Avvelenamento da permetrina in un gatto: aspetti clinici e terapia
- Disciplina: Medicina d'urgenza
- Specie: Cane e Gatto
Avvelenamento da permetrina in un gatto: aspetti clinici e terapia (Enrico Bruno, Med Vet, Bologna)
La permetrina è una molecola spesso utilizzata nei prodotti ectoparassiticidi spot-on destinati agli animali da compagnia ed è spesso causa di intossicazioni nel gatto. Un gatto di 2,5 anni con anamnesi di applicazione 5 ore prima di un prodotto spot-on contenente permetrina è stato presentato per insorgenza acuta di tremori generalizzati e ipersalivazione. Durante la visita clinica il paziente manifestava una crisi convulsiva. La diagnosi di intossicazione da permetrina è stata posta primariamente su base anamnestica e clinica. Dopo la stabilizzazione iniziale è stato effettuato un bagno decontaminante, sono stati utilizzati farmaci anticonvulsivanti per i sintomi neurologici; è stata poi necessaria un’infusione continua di propofol. Sono stati eseguiti esami ematobiochimici ed emogasanalisi per monitorare lo stato del paziente. La sintomatologia si è risolta e l’animale è stato dimesso dopo 2 giorni di ricovero.
INTRODUZIONE
La permetrina è un insetticida appartenente alla classe I dei piretroidi. Deriva dal piretro, costituito dalle piretrine, ed estratto dai fiori di crisantemo (Linnett, 2008). Ha bassa tossicità nella maggior parte dei mammiferi ed è utilizzata comunemente come antiparassitario esterno nel cane. Le piretrine e i piretroidi sono composti liposolubili che vengono rapidamente metabolizzati ed escreti dopo somministrazione orale o trans dermica. Dopo l’assorbimento la permetrina è metabolizzata a livello epatico attraverso un processo di idrossilazione e coniugazione in glucoronidi e solfati che vengono comunemente eliminati attraverso le urine. Il gatto è più sensibile alla permetrina probabilmente a causa del deficit di glucoronosil-transferasi epatica che prolunga il tempo di detossificazione. I piretroidi tipo I si legano ai canali del sodio della membrana assonale dei nervi e, rallentando la loro chiusura, determinano, dopo il potenziale di azione primario, un prolungamento della conduzione nervosa (Whittem, 1995; Peacock and others, 2015).
La permetrina agisce principalmente sul sistema nervoso centrale provocando tremori, fascicolazioni muscolari, spasmi, fino alla comparsa, nei casi più gravi, di crisi convulsive e morte (Ceccherini and others, 2015). Nella maggior parte dei casi il contatto del gatto con la permetrina deriva dall’erronea applicazione da parte del proprietario di antiparassitari spot-on formulati per il cane (Boland and Angles, 2010; Sutton and others, 2007). Il trattamento prevede decontaminazione, controllo della sintomatologia neurologica e terapie di supporto (Boland and Angles, 2010).
SEGNALAMENTO ED ANAMNESI
Un gatto europeo maschio castrato di 2,5 anni, peso 5,8 kg, veniva visitato in pronto soccorso per tremori generalizzati a seguito dell’applicazione topica da parte del proprietario, 5 ore prima della presentazione, di 1 ml di antiparassitario spot-on contenente 715 mg/ml di permetrina.
ANDAMENTO CLINICO
Alla visita il gatto presentava: decubito laterale, stato mentale depresso, ipereccitabilità agli stimoli esterni, tremori generalizzati, scialorrea, mucose rosee, tempo di riempimento capillare nella norma, temperatura rettale 38,6 °C, polso femorale e metatarsale valido e concordante bilateralmente, frequenza cardiaca 160 battiti per minuto, tachipnea (60 atti/minuto), auscultazione cardiopolmonare nella norma, addome trattabile. Durante la visita veniva riscontrato l’aumento di intensità dei tremori muscolari seguito da crisi convulsiva generalizzata, trattata mediante diazepam, 1 mg/kg in bolo endorettale; permanendo la sintomatologia veniva inserito un catetere endovenoso nella vena cefalica destra e ripetuta la somministrazione di diazepam 1 mg/kg EV in bolo; non riscontrando miglioramento si somministrava propofol, 2 mg/kg EV in bolo con riduzione dei tremori muscolari. Veniva eseguita decontaminazione cutanea mediante lavaggio con acqua tiepida e detergente a pH neutro.
L’emogasanalisi venosa evidenziava emoconcentrazione ed acidosi metabolica (Hct 49% (30-45); Hb 16,8 g/dl (8-13); pH 7,14 (7,25-7,4); HCO3- 15,2 mmol/L (19-23); AnGap 30,9 mmol/L (12-16)). Veniva impostata fleboperfusione con ringer lattato 4 ml/kg/h e ossigenoterapia mediante flow-by 2 L/min. Sulla base dei rilievi anamnestici, clinici e delle analisi eseguite veniva emesso un sospetto clinico di avvelenamento da permetrina associato a squilibrio acido base.
Il paziente veniva ospedalizzato nel reparto di Terapia Intensiva, per il controllo della sintomatologia neurologica veniva indotta anestesia generale mediante bolo di propofol 4 mg/kg EV seguito da infusione continua 0,1 mg/kg/minuto; si procedeva a intubazione orotracheale mantenendo il paziente in ventilazione spontanea. Veniva predisposto il monitoraggio continuo di: elettrocardiogramma (ECG), pressione arteriosa non invasiva, temperatura, pulsossimetria ed End Tidal CO2 (ETCO2). Veniva proseguita l’ossigenoterapia mediante flow-by 2 L/min e la fleboperfusione con ringer lattato 4 ml/kg/h. Rilevando una temperatura rettale di 36,8°C si riscaldava mediante lampada infrarossi. Ottenuto il controllo dei tremori muscolari, dopo 30 minuti l’infusione continua di propofol veniva ridotta a 0,05 mg/kg/min., il paziente non manifestava più tachipnea, la frequenza respiratoria era di 12 atti/minuto. Trascorsa un’ora dall’inizio della narcosi, peggiorata l’ipotermia (34,7°C), il riscaldamento veniva aumentato con un tappeto riscaldante.
L’esame ematobiochimico evidenziava lieve aumento degli enzimi muscolari (CK 344 U/L (73-320); LDH 268 U/L (63-193); AST 69 U/L (12-46)), leucocitosi lieve con formula leucocitaria nella norma (leucociti totali 21,2 103/µL (5,5-19,5)). Veniva impostata terapia antibiotica ad ampio spettro con amoxicillina e acido clavulanico, 20mg/kg EV BID. Dopo quattro ore di narcosi l’ETCO2 era 58 mm/Hg (20-40), l’emogasanalisi arteriosa rilevava severa acidosi respiratoria (pH 7,11 (7,25-7,4); pCO2 73,2 mm/Hg (33-45); HCO3- 23,2 mmol/L (19-23)), si risvegliava il paziente sospendendo l’infusione di propofol; dopo 15 minuti il gatto veniva estubato.
Nelle ore successive il paziente non presentava tremori o episodi convulsivi ma singoli episodi disforici caratterizzati da vocalizzi e moderata ipereccitabilità, trattati mediante midazolam, 0,5 mg/kg EV in bolo, con remissione della sintomatologia. Dopo quattro ore dalla sospensione della narcosi l’emogasanalisi arteriosa evidenziava lieve acidosi respiratoria (pH 7,28 (7,25-7,4); pCO2 47,1 mm/Hg (33-45); HCO3- 21,6 mmol/L (19-23)) e lieve ipokaliemia (K+ 3,4 mmol/L (3,5-5,5)), la fleboperfusione veniva modificata: ringer lattato + integrazione di 20 meq/L K+Cl- 4 ml/kg/h.
Trascorse 10 ore l’emogasanalisi mostrava equilibrio acido base nella norma (pH 7,36 (7,25-7,4); HCO3- 18,1 mmol/L (19-23); pCO2 32,8 mm/Hg (33-51)) ma lieve peggioramento dell’ipokaliemia (K+ 3,23 mmol/L (3,5-5,5)), l’integrazione di potassio veniva portata a 28 meq/L K+Cl-, mantenendo il rate d’infusione invariato. Durante il ricovero in Terapia Intensiva l’ECG, il polso femorale e metatarsale, la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa non invasiva, il tempo di riempimento capillare, la frequenza respiratoria e l’auscultazione cardiopolmonare erano nella norma. A distanza di 27 ore dall’ingresso, i parametri vitali erano nella norma, il paziente era in grado di mantenere la stazione quadrupedale; considerato il miglioramento delle condizioni cliniche, veniva trasferito nel reparto di degenza a minore intensità. Nel pomeriggio dello stesso giorno si alimentava spontaneamente, la sera veniva dimesso con terapia antibiotica amoxicillina e acido clavulanico, 20 mg/kg PO per una settimana. Trascorsa una settimana, alla visita di controllo, non si rilevavano segni clinici residuali, gli esami ematici di controllo non mostravano alterazioni.
DISCUSSIONE
L’intossicazione da permetrina è la più comune causa di intossicazione nel gatto riportata in Italia (Ceccherini and others, 2015), l’ Animal Poisons Control Center (APCC) dell’American Society for Prevention of Cruelty to Animals (ASPCA) include questa nelle dieci più comuni cause di intossicazione nel gatto tra il 2002 e il 2005 (Boland and Angles, 2010), nel Regno Unito è la principale causa di morte per intossicazione nel gatto riportata al Veterinary Poisons Information Service (VPIS) (Sutton and others, 2007).Esistono poche informazioni sulla dose tossica minima nel gatto, in uno studio di Hansen del 2006, l’applicazione cutanea di una dose di 100 mg/kg è stata collegata a grave sintomatologia clinica. Non sono riportate in letteratura correlazioni fra la quantità di permetrina applicata e la severità dei segni clinici; anche piccole quantità di spot-on possono causare grave tossicità (Boland and Angles, 2010). Nella maggior parte dei casi il contatto del gatto con la permetrina deriva dall’erronea applicazione da parte del proprietario di antiparassitari spot-on formulati per il cane (Sutton and others, 2007; Boland and Angles, 2010). Anche nel nostro caso il proprietario applicava sul gatto un antiparassitario spot-on destinato al cane, la dose di permetrina era circa 125 mg/kg.
La comparsa dei segni clinici avviene da poche ore dopo l’esposizione al tossico fino a 72 ore (Boland and Angles, 2010). Nel caso in oggetto il paziente veniva visitato 5 ore dopo l’applicazione dello spot-on, i segni clinici erano stati rilevati dal proprietario dopo circa 4 ore. In una review di Sutton del 2007 su 286 casi, il 96,9% dei gatti sviluppava segni clinici dopo l’applicazione spot-on, i più frequenti erano: convulsioni 43,7 % spasmi muscolari 35,3%, tremori 33,6%, ipersalivazione 22,7%, atassia 22%, iperestesia 12,2%; i meno frequenti includevano: ipotermia, allucinazioni, dispnea. Altri autori descrivono gli stessi segni clinici (Dymond and Swift, 2008; Linnett, 2008; Boland and Angles, 2010). Nel nostro caso sono stati riscontrati: crisi convulsive, tremori, ipereccitabilità.
La diagnosi di intossicazione da permetrina si basa sull’anamnesi di recente applicazione di prodotti a base di questa molecola e il successivo sviluppo dei tipici segni clinici (Linnett, 2008; Boland and Angles, 2010). Non sono attualmente disponibili test diagnostici per confermare l’intossicazione da permetrina (Ceccherini and others, 2015).
Il trattamento consiste in decontaminazione, controllo della sintomatologia neurologica e terapie di supporto. Nei casi di applicazione spot-on, la decontaminazione prevede un bagno con acqua tiepida, è da evitare l’utilizzo di acqua calda in quanto la conseguente vasodilatazione cutanea promuoverebbe un maggior assorbimento del tossico (Boland and Angles, 2010). E’ necessario l’utilizzo di sapone essendo la permetrina una molecola lipofila (Whittem, 1995; Sutton and others, 2007). Nel caso descritto si riscontrava ipotermia dopo il bagno e il trattamento delle crisi convulsive. Nei rari casi di intossicazione per via orale, è indicata la decontaminazione mediante induzione dell’emesi, lavanda gastrica, somministrazione di carbone attivo (2 g/kg) e catartici (Whittem, 1995; Boland and Angles, 2010).
Non sono noti antidoti per la permetrina; la letteratura recente descrive l’utilizzo dell’infusione endovenosa di lipidi per diminuire o risolvere le manifestazioni cliniche secondarie a diverse tossine lipofile inclusa la permetrina (Fernandez and others, 2011; Haworth and Smart, 2012; Kuo and Odunayo, 2013; Peacock and others, 2015); una teoria sul meccanismo d’azione si basa sulla possibilità che il siero lipidico crei un gradiente di concentrazione richiamando il tossico dallo spazio interstiziale, diminuendone la disponibilità nei tessuti. Il dosaggio dei boli o dell’infusione continua di lipidi non è stato stabilito (Ceccherini and others, 2015). Uno studio indica un dosaggio di 1,5 ml/kg in bolo EV, seguito dall’infusione continua di 0,25 ml/kg/min per 30-60 minuti (Fernandez and others, 2011), in un altro, il dosaggio varia in base alla gravità della sintomatologia (Ceccherini and others, 2015). Nel nostro caso i lipidi non sono stati utilizzati in quanto non disponibili in struttura. Il controllo della sintomatologia neurologica deve essere aggressivo e rappresenta una priorità nella terapia.
I farmaci comunemente utilizzati sono: le benzodiazepine, i barbiturici e il propofol (Sutton and others, 2007; Dymond and Swift, 2008; Linnett, 2008; Boland and Angles, 2010). Nello studio retrospettivo di Dymond e Swift del 2008 il diazepam veniva somministrato nel 100% dei casi. E’ descritto l’uso del metocarbamolo per via orale o endorettale come miorilassante (Dymond and Swift, 2008), da noi non preso in considerazione in quanto non disponibile. Solitamente una singola somministrazione di anticonvulsivanti non è in grado di controllare efficacemente la sintomatologia rendendo necessaria l’infusione continua di uno o più farmaci, più comunemente benzodiazepine e propofol (Boland and Angles, 2010). Nel lavoro di Dymond del 2008 il 35% dei soggetti richiedeva infusione continua di diazepam e il 60% di propofol. Nello studio di Boland del 2010 su 42 casi, 14 richiedevano infusione continua di propofol. Anche nel nostro caso la somministrazione di boli ripetuti di diazepam endorettale ed endovena (1 mg/kg) e di propofol endovena (2 mg/kg) non controllava la sintomatologia richiedendo l’infusione continua di propofol. I dosaggi in letteratura per l’infusione continua di propofol variano da 0,025 mg/kg/min a 0,3 mg/kg/min, con una media di 0,12 mg/kg/min (Boland and Angles, 2010); il caso esaminato ha richiesto un’infusione iniziale di 0,1 mg/kg/min ridotta dopo 30 minuti a 0,05 mg/kg/min. La durata media della narcosi descritta è di 26,4 ore (1-72 ore) (Boland and Angles, 2010). Nel nostro caso l’infusione è stata interrotta dopo 4 ore per ipercapnia rilevata all’esame emogasanalitico. Non sono stati rilevati tremori successivi alla sospensione della narcosi, ma singoli episodi di disforia, trattati con boli EV di midazolam alla dose di 0,5 mg/kg. La durata dei tremori e delle convulsioni può persistere per oltre 30 ore (Sutton and others, 2008; Boland and Angles, 2010). Nel paziente in esame, 4 ore di narcosi sono state sufficienti al controllo dei tremori. Gli episodi di disforia ed ipereccitabilità riscontrati fino a 18 ore dopo, possono essere imputati a tossicità residua.
La fleboperfusione è finalizzata a preservare l’idratazione del soggetto, trattare gli squilibri elettrolitici, l’acidosi metabolica indotta dalla sintomatologia neurologica; è raccomandata per prevenire danni ai tubuli renali causati dall’accumulo di mioglobina derivata dall’iperattività muscolare (Linnet, 2008) e promuovere la diuresi forzata favorendo l’eliminazione dei metaboliti (Linnet, 2008; Boland and Angles, 2010; Ceccherini and others, 2015). Nel nostro caso è stato utilizzato ringer lattato 4 ml/kg/h. La fleboperfusione ha permesso anche la correzione dell’ipokaliemia.
Particolare attenzione deve essere rivolta al controllo della temperatura. L’ipertermia è spesso rilevata durante la visita, ed è frequentemente legata all’intensa attività muscolare indotta dal tossico. L’ipotermia può essere riscontrata dopo il lavaggio e peggiorata dall’utilizzo di sedativi ed anticonvulsivanti, può esacerbare la tossicità della molecola aumentandone l’azione sui canali del sodio (Dymond and Swift, 2008; Linnett, 2008; Boland and Angles 2010).
Boland nel 2010 riporta, durante la narcosi, apnea in 2 casi e ipoventilazione in 1; il nostro paziente ha manifestato ipoventilazione documentata dall’ipercapnia, tale da richiedere la sospensione della narcosi. Per il controllo della ventilazione e per prevenire polmonite ab ingestis, si è scelto di intubare il paziente. Boland (2010) riporta l’utilizzo dell’intubazione in 12 gatti durante la narcosi.
L’esame ematobiochimico rilevava: lieve leucocitosi e un rialzo degli enzimi muscolari verosimilmente legato alla sintomatologia neurologica. In letteratura non vengono riportate alterazioni specifiche all’esame ematobiochimico se non quelle legate allo stress come neutrofilia ed iperglicemia (Linnett, 2008; Boland and Angles, 2010; Ceccherini and others, 2015). Data la leucocitosi, nel caso in esame, è stata somministrata terapia antibiotica endovenosa proseguita per via orale dopo la dimissione. L’antibioticoterapia trova accordo con quanto riportato in letteratura (Boland and Angles, 2010; Ceccherini and others, 2015). La durata media di ricovero è circa 3 giorni (Dymond and Swift, 2008; Linnett, 2008; Boland and Angles, 2010; Ceccherini and others, 2015). Il nostro caso ha richiesto 2 giorni di ospedalizzazione, tempo lievemente inferiore alla media riportata in letteratura.
In conclusione possiamo affermare, in accordo con la letteratura esaminata, che il punto cardine della gestione di pazienti intossicati da permetrina è il controllo della sintomatologia neurologica e delle possibili complicazioni; il nostro caso e quelli riportati in letteratura hanno richiesto un trattamento intensivo di almeno 2 giorni. Per quanto riguarda l’esposizione al tossico, l’insorgenza di segni clinici e le loro caratteristiche, il trattamento effettuato e la sua durata, il caso in esame è in linea con quanto riportato nella letteratura analizzata.
Bibliografia
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- Whittem, T. (1995) Pyrethrin and pyrethroid insecticide intoxication in cats. Compendium of Continuing Education for the Veterinary Practitioner 17:489-492.
COMMENTO DELL'ESAMINATORE
Caso non raro ma ben illustrato e condotto dal punto di vista dell'approccio diagnostico e terapeutico. Non apporta nuove informazioni nella letteratura scientifica, ma è ben esposto e gestito, sia dal punto di vista della letteratura che nella gestione clinica del paziente.