione di sostanze paratormono-simili o per l’aumento del riassorbimento del calcio da metastasi ossee.

L’esame radiografico del torace, almeno nelle due proiezioni latero-laterali, e quello ecografico dell’addome per la valutazione dei linfonodi iliaci e sottolombari (talvolta palpabili anche per via trans-rettale se aumentati di volume) sono necessari per l’esclusione di eventuali metastasi. Recentemente la valutazione del torace mediante TC ha dimostrato che la sua esecuzione di routine permette di evidenziare precocemente metastasi polmonari altrimenti non visibili (Fig. 5) ed è pertanto consigliata27.

L’esame citologico per agoaspirazione della massa mammaria non viene utilizzato di routine. Fino a pochi anni fa, infatti, si riteneva, in base anche a quanto presente in letteratura, che tale indagine non permettesse di differenziare tra tessuto mammario “attivo” e neoplasie a basso grado di malignità e fosse pertanto utile solo in caso di tumori molto aggressivi, o per differenziare i TM da mastopatia infiammatoria o altri tumori (es. mastocitoma). Un lavoro pubblicato nel 200942, però, ha dimostrato su 50 cani che, se eseguito in modo corretto e prelevando campioni multipli dalla stessa lesione, l’esame citologico ha un’accuratezza, sensibilità e specificità adeguate per la diagnosi dei tumori mammari maligni (Fig. 6).

Per la valutazione dei linfonodi regionali se aumentati di volume o palpabili, invece, non vi sono dubbi sull’utilità, soprattutto per quelli ascellari. Mentre i linfonodi inguinali vengono sempre asportati durante la chirurgia in quanto strettamente connessi con l’ultima ghiandola mammaria (quindi sottoposti a esame istologico), quelli ascellari richiedono un accesso a parte e conoscere a priori il loro stato è importante ai fini della pianificazione chirurgica. Inoltre, recenti studi hanno evidenziato che, mentre nella mammella sana i linfonodi drenanti sono l’ascellare per le due mammelle craniali, l’inguinale superficiale per le due caudali e per la terza mammella nella maggior parte dei casi (Fig. 7), nelle ghiandole neoplastiche i linfonodi da valutare sono anche quelli sternali per le prime 4 ghiandole, gli iliaci mediali per la terza, quarta e quinta e gli inguinali e poplitei per la quinta46.

Questo deve anche essere tenuto in considerazione nella pianificazione della chirurgia. Uno studio recente11 ha inoltre proposto un metodo alternativo ai coloranti sintetici per l’individuazione del/i linfonodo/i sentinella: al loro posto è possibile inoculare in una vena periferica regionale (cefalica o safena) emosiderina ottenuta per emolisi del sangue dell’animale, quindi senza pericolo di anafilassi, e ricercare poi tracce brunastre della sostanza nei linfonodi regionali. Se confermata, questa metodica potrebbe agevolare nel reperimento dei linfonodi da asportare.

La diagnosi definitiva si ha comunque solo con l’esame istologico della lesione (Figg. 8, 8a e 8b), spesso ottenuto direttamente durante la chirurgia terapeutica, dal momento che la biopsia è generalmente escissionale.

In base alla valutazione dei dati ottenuti è quindi possibile completare la stadiazione del tumore secondo il sistema TNM stabilito dalla WHO (Owen, 1980) e successivamente modificato (Tab. 3), che considera le dimensioni del tumore e il coinvolgimento dei linfonodi come fattori prognostici importanti.

Infine, attualmente è allo studio la possibilità di utilizzare anche nel cane alcuni marker molecolari per determinare precocemente la presenza di cellule tumorali nel circolo sanguigno. In particolare sono stati valutati mediante PCR marker per CK19, ERBB2, EGFR, CLDN7 e ELF3, tutte sostanze correlate nell’uomo alla presenza di cellule tumorali circolanti e indice precoce di metastasi. I buoni risultati ottenuti sul cane fanno sperare che in futuro questa tecnica possa essere applicata di routine anche in questa specie6.

T - Tumore primario
  •  T1   diametro massimo < 3 cm
  •  T2   diametro massimo 3-5 cm
  •  T3   diametro massimo > 5 cm

N - Linfonodi regionali

  •   N0  assenza di metastasi a esame citologico o istologico
  •   N1  presenza di metastasi a esame citologico o istologico

M - Metastasi lontane

  •   M0  assenza di metastasi lontane
  •   M1  presenza di metastasi lontane

Stadi clinici

  • I             T1                         N0                        M0
  • II            T2                         N0                        M0
  • III           T3                         N0                        M0
  • IV           qualsiasi T            N1                        M0
  • V            qualsiasi T            qualsiasi N           M1

Tabella 3. Sistema modificato di stadiazione dei tumori mammari del cane (Owen LN, 1980)

AnchorTERAPIA
AnchorAd eccezione del carcinoma infiammatorio, la terapia di scelta è la chirurgia, la cui estensione deve essere tale da asportare tutta la massa neoplastica con un margine di tessuto sano; chirurgie più invasive non migliorano la prognosi e aumentano costi e morbidità. Questo implica escissioni più o meno ampie a seconda del numero di mammelle coinvolte, a differenza di quanto avviene per il gatto. In particolare si parla di:

Nodulectomia: è considerata quasi esclusivamente a fini bioptici e indicata per noduli di diametro non superiore a 0,5 cm, non adesi ai piani profondi, non ulcerati, di cui si suppone l’origine benigna (Fig. 9). Se il successivo esame istologico rivela la presenza di una forma maligna, è consigliato un nuovo intervento più ampio.

Mammectomia: è l’asportazione di una singola ghiandola mammaria, eventualmente  assieme alla fascia o al muscolo sottostante se il tumore è adeso ai piani profondi. È indicata per lesioni singole localizzate al centro del parenchima mammario (Fig. 10). Data la connessione del tessuto mammario tra 4° e 5° mammella e tra 1° e 2°, spesso risulta più agevole l’asportazione di entrambe, piuttosto che quella di una singola ghiandola. Se comunque l’esame istologico conferma la completezza dell’escissione, non vi sono controindicazioni nell’esecuzione di tale intervento.

TUMORI MAMMARI 10

Mastectomia regionale: è la chirurgia più comunemente praticata nel cane (Fig. 11a, b e c). Si basa sulle connessioni linfatiche e venose tra le ghiandole mammarie, sebbene eccezioni possano verificarsi, soprattutto in caso di neoplasie molto aggressive. In generale, le ghiandole 1, 2 e 3 dovrebbero essere asportate assieme, così come la 4° e la 5° con il linfonodo inguinale. Il linfonodo ascellare è asportato solo se aumentato di volume o citologicamente metastatico.

Mastectomia totale mono- o bilaterale: l’asportazione dell’intera fila mammaria di uno o entrambi i lati si esegue solo in caso di presenza di noduli multipli su mammelle non contigue. Poiché la mastectomia bilaterale comporta una notevole tensione cutanea, si preferisce di norma eseguire l’intervento in due momenti separati, a distanza di circa un mese tra loro, iniziando dalla fila che appare clinicamente più coinvolta (Figg. 12a, b, c, d, e).

Se l’intervento deve invece essere eseguito in unica soluzione, è possibile tentare di preservare del tessuto sano tra le due file, nella porzione craniale e caudale dell’addome (Fig. 13), oppure mettere in atto tecniche di alleviamento della tensione.

La scelta del tipo di intervento da eseguire può inoltre essere influenzata dall’età del soggetto: recenti lavori hanno infatti dimostrato che il 58% dei cani trattati con mastectomia regionale sviluppa un nuovo tumore nella stessa fila mammaria47, indipendentemente dalla iniziale diagnosi benigna o maligna. Pertanto, soprattutto in soggetti giovani, la mastectomia totale potrebbe essere consigliata a scopo profilattico. Un altro lavoro condotto su 90 cani con 236 tumori ha rilevato che le forme maligne sono generalmente di dimensioni maggiori (> 3 cm), colpiscono soggetti più anziani e possono svilupparsi a partire da forme benigne trascurate. Un comportamento analogo è stato descritto nella donna. Questo sarebbe dimostrato dal fatto che molti dei tumori maligni diagnosticati contenevano nella stessa sezione istologica o in zone contigue anche aree benigne e/o di carcinoma in situ45. Anche alla luce di queste nuove informazioni è possibile che la scelta sul tipo di chirurgia da eseguire possa essere modificata.

AnchorLa chemioterapia, molto utilizzata nella donna, lo è invece poco nel cane. Il 5-fluorouracile, uno dei primi farmaci impiegati nell’uomo è risultato efficace anche nelle forme più aggressive di TM canino; lo studio condotto su 8 cani trattati con chirurgia e chemioterapia adiuvante iniziata 1 settimana dopo l’intervento e consistente nella somministrazione endovenosa combinata di 5-fluorouracile (150 mg/m2) e ciclofosfamide (100 mg/m2) una volta la settimana per 4 settimane ha significativamente migliorato la sopravvivenza dei soggetti rispetto ad un analogo gruppo sottoposto solo a chirurgia16. Un lavoro più recente, invece, condotto su 31 cani trattati con doxorubicina o docetaxel (i tassani sono molti utilizzati in medicina umana per il cancro della mammella) non ha osservato differenze statisticamente significative riguardo la sopravvivenza, il tempo libero da recidiva o metastasi rispetto a soggetti trattati con la sola chirurgia41. La scelta di utilizzare la chemioterapia si basa pertanto sul grado di malignità, la presenza di emboli neoplastici linfatici o ematici e la completezza dell’escissione chirurgica; nei soggetti ad elevato rischio di recidiva o metastasi il tentativo medico può essere giustificato, pur alla luce di risultati non eclatanti.

AnchorUn altro presidio largamente impiegato in medicina umana è la radioterapia, che invece non viene utilizzata per questo tipo di tumore nel cane44.

AnchorStessa sorte spetta alla terapia ormonale, altro caposaldo della medicina umana. Nel cane, però, si è osservato che l’ormono-dipendenza viene persa con l’aumentare della malignità del tumore, pertanto l’efficacia di tale terapia si potrebbe osservare quasi esclusivamente nelle forme benigne. Anche nella donna, infatti, l’impiego di questo farmaco si basa sulla positività per gli ER, senza la quale la terapia sarebbe inutile. Tale determinazione non è ancora disponibile nella pratica veterinaria quotidiana. Oltre che il blocco dello stimolo estrogenico mediante l’impiego degli antagonisti dei recettori (tamoxifen), lo stesso risultato si ottiene con inibitori delle aromatasi, con agonisti dell’ormone luteinizzante (LHRH) o con l’ablazione chirurgica delle ovaie. L’ovariectomia concomitante all’intervento di mastectomia potrebbe pertanto essere utile nei soggetti con tumori positivi per gli ER43, 44. Un recente articolo la consiglia anche nei soggetti sottoposti a trattamento con tamoxifen a causa della elevata incidenza di piometra conseguente all’uso di questo farmaco. Oltre a ciò il tamoxifen induce edema vulvare, scolo vulvare purulento e retinite nel 50% dei soggetti49.

La nuova frontiera per la terapia dei TM più maligni potrebbe invece venire dai vaccini, attualmente allo studio per diverse forme tumorali. Vaccini a vettori virali sembrano attivi in vitro nei confronti di modelli sperimentali di carcinoma mammario canino10, mentre un vaccino a vettore adenovirale contro la telomerase reverse transcriptase (TERT) e HER-2/neu, entrambi espressi in alcuni TM maligni del cane, hanno dato buoni risultati in vivo sull’induzione dell’immunità nei confronti di questi due antigeni associati al tumore32.

Infine, come per altre forme maligne, anche in caso di TM maligni nel cane, in casi selezionati, in seguito alla comparsa di noduli polmonari metastatici isolati è possibile eseguirne l’asportazione. Affinché ciò sia possibile, però, devono essere soddisfatte alcune condizioni:

  • il tumore primario deve essere sotto controllo dal almeno 300 giorni
  • ci siano al massimo 2 noduli polmonari visibili (preferenzialmente con la TC)
  • le metastasi abbiano un tempo di raddoppiamento di almeno 30 giorni
  • non siano evidenti altre metastasi in sedi diverse.

Come nella donna, sembra dimostrato anche per il cane che il tempo di sopravvivenza e la qualità della vita in seguito a metastasectomia siano aumentati.

AnchorPROGNOSI
Tra i fattori di rischio considerati importanti nel trattamento dei TM canini vi sono31,2,9,45,46:

  • Fattori ormonali: estrogeni e progesterone giocano un ruolo importante nell’induzione dello sviluppo dei tumori mammari (da qui l’effetto positivo della sterilizzazione precoce)
  • Fattori di crescita: EGF e TGF sono associati alla presenza di ER e PR nei tumori mammari maligni; l’eccesso di ormone della crescita (GH) indotto dai progestinici è coinvolto nello sviluppo dei TM, mentre recettori per la prolattina sono stati ritrovati nel tessuto neoplastico.
  • L’obesità in giovane età, così come una dieta ricca in grassi e carni rosse favorisce lo sviluppo dei TM.

Tra i fattori prognostici:

  • Età avanzata alla diagnosi: minor sopravvivenza e tempo libero da malattia, sebbene non tutti gli autori siano concordi
  • Crescita rapida e infiltrativa
  • Fissazione ai piani profondi
  • Grandi dimensioni (>3 cm)
  • Ulcerazione cutanea precoce
  • Stadio clinico
  • Coinvolgimento dei linfonodi: l’80% dei cani con metastasi linfonodali sviluppa recidiva entro 2 anni dalla chirurgia
  • Sarcomi: generalmente più maligni dei carcinomi (eccetto carcinoma infiammatorio)
  • Tumore misto maligno, carcinoma squamoso, carcinoma solido: prognosi peggiore
  • Negatività per gli ER: indice di minor differenziazione
  • Densità dei microcircolo nel tumore: indice di neoangiogenesi, quindi fattore negativo
  • Aneuploidia
  • Positività per Ki-67
  • Presenza di altre alterazioni genetiche (mutazioni di p53)
  • Precedente asportazione di un TM maligno: aumenta il rischio di svilupparne altri nel corso della vita.

PREVENZIONE
La sterilizzazione previene?
Come accennato in precedenza, i tumori mammari sono sotto influenza ormonale. È stato infatti dimostrato che la sterilizzazione precoce è in grado di ridurre drasticamente il rischio di comparsa di tumori anche maligni: se l’ovariectomia è eseguita prima del primo calore il rischio di sviluppare tumori mammari maligni è pari al 0,05%, dopo il primo calore sale all’8%, dopo il secondo al  26%40, dopo tale periodo l’effetto preventivo è insignificante. Ne sono la prova i Paesi anglosassoni, nei quali la maggior parte delle femmine è sterilizzata in età prepubere, e dove l’incidenza dei tumori mammari maligni è molto bassa, al confronto con gli altri Stati europei, per i quali invece questi tumori sono i più diffusi tra le femmine.

E la gravidanza?
La gravidanza, il numero di gravidanze, il numero di cuccioli partoriti e l’età alla prima gravidanza non sembrano influenzare la comparsa di TM maligni, sebbene pare che nelle nullipare il rischio sia maggiore, ma nessuno studio lo ha mai provato con certezza.

L’impiego di estrogeni e progestinici?
L’uso di progestinici o estrogeni nel cane favorisce lo sviluppo di tumori benigni, mentre l’associazione di estrogeni e progestinici ad elevato dosaggio può indurre la formazione di neoplasie maligne.

La sterilizzazione al momento dell’asportazione del TM è utile?
Su tale argomento i pareri non sono concordi. Mentre Yamagami50 e Morris25 sostengono che la sopravvivenza a 2 anni dalla mastectomia per TM maligni non sia influenzata dalla concomitante sterilizzazione, Sorenmo43 ritiene che la sterilizzazione possa essere utile se eseguita in concomitanza o in tempi molto vicini alla comparsa del tumore. In ogni caso l’eliminazione dello stimolo ormonale rende ipotrofico il parenchima mammario, pertanto, seppur non sia dimostrato l’effetto protettivo nei confronti dello sviluppo di nuove forme maligne, la riduzione di volume della mammella può rendere più agevole la diagnosi precoce di nuovi noduli. È quindi compito del veterinario consigliare caso per caso sul tipo di intervento da eseguire, dal momento che le nuove teorie affermano che i soggetti che hanno sviluppato un TM maligno hanno maggior probabilità di svilupparne altri47, soprattutto se giovani (hanno più tempo per ulteriore trasformazione maligna), pertanto in questi casi la diagnosi precoce diventa fondamentale.

AnchorCarcinoma infiammatorio (CI)
Questa entità tumorale descritta per la prima volta nel cane nel 1983 da Susaneck e colleghi48 è una forma altamente maligna che conduce a morte l’animale nel giro di poche settimane. Clinicamente l’animale presenta mammelle edematose, calde, dolenti, arrossate; spesso l’edema dovuto all’invasione dei vasi linfatici cutanei da parte di cellule tumorali (elemento importante nella diagnosi del CI), si estende agli arti, rendendo doloroso il movimento (Fig. 14a e b).

Nel cane ne sono descritte due forme, una primaria, idiopatica, a comportamento più aggressivo, molto dolente, le cui cellule neoplastiche sono negative per l’espressione di PR, con aumentata espressione di p53, infiltrazione dermica sarcoma-simile29, e una secondaria a precedente mastectomia, con un comportamento lievemente meno maligno. Entrambe le forme vanno differenziate dalla mastite, che però non ha un andamento così rapido e drastico. Nella maggior parte dei casi si tratta di carcinomi, caratterizzati da notevole embolizzazione neoplastica dei vasi linfatici e ematici (Fig. 15). Le metastasi linfonodali si possono sviluppare anche in senso retrogrado al linfonodo popliteo, oppure raggiungere i linfonodi iliaci. Clemente e colleghi4 hanno anche dimostrato che il CI ha sedi metastatiche differenti dagli altri TM maligni, in quanto più frequentemente coinvolge vescica e apparato genitale e con minor frequenza rispetto agli altri il polmone e l’osso.

Uno studio recente3 ha dimostrato che tale tumore, oltre ad essere negativo per l’espressione per ER e PR, presenta una elevata espressione del VEGF rispetto a quanto osservato in altre forme maligne della mammella; tale fattore, importante per l’angiogenesi tumorale, è responsabile anche dell’elevata capacità di metastatizzare di questo istotipo. In tale tumore, inoltre, è stata dimostrata la presenza di strutture microvascolari neoformate prive di cellule endoteliali23, riscontrate anche nell’analoga forma dell’uomo. Questa rilievi concorrono a dimostrare l’elevata capacità invasiva del tumore4.

Da un punto di vista clinico, una volta definita la diagnosi (che si basa prevalentemente sul decorso della malattia, la visita clinica e l’esame citologico), la terapia è quasi del tutto inefficace. Nonostante il nome, infatti, l’esame citologico nel cane non evidenzia un infiltrato infiammatorio bensì cellule tumorali molto maligne. La chirurgia è sconsigliata nella maggior parte dei casi, sebbene possa essere associata alla terapia medica in casi selezionati21, mentre si può tentare una palliazione sfruttando la positività di molti CI per i recettori dei COX-2. L’impiego del piroxicam ha permesso in uno studio di ottenere una sopravvivenza mediana di 185 giorni, rispetto ai 30 giorni di cani trattati con doxorubicina associata o meno ciclofosfamide5. Nemmeno altri farmaci quali carboplatino, cisplatino, capecitabina hanno fornito risultati incoraggianti21.


AnchorBibliografia

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