Virus della leucemia virale felina (FeLV)
- Disciplina: Malattie infettive
- Specie: Gatto
Il Virus della Leucemia Felina (FeLV) appartiene alla famiglia Retroviridae genere Alpharetrovirus ed è causa di una delle malattie infettive più importanti del gatto. FeLV è considerato una delle principali cause di morte nel gatto domestico, in particolare laddove esistano condizioni di convivenza di più soggetti data la sua scarsa sopravvivenza nell’ambiente esterno. Il genoma di FeLV contiene tre geni: l'envelope (env), codificante per una glicoproteina di superficie (gp70) ed una di transmembrana (p15E); il gene della polimerasi (pol), codificante per la trascriptasi inversa, proteasi ed integrasi; ed il gene per il gruppo antigenico specifico (gag), che codifica per le proteine del nucleo virale, compresa la proteina p27. Il virus esiste in 4 sottotipi: A, B, C e T, che vengono differenziati in base al tipo di cellule ospite; ma solo il sottogruppo A è trasmissibile tra gatti. Gli altri sottogruppi si sviluppano come risultato della ricombinazione con una sequenza felina di DNA endogena.
TRASMISSIONE DEL VIRUS
Il virus della leucemia felina è molto labile e viene distrutto in pochi minuti dagli agenti atmosferici; di conseguenza la via di contagio più comune è rappresentata dal contatto con i liquidi organici infetti, soprattutto la saliva, ma anche secrezioni nasali, urine, feci e latte materno. La trasmissione avviene quindi attraverso i contatti sociali od il grooming, ma può avvenire anche attraverso le ferite da morso, ed è maggiore negli ambienti ad alta densità. In caso di femmine viremiche gravide, solitamente si ha morte embrionale o neonatale, mentre in quelle con infezione latente il virus non è solitamente trasmesso ai feti; solo raramente qualche gattino può comunque risultare positivo. In questi casi la trasmissione può avvenire perché il virus latente può vivere in una singola ghiandola mammaria e riattivarsi. L'infezione è più comunemente diagnosticata in gatti tra 1 e 6 anni di età. I gattini, sotto i 5 mesi di età, sono particolarmente vulnerabili a diventare persistentemente infetti. I gatti adulti sono invece più resistenti all'infezione.
PATOGENESI
Dopo il contagio oronasale, il virus si replica inizialmente a livello delle tonsille e dei tessuti linfoidi locali, poi si distribuisce ai linfociti ed al sistema linfoide fino ad essere portato al midollo osseo, all’epitelio della mucosa intestinale e respiratoria ed alle ghiandole salivari (fase viremica). Questo processo dura 2-4 settimane. Se il virus si localizza a livello di midollo osseo è possibile l’instaurarsi di un’infezione latente. Talvolta la viremia può svilupparsi alcuni mesi dopo una esposizione costante al virus. Il meccanismo che controlla lo sviluppo ed il mantenimento di una viremia è legato al funzionamento più o meno corretto del sistema immunitario. Fattori virali che influenzano lo sviluppo della viremia sono: la dose, la virulenza del ceppo virale, l'età e la via di infezione.
Dopo che è avvenuta l'infezione, si possono sviluppare quattro risultati:
- Il gatto può sviluppare una viremia persistente; questo si verifica in circa il 33% dei gatti esposti al virus, e la maggior parte di questi soggetti manifesteranno i segni clinici delle patologie correlate all’infezione che ne determineranno la morte entro 3-5 anni.
- Nel restante 66% dei soggetti, dopo una viremia iniziale transitoria, il soggetto resiste all’evoluzione della fase viremica in persistente, probabilmente per la rapida ed efficace risposta immunitaria umorale che consente di neutralizzare il virus. Nei gatti transitoriamente infetti di solito l’infezione si risolve in 4-6 settimane dopo la penetrazione del virus (estinzione dell’infezione)
- circa il 33% circa dei gatti con viremia transitoria non è in grado di eliminare tutte le cellule infette entro le 4-6 settimane e sviluppa un’infezione latente. In questo caso il virus rimane “nascosto” a livello midollare e può essere “riespresso” (sviluppo di una nuova fase viremica) in seguito a determinati stimoli o trattamenti corticosteroidi. Nei gatti con infezione latente l’infezione si estingue generalmente nell’arco di 3 anni. I soggetti con viremia transitoria non sviluppano le patologie FeLV-correlate ed il virus non può essere evidenziato nel sangue.
- alcuni gatti (5%) possono sviluppare una forma focale (localizzata) dell'infezione.
In questa situazione il virus è sequestrato in alcuni tessuti come il tratto gastrointestinale, milza e midollo osseo, dove però può continuare a replicarsi. Una infezione localizzata al tessuto mammario può trasmettere l'infezione ai gattini durante l'allattamento.
EPIDEMIOLOGIA
L'infezione da FeLV ha una distribuzione mondiale. La sua prevalenza è influenzata dalla densità della popolazione feline, e variazioni ambientali e geografiche incidono enormemente. In alcune aree Europee, del Canada e degli USA, la prevalenza può variare molto da gatti che vivono da soli in ambiente domestico (circa 1-2%) a gatti che vivono liberi od in comunità feline (13-20%) come riportato più in dettaglio nella tabella 1. Negli ultimi 25 anni l'importanza della FeLV si è gradualmente ridotta, grazie all'utilizzo di programmi di vaccinazione ed all'uso più esteso dei test.
SEGNI CLINICI
I segni clinici più comuni delle viremia persistente di FeLV sono immunosoppressione, anemia e linfoma. Manifestazioni meno comuni sono malattie immuno-mediate, enterite cronica, disordini riproduttivi e neuropatie periferiche. La maggior parte dei gatti persistentemente viremici muore entro 2-3 anni. I diversi quadri clinici osservabili in seguito all'infezione da FeLV sono legati a fattori diversi, quali il ceppo virale, la dose e la durata dell’esposizione, lo status immunitario e l’età del soggetto al momento dell’infezione: è dimostrato, infatti, come la sensibilità all’infezione sia inversamente proporzionale all’età dell’animale5. L’esatto meccanismo di sviluppo delle diverse manifestazioni cliniche in gatti con viremia persistente è tuttavia ancora poco noto. È chiaro che il decorso clinico è determinato da una combinazione di fattori virali e legati all’ospite; un’altra variabile può essere identificata nelle proprietà immunosoppressive del virus stesso e dalla presenza di diversi sottogruppi, che possono determinare le differenze nel quadro clinico (FeLV-B è principalmente associato a tumori, mentre FeLV-C è principalmente associato alla comparsa di anemie non rigenerative). Le manifestazioni riconducibili all’infezione da FeLV compaiono solitamente nell’arco di tre anni dall’inizio dell’infezione e sono estremamente variabili e spesso difficili da definire, ma mortali in circa il 70% dei soggetti. Esse comprendono primariamente disordini legati all'immunosoppressione, anemia, forme linfoidi maligne, ma anche dermatiti e malattie immunomediate.
Linfoma e FeLV
I gatti FeLV-positivi hanno un rischio di sviluppare linfomi circa 60 volte maggiore dei gatti FeLV-negativi. Questo tumore pare possa svilupparsi in circa il 25% dei gatti infetti, solitamente giovani, di circa 2-4 anni; le forme più frequentemente diagnosticate sono quelle mediastiniche (timiche, più frequenti, o linfonodali) (Figg. 1 e 2) e multicentriche. Sebbene meno comunemente anche le forme renali, spinali e atipiche (cutanee, oculari) possono essere osservate in animali positivi per FeLV. La forma linfomatosa meno frequentemente associata a FeLV è quella a carico dell’apparato gastroenterico. In base a questi dati è ovvio che qualunque gatto che sviluppi un linfoma DEVE essere sottoposto a test per FeLV; ciò può essere utile anche per definire gli aspetti prognostici della patologia.
L’Immunosoppressione che si sviluppa nei gatti FeLV è più complessa e grave di quella causata dal FIV (Feline Immunodeficiency Virus). In letteratura vengono segnalati atrofia timica, linfopenia, neutropenia (maggiore durante la fase acuta dell’infezione), parziale riduzione dei linfociti CD4+ e, più grave, perdita dei linfociti CD8+.
Sia che il gatto manifesti o meno segni clinici correlati all’infezione, tutti i gatti FeLV-viremici sono immunosoppressi. Ciò può favorire l’infezione da parte di altri agenti a cui normalmente il gatto dovrebbe essere resistente, come Salmonella spp. Inoltre alcune altre malattie infettive possono risultare esacerbate: poxvirus, Mycoplasma haemofelis, Cryptococcosi, Toxoplasma gondii (quest’ultima è solitamente rara in soggetti con un sistema immunitario funzionante).
Anemia
L’anemia è uno dei segni clinici più importanti (Fig. 3) ed evidenti ed è causata dall'infezione virale primaria (spesso da ceppi del sottotipo FeLV-C) delle cellule emopoietiche totipotenti (stem cells) e delle cellule stromali che costituiscono l’ambiente di supporto per le cellule emopoietiche.
La forma di anemia più comune è gravemente non-rigenerativa, spesso associata ad una deplezione marcata e arresto di maturazione dei precursori eritroidi a livello del midollo osseo. Un’anemia rigenerativa emolitica in gatti FeLV positivi è invece più rara e solitamente si verifica in presenza di una coinfezione da Mycoplasma haemofelis o M. haemominutum. Occorre ricordare inoltre che circa 1/3 dei gatti con anemia emolitica immunomediata (IMHA) sono FeLV positivi. Nei soggetti anemici possono essere presenti anche altre citopenie, in particolare trombocitopenia e neutropenia, probabilmente causate da meccanismi immuno-mediati FeLV-indotti e mielosoppressione.
Vere e proprie Aplasie midollari non sono realmente frequenti nei gatti FeLV, tuttavia alcuni articoli evidenziano il fatto che quando si presentano in soggetti giovani quasi sempre il paziente è anche FeLV-positivo.
Altre patologie
Molte malattie immuno-mediate possono essere la conseguenza di una infezione da FeLV tra cui, come abbiamo già detto, l’anemia emolitica, ma anche glomerulonefriti (rare) e poliartriti. Una linfoadenopatia periferica benigna può essere spesso diagnosticata in gatti FeLV-infetti e spesso compare durante le prime fasi della viremia. Talvolta può essere così marcata da essere confusa con un linfoma multicentrico. Una particolare forma di enterite cronica con degenerazione delle cellule epiteliali intestinali e necrosi criptica è stata diagnosticata in associazione alla infezione, così come malattie infiammatorie e degenerative del fegato. Tra le manifestazioni a carico del sistema riproduttivo (rare) sono riportati casi di riassorbimento fetale, morte neonatale e la ‘fading kitten syndrome’. Le manifestazione neurologiche, oltre che relative allo sviluppo di un linfoma nel SNC, consistono principalmente nella comparsa di una neuropatia periferica, che si può manifestare con anisocoria, midriasi, sindrome di Horner, incontinenza urinaria (per lo più notturna), vocalizzazioni anomale, iperaestesia, paresi e paralisi.
ALTERAZIONI DI LABORATORIO
La più importante alterazione di laboratorio è sicuramente l’anemia, associata o meno ad altre citopenie. L’unica alterazione biochimica che può essere direttamente correlata alla positività a questo virus è l’iperproteinemia con gammopatia policlonale, che non è comunque specifica della FeLV.
TEST DIAGNOSTICI
È importante conoscere sempre lo stato retrovirale di un soggetto poichè le conseguenze dell’infezione sono sempre, o quasi, fatali. Una diagnosi accurata è quindi importante sia per i soggetti infetti che per quelli non infetti. Sono state quindi redatte delle linee guida da utilizzare per comprendere i criteri con cui si deve testare un soggetto apparentemente sano od uno ammalato.
Per diagnosticare le infezioni da FeLV esistono fondamentalmente 2 tipi di test: quelli che rilevano la viremia cellulo-associata (immunofluorescenza) e quelli che rilevano la viremia siero-associata (ELISA p27, immunocromatografia). L’esecuzione dell’immunofluorescenza (IFA) è limitata a laboratori specializzati, mentre l’ELISA è comunemente effettuata nella maggior parte dei laboratori ed a livello ambulatoriale. Il metodo ELISA è circa 100 volte più sensibile dell’IFA e solo raramente dà origine a falsi negativi; consente inoltre una maggiore precocità della diagnosi. Quando si usano questi test ad uso ambulatoriale è molto importante evitare errori tecnici, seguendo con molta attenzione le istruzioni del fabbricante; la maggior parte richiedono sangue intero o siero. La specificità e la sensibilità di questi test si avvicina spesso al 95% anche se vi sono alcune differenze evidenziate da alcune pubblicazioni (Hartmann et al., 2007; Pinches et al., 2007a EBM grade I) (Tabella 2).
Tabella 2.Valutazione dei test per i retrovirus felini
Discrepanze tra i test. Discrepanze tra ELISA ed IFI possono verificarsi anche in altri casi ma il motivo di tali incongruenze risiede principalmente nel diverso target dei due test, entrambi in grado di evidenziare la presenza del virus nel sangue, ma rispettivamente libero nel siero e all'interno di leucociti/piastrine: un risultato ELISA-positivo indica, quindi, sia una viremia persistente che transitoria, mentre un risultato positivo ottenuto mediante la metodica IFI (in grado di evidenziare l'antigene cellulo-associato) è sinonimo di viremia persistente di origine ematica e midollare.
Nelle infezioni latenti e nelle cosiddette "infezioni atipiche", lo scarso livello di antigenemia, spesso intermittente, e l'eliminazione occasionale del virus sono rilevate esclusivamente dall’ELISA. Molto spesso tale test fornisce risultati diversi per lo stesso soggetto: una negativizzazione dei risultati a distanza di un mese dall'esecuzione del primo test significa che l'animale è riuscito a far fronte alla diffusione del virus. E' stato accertato che tra i risultati positivi forniti dal test immunoenzimatico si possono nascondere dei falsi-positivi, dovuti alla presenza di anticorpi anti-immunoglobuline di topo riscontrati però in un numero molto esiguo di sieri di gatti26, che interferiscono con la corretta lettura del test legandosi in maniera aspecifica agli anticorpi monoclonali murini usati nei kit in commercio.
E' importante sottolineare che il valore predittivo positivo del test (probabilità che un risultato positivo indichi un soggetto realmente infetto) è inferiore rispetto al valore predittivo negativo (probabilità che un risultato negativo indichi un soggetto non infetto) e quindi per ogni soggetto si impone un'attenta valutazione dei risultati ottenuti mediante i test sierologici, tenendo conto delle reali limitazioni che li caratterizzano Un problema particolare si pone al momento di effettuare una diagnosi in soggetti molto giovani.
Tecniche diagnostiche biomolecolari
Uno dei limiti delle metodiche ELISA e IFI è rappresentato dalla loro scarsa sensibilità nel rilevare bassi livelli di antigene circolante e di FeLV latente. In questi casi, si può ricorrere alla Polymerase Chain Reaction (PCR), usata con successo nella diagnosi delle infezioni sostenute da altri retrovirus quali il virus dell'immunodeficienza umana (HIV) e il virus dell'immunodeficienza felina (FIV).
Tale metodica si dimostra in grado di rilevare sia il DNA provirale di FeLV che l’RNA virale, a partire sia da sangue che da tessuti. In uno studio condotto da Miyazawa e Jarrett27 la positività ottenuta mediante l'isolamento virale e il test IFI è stata confermata dalla tecnica di PCR, conrisultati positivi anche per i cosiddetti gatti "discordanti", antigenici ma non viremici, positivi alla ricerca della proteina p27 mediante ELISA, ma negativi alle prove di isolamento virale e IFI, suggerendo un possibile utilizzo della PCR nella valutazione di casi “discordanti”.
La metodica di PCR è stata utilizzata con successo anche per evidenziare il genoma virale a partire da tessuti orali e oculari e dai tumori FeLV-indotti30, 31. Tale tecnica risulta molto importante per quella minoranza di soggetti, solitamente in età adulta, non viremici ma che sviluppano forme tumorali in seguito all'infezione da FeLV con successiva eliminazione del virus o sequestro in alcuni distretti dell'organismo.
Uso delle tecniche di PCR nella diagnosi di FeLV
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APPROCCIO TERAPEUTICO
Vi sono ad oggi relativamente pochi protocolli terapeutici efficaci rivolti direttamente all’eliminazione dell’infezione da FeLV. È essenziale ricordare che le malattie presenti in gatti FeLV positivi sono spesso secondarie dovute alla immunosoppressione e non ad un effetto diretto dell’infezione virale. Il corretto approccio alle malattie causate da un retrovirus deve quindi essere rivolto al un mantenimento di uno stato sanitario ottimale in modo da evitare la possibilità che il paziente contragga altre patologie che possono aggravare la condizione di base. Se il gatto è ammalato è importante una diagnosi accurata del problema presente, infatti la pronta ed accurata identificazione di malattie secondarie è essenziale per mettere in atto l’intervento terapeutico più adeguato.
Se il soggetto FeLV positivo vive in una comunità o in un gruppo di gatti la prima regola è di separare questo soggetto da quelli non infetti. Il gatto va inoltre confinato in un ambiente chiuso per evitare che possa diffondere la malattia; ogni gatto sia esso maschio che femmina deve essere sterilizzato al fine di evitare il rischio di trasmissione. Un vantaggio dell’isolamento è quello di evitare al soggetto la possibilità di infettarsi con altri patogeni che possono peggiorare il quadro clinico. È bene ricordare che per pazienti FeLV-positivi, una buona nutrizione e condizioni igieniche ottimali sono essenziali per mantenere buone condizioni di salute. Dovrebbe quindi essere attuato sempre un programma di controllo periodico per prevenire la trasmissione di parassiti gastrointestinali, polmonari ed ectoparassiti ed evitato il contatto con alimenti che potenzialmente possono trasmettere infezioni batteriche o parassitarie (Toxoplasma) in quanto il rischio di malattia in pazienti immunocompromessi è molto elevato. Durante la visita di controllo un’attenzione particolare deve essere rivolta all’apparato respiratorio, ai linfonodi ed al cavo orale per poter evidenziare precocemente alterazioni linfatiche (linfoadenopatie persistenti, sviluppo di linfomi) o lo sviluppo di fauciti/stomatiti. Anche il peso deve essere valutato con attenzione, poiché la perdita di peso è uno dei primi segni clinici di deterioramento delle condizioni del gatto. Un gatto positivo deve quindi inoltre valutato regolarmente effettuando periodicamente un emocromocitometrico completo, un profilo biochimico ed esame delle urine. L’esame ematologico completo dovrebbe essere effettuato almeno ogni 6 mesi per l’alta prevalenza di disordini ematologici virus-correlati nei gatti FeLV infetti.
Vi sono ad oggi relativamente pochi protocolli terapeutici efficaci rivolti direttamente all’eliminazione dell’infezione da FeLV. È essenziale ricordare che le malattie presenti in gatti FeLV positivi sono spesso secondarie dovute all'immunosoppressione e non ad un effetto diretto dell’infezione virale. |
Ricordiamo ancora che molti gatti infetti da FeLV, come da FIV, rispondono altrettanto bene della loro controparte sana a terapie specifiche, sebbene talvolta si rendano necessari approcci più aggressivi o protratti.
Trattamenti specifici
Nella terpia della FeLV sono stati impiegati diversi farmaci e protocolli. L’uso degli "Immunomodulatori" è stata spesso proposta per ripristinare il sistema immunitario dei soggetti FeLV-infetti, e per aiutare il paziente a mantenere sotto controllo la viremia e ridurre l’incidenza di malattie correlate. I farmaci antiretrovirali dovrebbero invece trovare un ruolo nel contenimento dell’infezione. Tra gli immunomodulatori annoveriamo l'Acemannan, il Propionibacterium acnes (ImmunoRegulin), l'Interferone alfa umano (HIFN-alfa) a basse dosi, lo Staphylococcus A (SPA) ed il PIND-ORF (Baypamune). Sull’efficacia di queste terapie vi sono molti dubbi legati principalmente alla mancanza di pubblicazioni controllate con placebo. L'efficacia degli agenti antivirali è ancora oggetto di studio; vi sono molti lavori che suggeriscono una efficacia di alcuni di questi farmaci, ma altri evidenziano ancora molti dubbi. In effetti ci sono solo pochi studi controllati che dimostrano alcuni effetti positivi. I farmaci utilizzabili sono: AZT/Zidovudine (Retrovir) (5-15 mg/kg SC BID); alte dosi di interferone alfa umano (10,000-1,000,000 U/kg SC qdie) ed alte dosi di interferone ricombinante felino (fIFN) omega (Virbagen Omega, Virbac) (1 milione U/kg SC al giorno per 5 giorni nei giorni 0, 14, e 60).
PREVENZIONE
La ABCD (European Advisory Board on Cat Diseases) considera la vaccinazione per FeLV come “non-core”, cioè “non essenziale”. In molte circostanze tuttavia il vaccino per FeLV deve essere considerato parte essenziale di un buon programma di prevenzione verso le malattie infettive del gatto. Il piano di profilassi vaccinale deve però essere predisposto per il singolo paziente, sulla base del reale rischio di esposizione all’infezione, che varia con l'età, lo stato di salute, il grado di esposizione ambientale e la prevalenza geografica della patologia.
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